L’educazione perde la sfida se cede al relativismo culturale

genitore 1e2L’Occidentale, 3 Febbraio 2008

di Stefano Fontana

La cosa potrebbe essere liquidata come una “bolla” o una “balla” , come sembra suggerire anche il nome del ministro inglese Ed Balls, se non rivelasse alcune pericolose tendenze culturali e politiche che hanno anche fare con la verità e la libertà.

E come sappiamo le due cose stanno sempre insieme. Il governo inglese si appresta a varare una norma che vieta ai maestri delle scuole elementari di adoperare le parole papà e mamma, maschio e femmina in quanto sarebbero discriminatorie e quindi lesive dei diritti degli omosessuali.

Questo dilagante zapaterismo d’accatto che mortifica le identità, ritenendole oppressive di altre identità, sciogliendole in una marmellata indifferente in “cui tutte la vacche sono nere” come diceva Hegel di Schelling, stupisce per la sua banalità: è come negare il principio di non contraddizione per rispetto di chi vuole essere illogico, come faceva lo scettico Pirrone che andava a sbattere contro gli alberi per rispetto dell’opinione di chi diceva che gli alberi non esistevano.

Banalità e superficialità però solo apparenti, perché in realtà, la proposta si fonda non sui capricci del ministro inglese ma su una cultura – e una politica – diffuse, mature nei loro presupposti e quindi da non sottovalutare.

C’è un filone della modernità che sostiene che una verità non esista. Dobbiamo riconoscere che prima dell’epoca moderna non si era mai dato un caso simile. C’era il conflitto delle interpretazioni, ma nessuno negava l’esistenza della verità.

Oggi, invece, questo è il punto centrale da affrontare per salvare la modernità da se stessa: il recupero della ragione, che non può non passare dal recupero del concetto di “natura” e specialmente di “natura umana”. E’ da molto tempo che si combatte una vera e propria battaglia attorno ai termini “sesso” e “gender”. La prima parola indica una identità naturale, ma non naturalistica. Ossia una modalità attraverso la quale la natura umana si sviluppa responsabilmente.

Il secondo, invece, indica un’opzione culturale. I sessi sono due, i generi possono essere molti di più e qualche studioso ne ha elencati 17. L’uomo però perde la propria libertà sia che si consideri solo natura, sia che si consideri solo cultura. Nel primo caso è vittima dei determinismi biologici (il numero di gennaio di “Time” afferma che l’amore è in fondo chimica), nel secondo caso è vittima dei propri desideri e delle proprie scelte soggettive, ognuna delle quali, solo per il fatto di essere mia è anche giusta.

La persona sporge dalla natura, in quanto è anche cultura, e utilizza la natura come guida orientativa per la cultura. Il concetto di “natura umana” diventa così non un meccanismo oppressivo ma una garanzia di libertà. Il ministro inglese se ne è dimenticato e per lui tutte le opzioni culturali sono sullo stesso piano.

Senza verità dell’uomo non è possibile educazione. Le scuole elementari inglesi non educano una generica e vuota persona umana, o se hanno davanti questo obiettivo vuoto di connotati allora non educano. L’emergenza educativa nelle nostre scuole nasce solo da qui.

Un’insegnante non può insegnare che quando Maometto occupò Medina fece tagliare la testa ad 800 cittadini maschi per non urtare la sensibilità islamica; non può insegnare che la fedeltà coniugale è un valore rispetto alla poligamia per lo stesso motivo; non può educare al senso antropologico della sessualità ma deve solo dare “istruzioni per l’uso”; non può parlare di Dio perché offenderebbe i non credenti; non può parlare di Cristo perché offenderebbe le altre religioni; non può dire cosa sia l’uomo perché discriminerebbe le diverse antropologie; non può darsi un progetto educativo perché farebbe violenza ad altri progetti educativi; non può dire chi tra i diversi filosofi abbia ragione o torto perché limiterebbe la libertà di opinione… e finirà per non poter insegnare quanto dice Aristotele nel libro “gamma” della Metafisica a proposito del principio di non contraddizione perché in questo modo discriminerebbe i pazzi.

Alla fine l’insegnante, e con lui ogni educatore, deve cessare di educare.

Infine c’è il problema politico. Imposta dal governo inglese, la lotta all’omofobia è una violenza ideologica. Violenza perché chiama omofobia non l’odio o il disprezzo per gli omosessuali, ma il fatto di non esserlo e di insegnare a non esserlo. Violenza perché volendo imporre la tolleranza verso gli omosessuali, pratica una intolleranza verso gli eterosessuali e ponendo sullo stesso piano tutte le verità discrimina la verità.

Violenza perché svuota di identità lo spazio pubblico, come è quello della scuola, e lo vuole liberare dalla ideologie con un atto ideologico. Questa, però non è politica, se non la politica del lavarsene le mani.

(A.C. Valdera)