I papi & la massoneria

coverStudi cattolici n.561 novembre 2007

di Alberto Torresani

È fresco di stampa per le edizioni Ares I Papi e la Massoneria (Milano 2007, pp. 320, euro 18), fondamentale tappa nel tenace lavoro di demistificazione della vulgata risorgimentale che Angela Pellicciari va da anni conducendo e i cui risultati sono consegnati in numerosi saggi, tra cui definitivi Risorgimento da riscrivere (ancora per Ares) e I panni sporchi dei Mille (Fondazione Liberai, 2003).

In questo nuovo volume, con prefazione di mons. Luigi Negri, l’autrice passa in rassegna sobriamente e con efficacia i documenti dei Papi che hanno messo in guardia i fedeli dall’aderire alla Società massonica, dalla prima condanna che risale al 1738 e firmata dal papa Clemente XII, fino alla dichiarazione più recente, del 1985, firmata dall’allora Prefetto per la Congregazione della Dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger.

La Pellicciari prende lo spunto da qualche passaggio dei documenti esaminati per spiegare quali erano le battaglie ideali, i mezzi impiegati, l’ardore profuso dai Gran Maestri della Massoneria in marcia verso il sole dell’avvenire col nobile scopo di «schiacciare l’infame», come Voltaire scriveva in quasi tutte le sue lettere, alludendo alla Chiesa cattolica.

La Massoneria moderna nacque il 24 giugno 1717 dalla decisione di porre sotto la direzione di un unico Gran Maestro le quattro logge di Liberi Muratori esistenti a Londra. Si trattava di antiche corporazioni di arti e mestieri non più operative, frequentate da gente che con l’architettura non aveva più nulla a che fare. La riunione ebbe luogo presso l’osteria «All’insegna dell’albero di mele».

La cena fu squisita e le bevande eccellenti e abbondanti. La decisione di unificare la direzione dei lavori massonici dipendeva dal fatto che, nel 1714, era avvenuto in Gran Bretagna un cambio di dinastia. Era morta la regina Anna, ultima degli Stuart, e bisognava evitare che il fratellastro Giacomo III potesse accedere al trono: il suo torto più grave era di essere cattolico.

Gli fu opposto un tedesco, Giorgio I duca di Hannover, un lontano cugino che accettò l’invito a Londra: portò con sé il grande compositore Georg F. Hàndel che fece fortuna in Inghilterra. Il re non aveva molto da fare, perché in Gran Bretagna si era affermato il principio che il re regna, ma non governa: una delle composizioni musicali più celebri di Hàndel è la Wassermusik per rallegrare il ritorno del re da Windsor a Londra in battello.

Anche Guglielmo III l’Olandese, che aveva guidato la «gloriosa rivoluzione» del 1688, era stato fatto re d’Inghilterra per garantire la permanenza dell’anglicanesimo come religione di Stato. Giorgio I faceva fatica a destreggiarsi nel suo nuovo ufficio e perciò gradì l’aiuto della Massoneria: da allora c’è sempre stato un principe di Casa reale ai vertici della Massoneria inglese.

Essa contemplava tre gradi (apprendista, compagno, maestro). Il pastore presbiteriano James Anderson scrisse gli Statuti, approvati nel 1723. Da subito furono accolti nella Massoneria i banchieri ebrei di Amsterdam. L’associazione era filo-governativa, anticattolica e antispagnola, perché il regno di Spagna era ancora potente nel Nuovo Mondo, dal Messico all’Argentina, ossia nell’area di sviluppo più promettente per la flotta britannica (dal 1713, con la pace di Utrecht, la Gran Bretagna ottenne l’ostento, ossia il diritto di monopolio della tratta di schiavi africani da vendere in America).

La Massoneria britannica è coeva al sorgere della cultura illuministica. Paul Hazard, nel saggio mai sufficientemente lodato che si intitola La crisi della coscienza europea (1680-1715), esamina la reazione anglo-olandese al tentativo di egemonia francese durante il regno di Luigi XIV, delineando in modo esemplare come si attua una rivoluzione culturale. Infatti, nel giro di una generazione la cultura europea si oriente verso la Gran Bretagna, attuando il passaggio dal razionale al ragionevole.

Per razionale dobbiamo intendere ciò che è vero, anche quando la verità piace a poche persone; per ragionevole dobbiamo intendere ciò che soddisfa la maggioranza delle persone che contano.

