Divieto di crocifisso

crocifissoLibero 4 novembre 2009

La corte di Strasburgo accoglie la denuncia di una madre: un segno religioso che viola il diritto di educare i figli secondo le proprie idee

di Andrea Morigi

Da ieri l’esposizione del crocifisso in un’aula scolastica è vietata perché dichiarata «contraria al diritto dei genitori di educare i figli in linea con le loro convinzioni e con il diritto dei bambini alla libertà di religione». C’era anche il giudice italiano Vladimiro Zagrebelsky a scrivere la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che provvede a fare a pezzi quasi due millenni di rapporti fra l’anima e il corpo della nazione italiana.

Quest’ultima, attraverso le sue istituzioni, ora dovrà pagare, come risarcimento, la somma di 5 mila euro alla signora di origine finlandesi ma residente ad Abano Terme, Soile Lauti, i cui figli, di undici e tredici anni, si presumono offesi dal simbolo della religione cristiana che li «turba emozionalmente» e ne viola i diritti, così come quelli «dei genitori di educare i propri figli in conformità con le proprie convinzioni e quello dei bambini a credervi o non credervi». Gesù Cristo fui venduto per trenta denari. La croce, invece, viene valutata tanto quanto l’ex governatore del Lazio pagava per le prestazioni di un transessuale.

Soddisfatta finalmente la signora, che aveva presentato ricorso avverso molte altre pronunce di tribunali italiani, compresa la Corte costituzionale, vale la pena di soffermarsi, piuttosto che sulle motivazioni ideologiche della sentenza, sugli attori della commediola di stampo anticlericale ottocentesco andata in scena il 13 ottobre a Strasburgo, ma resa nota e pubblicata soltanto nella giornata dio ieri.

Prima di tutto, il ruolo di protagonista spetta all’Unione degli atei e degli gnostici razionalisti di cui è socia la Lauti. Tra i loro presidenti onorari vantano alcune personalità come l’ex ministro comunista Laura Balbo, l’astronoma Margherita Hack, l’etologo Danilo Mainardi, il matematico Piergiorgio Odifreddi e il vignettista Sergio Staino per citare solo i più noti. Il sodalizio ha buone aderenze nel mondo èpolitico, che lo ritiene un interlocutore degno di tal nome. I suoi rappresentantio sono ordinariamente auditi durante i lavori parlamentari su progetti di legge che trattano di libertà religiosa. E’ un po’ come se chi ha la fobia dei voli aerei dovesse dire la sua sull’aeronautica civile.

Saltuariamente, però, a quel paradosso se ne somma un altro: la parte politica che sponsorizza i paladini del laicismo non sempre coincide con i nemici più acerrimi e dichiarati della Chiesa cattolica. Anzi, quella stessa cultura che l’Uaar combatte, si trova a favorire la cristianofobia. Fu un democristiano doc come Oscar Luigi Scalfaro a nominare giudice costituzionale, il 9 settembre 1995, Gustavo Zagrebelsky, autore in seguito di un saggio tanto polemico contro i credenti da portare il titolo “Contro l’etica della verità”. Ce l’ha anche con Silvio Berlusconi, ovviamente, perché lo ritiene un tale pericolo per la libertà di stampa da spingersi a promuovere l’appello dei giuristi a difesa del quotidiano la Repubblica.

Gustavo è il fratello minore del Vladimiro coestensore della sentenza anti-crocifisso. Di famiglia valdese per parte di madre, Vladimiro nell’anno 2000 era anche stato ritenuto degno dal governo italiano (guidato da Massimo D’Alema), per la sua preparazione giuridica, di far parte della commissione paritetica che doveva affrontare i problemi relativi agli onori riservati ai Cardinali e ad alcuni profiliprocessuali relativi ai ministri di culto cattolico.

Se c’è un aspetto che ai cristiani protestanti non va giù, da qualche secolo a questa parte, è proprio la gerarchia della Chiesa cattolica, insieme alla pretesa di vedervi il segno della successiona apostolica. Un altro caso di paradosso. Tanto quanto la sentenza che, in nome della tolleranza, sancisce la vittoria dell’intolleranza