Biotecnologie in agricoltura, come l’Italia uccide la ricerca scientifica

Biotecnologie in agricoltura, come l'Italia uccide la ricerca scientificaAbstract: biotecnologie in agricoltura, come l’Italia uccide la ricerca scientifica. I Rapporti favorevoli dell’Accademia delle Scienze e dei Lincei sugli Ogm sono boicottati e  il Consiglio per la ricerca in agricoltura è paralizzato. E’ il metodo Pecoraro-Alemanno per affossare gli Ogm

Articolo pubblicato su Tempi Numero: 28 – 10 Luglio 2003

Non si uccide così la ricerca

Rapporti dell’Accademia delle Scienze e dei Lincei sugli Ogm boicottati, il Consiglio per la ricerca in agricoltura paralizzato. E’ il metodo Pecoraro-Alemanno

di Bottarelli Mauro

«La Commissione giunge pertanto alle seguenti conclusioni: nessuno è stato finora in grado, pur utilizzando le tecniche più avanzate, di dimostrare la dannosità alimentare degli Ogm e modificazioni rilevanti ad ecosistemi da loro causate. L’analisi dei benefici e dei rischi deve continuare intensamente, sia per gli Ogm che per le varietà vegetali convenzionali, e caso per caso, al fine di proporre opportuni interventi, informare l’opinione pubblica e fornire all’autorità politica motivati giudizi scientifici e tecnici».

Biotecnologie in agricoltura, come l'Italia uccide la ricerca scientifica«In considerazione dell’insostenibilità di alcune forme di agricoltura e della multifunzionalità che l’agricoltura esplica, la ricerca per ottenere piante che assicurino produzioni quantitativamente sostenibili, qualitativamente migliori e compatibili con l’ambiente, è da considerarsi positiva, ed è auspicabile che prosegua con rinnovato rigore. Gli sviluppi recenti delle scienze della vita dimostrano che la ricerca scientifica e tecnologica, e quindi anche lo studio degli Ogm in relazione alla salute ed al benessere dell’uomo ed alla tutela e valorizzazione dell’ambiente, sono fattori sostanziali per il progresso pacifico e governato del genere umano».

«La fame nel mondo, come la povertà, non è solo una questione di produzione di cibo, ma è anche, e soprattutto, un problema politico, nazionale e globale, di programmazione, di sviluppo agricolo e territoriale, di progresso economico e sociale, di occupazione, di formazione professionale, di capacità tecniche e scientifiche, di equità negli scambi commerciali internazionali. La produzione di Ogm può offrire un valido contributo, anche se non può affrontare da sola le Biotecnologie in agricoltura, come l'Italia uccide la ricerca scientificacause delle crisi alimentari e dell’indigenza di vasti strati della popolazione mondiale. Gli investimenti pubblici nella scienza, che debbono ritornare ad essere vigorosi, prevalenti e determinanti in ogni campo di studio e di ricerca, nel settore delle biotecnologie vegetali devono urgentemente essere tali da consentire, oltre al riconoscimento giuridico dell’opera di ingegno, il perfezionamento delle metodologie di produzione, di sperimentazione, di valutazione, di controllo e di sicurezza d’uso degli Ogm».

«Infatti, considerata la complessità delle società moderne, i problemi che le stesse devono affrontare non si risolvono riducendo la ricerca, ma potenziandola».

I Lincei? Ma va’ là

La Commissione? Ma quale commissione, forse un direttorio di grand commis di Stato con importanti interessi nel campo del biotech? Forse una consorteria internazionale che punta alla distruzione dell’agricoltura tradizionale per dare il via a un nuovo mondo artificiale, una sorta di Blade Runner del tubero? Niente di tutto questo. La Commissione in questione è composta da componenti dell’Accademia Nazionale dei Lincei e dell’Accademia Nazionale delle Scienze, detta dei Quaranta, un simposio di scienziati e massimi specialisti sull’argomento.

Ciò che abbiamo proposta in virgoletto sono soltanto le conclusioni del rapporto “Biotecnologie vegetali: benefici e rischi delle varietà Ogm”, una relazione scientifica di 34 pagine classificata come “riservato” e che qualche mese fa (anche grazie alla notizia dell’esistenza di quel documento fatta filtrare da Tempi e poi ripresa da Excalibur) finalmente è stata resa nota al mondo politico. Risultato? Zero, il rapporto è finito Biotecnologie in agricoltura, come l'Italia uccide la ricerca scientificadiritto in un cassetto: non una conferenza stampa di presentazione, non un cenno di discussione pubblica degli indirizzi forniti, non una parola sulla grande stampa. Nessuna informazione. Nulla: gli esperti delle massime istituzioni scientifiche italiane hanno lavorato per niente, il loro sforzo di ricerca è terminato su un binario morto. Perché? Sospettate che lo strano silenzio compensato dall’eccesso contrario (cioè dal moltiplicarsi della propaganda anti-transgenico) abbia a che vedere con interessi economici legati al grande business del “biologico”, settore che lentamente è passato da nicchia di difesa della coltivazione tradizionale a industria della grande distribuzione, con profitti a sei zeri e controlli poco severi? Avete colto nel segno.