L’importanza del giornalismo

Dopo aver deciso che per avere il potere col metodo democratico delle elezioni occorre presentare ciò che è ragionevole, è iniziata la grande avventura del giornalismo moderno che ebbe in The Spectator di Addison e Steele il suo modello esemplare. In articoli brevi, arguti, privi di discussioni che i lettori non gradiscono, grondante ottimismo, con rubriche su cani e giardinaggio, veniva presentato tutto, compresa l’ottica di Newton, senza però le formule matematiche che pochi capiscono, ma con chiare descrizioni che permettano ai lettori di riferire quei fatti come se li avessero capiti.

In Italia, che notoriamente non è la patria del romanzo, Lorenzo Magalotti divulgò le scoperte della fisica tra il gentil sesso componendo il Newtonismo per le dame in endecasillabi. La terra è bella e santo l’avvenir, sembravano dire quegli articoli, descrivendo un mondo che appariva come uno scrigno di materie prime in attesa di essere sfruttate dalla rivoluzione industriale con benefici che, un poco alla volta, sarebbero arrivati a tutti, anche se per il momento erano riservati ai possessori di capitali liquidi.

Si passava sopra il fatto che quei capitali erano frutto del commercio di schiavi procacciati da negrieri islamici che li trasferivano fino ai porti di imbarco, pagati con le cotonate di Liverpool e Manchester, con le pentole e i coltelli di Sheffield.

Con perdite del carico che spesso superavano il 10% dei negri imbarcati, le navi arrivavano alle Antille dove gli schiavi riposavano e curavano le piaghe da decubito per poi essere venduti nella condizione migliore ai coltivatori di canna da zucchero o di cotone.

Tuttavia, questi aspetti fastidiosi non dovevano essere propalati e perciò i romanzi inglesi di De Foe, Swift, Fielding parlavano di tutto, commuovendosi per Pamela, insidiata dal padrone anche se sapeva difendersi piuttosto bene. Jane Austin, la più brava di tutti, scrive deliziosi romanzi in cui i personaggi non lavorano, bensì vivono con la rendita di cinquemila sterline che non siamo così sfacciati da indicare dove erano collocate (non era raro che i profìtti dello schiavismo arrivassero alla rendita del 30% del capitale investito).

Anche Voltaire investiva in questo modo i suoi capitali e bisogna ammettere che aveva una coscienza piuttosto latitudinaria in questioni finanziarie. Fu invitato a Berlino da Federico II e lì, conversando, aveva diffuso notizie piuttosto allarmanti che ora definiremmo turbativa di mercato. In Borsa ci fu una crisi di panico che fece cadere alcuni titoli.

Prontamente Voltaire fece acquisti e, quando le notizie furono smentite, i titoli salirono di nuovo. Peraltro Federico II non gradì quel modo di operare e fece accomiatare Voltaire, ma con tutti gli onori, perché i suoi articoli erano letti in tutta Europa.

Operazioni come questa sono molto ragionevoli. Si sa che i denari non danno la felicità, tuttavia rendono molto soddisfatti i loro possessori. La Massoneria del Settecento fu essenzialmente un club di gente arrivata, che faceva buoni affari in un ambiente di gentiluomini.

Ma esisteva una frangia di avventurieri, di guaritori, di appassionati di magia e occultismo come il sedicente conte di Cagliostro oppure di personaggi propensi ai complotti politici, come il professore di diritto canonico Adam Weishaupt, che diffuse in Baviera gli Illuminati con progetti eversivi sul piano politico.

Per tutta questa frangia i segreti, i riti, la simbologia, l’architetto del Tempio Hiram e altro ancora apparivano cose serie, creando non poche preoccupazioni nel resto della Massoneria che voleva conservare buone relazioni con i governi.

Nella Chiesa cattolica, a differenza delle Chiese riformate che, essendo Chiese di Stato seguivano docilmente le indicazioni del potere politico, fu immediatamente percepita la pericolosità del metodo dei lavori massonici. Nella Massoneria, infatti, nessuno viene discriminato per le sue credenze religiose; tuttavia vige un metodo di lavoro che consiste nell’adottare la relazione di maggioranza, che i fratelli in minoranza devono accettare per dovere di appartenenza.

Ciò significa che non esiste alcunché di vero o di falso, bensì tutto è possibile. Per fare un esempio al limite, se nella loggia venisse posta ai voti la verità o meno del dogma trinitario e vincesse la corrente contraria alla Trinità, i soci o fratelli di minoranza dovrebbero accettare la risoluzione, potendo al massimo aspirare alla revisione della decisione in futuro. È ragionevole contarsi e seguire la maggioranza nelle cose più o meno indifferenti, non certo su quelle essenziali.

