Clima, ma non doveva esserci una glaciazione?

era glacialeCEPAS Centro europeo di studio su popolazione ambiente e sviluppo
15 gennaio 2007

di Riccardo Cascioli

Gennaio 2006, appena un anno fa: dopo un Capodanno gelato le temperature in Italia si mantengono estremamente basse, soprattutto al Nord-Ovest: Milano tocca -6 C, Torino -5. Verso la metà del mese il gelo copre tutta la penisola (se Milano non scende sotto i -3 C, brescia tocca i -8, Roma -4, Firenze -5), e dal 24-25 gennaio le temperature crollano ovunque (-13 C a Malpensa) mentre dal 26 «un nucleo di aria polare dalla Groenlandia» provoca quella che sarà considerata la più intensa nevicata degli ultimi venti anni, mentre si parla del gennaio più freddo degli ultimi 30 anni.

Si ricorderà anche che è proprio in questo periodo che in Italia scatta l’allarme energia – il prezzo del petrolio alle stelle, il timore di bruciare tutte le riserve di gas – con la circolare del governo che invita ad abbassare di 1 C il riscaldamento nelle case. E cosa dicevano in quel periodo i profeti di sventura, i fanatici del “riscaldamento globale”?

I giornali davano ampio risalto alle solite ricerche dei soliti scienziati delle università americane, olandesi e britanniche che in quel caso constatavano che il riscaldamento globale stava rallentando la Corrente del Golfo, che mitiga le temperature del Nord Europa. Risultato? Il riscaldamento globale avrà l’effetto di provocare una nuova glaciazione già nel giro di 15 anni, e il gennaio 2006 ne era un’anticipazione. “2020: rischio glaciazione” è anche il titolo del lungo servizio a firma Alessio Mannucci, che riprendeva un lungo servizio del settimanale “The New Scientist” e che l’agenzia AGI mandava in rete l’11 gennaio 2006.

Ovviamente le conseguenze saranno “terribili” quanto certe, visto che sono diversi studi a concordare sul fenomeno; si parla di una glaciazione “come quella che investì l’Europa 8.500 anni” fa riducendone la parte occidentale “ad una sterminata prateria di neve”. Gennaio 2007, è cronaca di questi giorni: un gennaio decisamente mite, temperature ben al di sopra delle medie stagionali, un evento raro anche se non unico. E cosa veniamo a sapere? Che l’Italia non diventerà più “una prateria di neve”, ma un deserto, anche se ci vorrà un po’ più di tempo, circa 70 anni, secondo il Rapporto presentato dalla Commissione Europea il 10 gennaio.

La temperatura si alzerà mediamente tra i 2,2 e i 3 gradi e per l’Italia sarà “siccità, riduzione della fertilità del suolo, incendi e altri fattori”. I turisti lasceranno l’Italia, ormai inospitale, per andare a fare il bagno nel Mare del Nord e nel Baltico, i ghiacciai spariranno, a San Valentino non ci saranno rose né mimose per la festa della donna (niente ironia, è scritto proprio così). I fatti parlano da soli, evidentemente c’è chi pensa che ormai la popolazione europea – e non solo – sia composta da persone così sprovvedute da poter essere manipolate a piacere.

La domanda che dovremmo porci è: possiamo considerare in buona fede chi lancia questi allarmi? Evidentemente no, perché scienziati, politici e giornalisti che si occupano specificamente di questa materia non possono non rendersi conto dell’assoluta contraddizione tra i rapporti scientifici proposti, nonché della strana coincidenza di rapporti che prevedono la glaciazione quando fa freddo e la desertificazione quando fa caldo.

C’è solo un filo rosso che unisce tutti questi rapporti: comunque vada sarà una catastrofe. Possiamo dunque dedurne che ci sia qualcuno molto interessato a coltivare nell’opinione pubblica la percezione di un disastro imminente, in modo da garantire il consenso a scelte politiche impopolari, ma soprattutto ideologiche. Quali?