I ghostbusters di Gianni

Al pari del suo predecessore Alfonso Pecoraro Scanio, il ministro Gianni Alemanno, sembra cha ai dati scientifici abbia preferito le battaglie no-global di José Bové. Come si spiega? A quanto pare il problema è che in Italia la moda del “biologico”(che biologico poi non è, non può essere, spiegano gli esperti, quando si tratta di prodotti di largo consumo), gode di potenti appoggi politici. Anzi, gode della protezione del Mipaf stesso. Cos’è il Mipaf? Nulla di fantascientifico, è soltanto l’acronimo molto british del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, ovvero il dicastero guidato da Alemanno.

Bene, il regolamento Cee 2092/91 stabilisce che gli operatori che producono, preparano o importano prodotti che recheranno indicazioni relative al metodo di produzione biologico, devono assoggettare la loro azienda al regime di controllo appositamente definito nel regolamento. Ogni Stato ha instaurato un sistema di controllo gestito da una o più autorità di controllo e organismi di controllo: in Italia l’autorità Biotecnologie in agricoltura, come l'Italia uccide la ricerca scientificadi controllo è rappresentata dal Mipaf appunto e dalle Regioni, incaricate della vigilanza sull’operato dei 9 (nove!) organismi di controllo privati, accreditati sul territorio nazionale e periodicamente rivalutati dal Ministero stesso, per svolgere il lavoro di ispezione e certificazione delle produzioni biologiche. Una vera e propria filiera di controllo, una specie di superpolizia delle sementi che risponde soltanto al Ministero, guidato da un anti-Ogm della prima ora e pronto a finanziare profumatamente la sua schiera di vigilantes agricoli.

Ma serve davvero a qualcosa questa “filiera della rintracciabilità”, ovvero i ghostbusters dei campi scatenati da Alemanno contro i demoniaci semi Ogm? A nulla, se non all’autoperpetuazione economica e politica degli stessi organismi e alla creazione di una sempre maggior cortina di pubblico ludibrio attorno al biotech tale da scoraggiarne l’accettazione da parte della pubblica opinione a tutto vantaggio del business-bufala del “biologico”. Basta chiedere agli esperti o anche a un semplice contadino del cremonese, come abbiamo fatto noi. La politica dell’Ogm-zero lanciata da Pecoraro prima e da Alemanno poi è semplicemente irrealistca vista la percentuale di importazione di mais americano e, a sua volta, la percentuale di Ogm utilizzata negli States, almeno il 60%.

Biotecnologie in agricoltura, come l'Italia uccide la ricerca scientificaQuindi, chiunque volesse condurre una battaglia seria e non surrettizia agli Ogm dovrebbe parlare almeno di tolleranza 0,1 se non la più realistica 0,5: qualcosa passa sempre, lo zero nelle condizioni in cui siamo rappresenta l’utopia. Oppure la scelta interessata: quanti controllori, quanti finanziamenti, quanta pubblicità, quanto business passa attraverso l’inesistente spauracchio Ogm? D’altronde la politica appare chiara: al Mipaf, prima con Pecoraro poi con Alemanno, sono stati commissariati gli enti, aboliti gli organismi elettivi, aboliti gli organi tecnici e soprattutto introdotta una gestione diretta del ministro attraverso decreti e commissari. La ricerca? Sepolta, dal 1999 nel Consiglio per la Ricerca in Agricoltura (Cra) non si è mossa una foglia: paralizzato, tanto da arrivare al paradosso di un bando di gara che offriva 200.000 euro a chi fosse in grado di riorganizzarlo.

Attesa per un decennio, la riforma è stata avviata nel dicembre 1999 con il dlgs 454 che istituiva il Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (poi denominato Cra) e ha avuto una lunga gestazione di 42 mesi (a fronte dei 6 previsti dal suddetto decreto), recentemente segnata da una grave minaccia di aborto. Ovvero, il commissariamento straordinario del Cra: nella migliore delle ipotesi una scusa per rimandare la riforma, nella peggiore l’acquisizione di un parere tecnico a giustificazione di una vergognosa scelta politica di smantellare il Cra o di ridurlo a poco o nulla.

Ma ecco che, in data 30/06/2003 arriva il coup de teatre: il ministro Alemanno ha provveduto alla nomina del nuovo Consiglio di amministrazione del Cra. Qualcosa di muove, quindi? Formalmente sì, ma è un movimento gattopardesco: che tutto cambi affinché nulla cambi. La sostituzione del vecchio Cda, infatti, ha ottenuto un ricambio solo parziale visto che molti rappresentanti – nella fattispecie il membro della Conferenza Stato-Regioni tanto cara al pasionario anti-Ogm governatore piemontese Enzo Ghigo – sono rimasti al loro posto. E che, soprattutto, non esistono né statuto né regolamento del Cda: accidenti, occorrerà scriverli prima di muovere qualche passo, no? Vorrete metterci qualche mese, magari qualche anno per farlo, no? Tutto il tempo necessario a fare in modo che la ricerca in questo Paese muoia del tutto, con gioia di partner europei e concorrenti internazionali, e che il business-bufala del biologico prosegua indisturbato. Ma questa è un’altra storia, che vi racconteremo presto…

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