Bisogna ammettere che la Massoneria sembrerebbe aver vinto su tutta la linea, dal momento che ci troviamo in una situazione di dittatura del relativismo, ma bisogna anche ammettere che non siamo propriamente felici e che le ombre che circondano l’Occidente appaiono sempre più fitte. Ma c’è di più.

La Massoneria ritiene di guidare la storia, ma tutti gli storici seri hanno sempre trovato al suo interno tendenze opposte, con denunce reciproche, scandali e altro. Per ricucire queste scissioni sempre è stata riportata in auge la battaglia anticattolica col plauso di tutti, perché la Chiesa cattolica si permette di riproporre un insegnamento perenne fondato sulle parole di Gesù: «il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

Ritorni

La Massoneria si è sempre vantata di appartenenze illustri: Goethe, Mozart, Carducci, Pascoli e altri parimenti famosi. Goethe, nel 1769, di ritorno a casa da Lipsia, ebbe una lunga malattia nel corso della quale si gettò a capofitto nello studio dell’occultismo. Ne uscì con la convinzione della positività di Mefistofele, lo spirito che nega sempre.

L’altra persuasione fu che in principio non c’è il Logos, bensì l’Azione, ossia la verità è l’opinione del più forte che sa imporre il proprio punto di vista. Mozart è grandissimo come compositore di musica, ma in tutto il resto appare addirittura meschino. Carducci scrisse da giovane l’Inno a Satana, ma si omette di ricordare che per il resto della vita definì quella composizione una «chitarronata». Il Pascoli utilizzò la Massoneria per i suoi trasferimenti di sede da Matera a Messina, poi in Toscana e infine a Bologna, come successore del Carducci sulla cattedra di Letteratura italiana.

I fratelli massoni ritenevano di dover rendere un servizio ai loro affiliati, ed era quello di impedire che all’ultimo momento chiedessero l’assistenza di una sacerdote per mettersi in regola con Dio, Frequentemente si vantavano di essere riusciti a sventare quel pericolo.

Nel suo libro Angela Pellicciari riporta in una delle preziose Appendici la testimonianza di Daniele Comboni, fondatore dell’Opera della Nigrizia, canonizzato dal papa Giovanni Paolo II il 5 ottobre 2003. Mentre si trovava a Parigi per curarsi delle malattie contratte in Africa, il Comboni fu chiamato ad assistere un condannato a morte dalla Massoneria, per essersi rifiutato di compiere a sua volta un assassinio. Il Comboni potè assolvere al suo ufficio e potè consolare la moglie e la figlia monaca del massone parigino, testimoniando un aspetto estremamente inquietante della militanza massonica.

Anche il Carducci, in età matura, volle ritornare in seno alla Chiesa cattolica. Lo fece cercando aiuto e conforto religioso nell’ospizio del Gran San Bernardo, lontano da occhi indiscreti. Il Cavour, fin dal 1855, aveva stabilito un patto con fra’ Michele da Poirino, parroco competente, che al primo cenno di aiuto si sarebbe dovuto presentare a casa dello statista. Sembra che, nonostante il presidio massonico, fra’ Michele sia passato dal malato, ma sembra anche che il Cavour abbia voluto questa soluzione per ovviare all’orribile impressione che avrebbe prodotto la notizia della sua morte, senza alcun conforto religioso, in un Piemonte ancora totalmente sotto influsso cattolico.

Per finire, Eugenio Scalfari alcuni anni fa ha dedicato un libro interessante agli ultimi momenti di Voltaire e di Talleyrand. Entrambi cercarono di patteggiare con la Chiesa cattolica un loro rientro nell’ortodossia, ma senza rinnegare il precedente operato, giocando sul fatto che in caso di pericolo estremo l’assoluzione non può essere negata anche a un penitente non proprio pentito.

In particolare, Voltaire paventava il seppellimento in terra non consacrata. Una delle conquiste della Rivoluzione francese fu di togliere alla Chiesa l’amministrazione dei cimiteri, perché gli eretici, gli assassini e gli impenitenti finali non fossero discriminati, ovvero non risultassero sepolti in cimiteri privi di simboli cristiani.

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Angela Pellicciari I Papi e la massoneria ed Ares 2007
Pp 320

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