Possiamo notare ad esempio che sia la Finanziaria recentemente approvata in Italia sia le direttive europee vanno nella direzione di un’ondata di tasse “ecologiche”: sui prodotti petroliferi, sui trasporti aerei, sulle case, sull’energia. E di pari passo cresce l’invadenza dello Stato che in nome della salvezza del pianeta pretende ormai di legiferare (e di decidere) anche sui quotidiani stili di vita: dal tempo che si passa in doccia alla scelta dell’illuminazione per la casa, dall’uso dei mezzi di trasporto al dove abitare. Insomma in ballo c’è né più né meno che la nostra libertà oltre che la prosperità nostra e dei nostri figli.

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tratto da:

CEPAS Centro europeo di studio su popolazione ambiente e sviluppo 16 gennaio 2007

Clima stravolto? Sì, dai giornalisti

di Fabio Malaspina 

Nei giorni scorsi alcuni organi di informazione hanno rilanciato un comunicato dell’Università di Modena che ha aggiunto benzina sul fuoco degli allarmi ambientali. Così su un quotidiano nazionale, ad esempio, abbiamo visto titoli del tipo: “E’ stato il dicembre più caldo da un secolo. In Italia una media di 6.9 gradi. Non succedeva dal 1860. Emergenza ambientale negli Stati Uniti. In Germania clima da Palma di Maiorca.”.

Se facciamo salva l’ignoranza e la malafede, dobbiamo almeno denunciare un modo superficiale di leggere e rilanciare notizie. Infatti, se uno legge il comunicato integrale dal titolo “Bollettino 2006” dell’Università di Modena, si comprende che la serie storica della temperature – che riguarda appunto la città di Modena – è realizzata da un Osservatorio che ha iniziato l’attività il 14.1.1826 (leggi qui), effettuando le misure in centro città dove la cosiddetta “isola di calore” creata dall’urbanizzazione nei secoli sicuramente ha comportato più impatto di quanto possa aver fatto il riscaldamento globale.

Nonostante ciò, la temperatura  del dicembre attuale (ammesso che non ci sia stato un cambio nella strumentazione e nella metodologia di misura) è stata già misurata probabilmente precedentemente al 1860. Naturalmente la misura di tale temperatura è importante per gli abitanti della città, ma tutto da dimostrare che rappresenti il clima italiano e mondiale.

Negli USA, invece, il dicembre 2006 è stato il quarto più caldo della serie che va dal 1895 al 2006 (leggi qui), mentre sui dati riferiti all’anno i conti ancora sono in corso. Per alcuni l’anno più caldo sembra il 2006, per altri il 1998 (vedi qui), ma dei primi nove anni più caldi fanno parte sicuramente il 1921, 1931, 1934 a differenza di quanto si dice nell’articolo.

Le differenze in ogni caso sono dell’ordine dei centesimi di grado, quando sfido chiunque a mantenere un’accuratezza nella misura della temperatura all’aperto che si avvicini al mezzo grado celsius. Per quanto riguarda a livello globale l’anno 2006 è stato il quinto con +0.54°C (errore sui millesimi).

Articoli più rispettosi della realtà avrebbero potuto e forse dovuto riportare: un dicembre così caldo è un evento raro ma non unico. Più di un secolo fa l’Osservatorio di Modena aveva già rilevato questo valore, nonostante la concentrazione dei gas ad “effetto serra” in aria fosse minore di oggi e la città risentisse di un effetto isola di calore molto minore dell’attuale. Analoga situazione negli USA.

Il clima varia ed ha sempre messo in difficoltà chi non ha saputo adattarsi a questa sua caratteristica, impegniamoci in una politica energetica seria. Purtroppo invece spesso si indulge al sensazionalismo o ci si accontenta di trovare il colpevole invece che di fare un’analisi oggettiva.