Antiseri: sulla scuola si va indietro

scuola liberaLa Croce quotidiano Martedì 28 aprile 2015

«Il governo aveva annunciato un finanziamento alle scuole libere, ne è uscita una misera elemosina. Siamo ancora prigionieri dell’idea che è buono solo ciò che è pubblico ed è pubblico solo ciò che è statale». Dopo le dure dichiarazioni del filosofo liberale circa il decreto sulla scuola buona abbiamo incontrato il salesiano Tonini, presidente CNOS: con lui parliamo di istruzione e lavoro

di Davide Leonardi

Dopo il recente decreto del governo sulla buonascuola il filosofo liberale Dario Antiseri, pensatore fra i più solidi del nostro tempo, non nuovo alle prese di posizione in tema libertà scolastica, ha dichiarato: “Il governo aveva annunciato un finanziamento alle scuole libere, ne è uscita una misera elemosina. Siamo ancora prigionieri dell’idea che è buono solo ciò è pubblico ed è pubblico solo ciò che è statale”.

Per avere un quadro più concreto della situazione della formazione pubblica non statale, abbiamo rivolto alcune domande a don Mario Tonini, presidente del CNOS, centro nazionale opere salesiane, che coordina e rappresenta una delle realtà italiane più importanti in campo educativo. Il settore “Scuola”, che ha per interlocutore istituzionale il Ministero dell’istruzione, conta in Italia 23 mila allievi, con 2135 docenti e 101 indirizzi scolastici.

Il settore “Formazione Professionale” invece, che rientra nell’ambito delle competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con tutte le implicazioni a livello regionale, nel 2014 ha offerto ben 1439 corsi della durata fra 2 e 4 anni a oltre 22 mila allievi, di cui 13.300 di età compresa far 14 e 18 anni

D. Gramsci diceva: “la libertà nella scuola è possibile solo se è indipendente dal controllo dello stato”. Analogo ragionamento sul versante liberale facevano Luigi Einaudi, Tocqueville, Salvemini. Perché in Italia questo principio fa tanta fatica ad affermarsi?

R. In questo ambito in Europa c’è un indirizzo molto chiaro: la libertà scolastica va assicurata con il riconoscimento della scuola non statale. In Italia, l’interpretazione statalista dell’articolo 33 della Costituzione, le forti spinte ideologiche e centraliste, assolutamente trasversali agli schieramenti politici, le divisioni del mondo cattolico, hanno impedito lo sviluppo di un reale percorso che integrasse in un sistema unico, statale e non, la scuola pubblica. Questo nonostante con la riforma Berlinguer prima e Moratti poi, la linea d’azione fosse stata tracciata con chiarezza dal legislatore.

L’idea di libertà, il principio di sussidiarietà, il diritto della famiglia a educare i figli, in questo paese soffrono di una grave crisi d’identità. Le famiglie che decidono di mandare i figli in una scuola paritaria sono di fatto discriminate. C’è vera libertà in un paese nel quale per essere liberi bisogna pagare?

Sul fronte della Formazione Professionale il discorso è invece leggermente diverso: erroneamente ritenuta non dello stesso rango della scuola, è finanziata da UE e Regioni come servizio a sostegno delle politiche del lavoro. Per noi salesiani la formazione è un fiore all’occhiello: i nostri corsi offrono una reale opportunità di crescita e inserimento lavorativo a tanti ragazzi dei ceti popolari, anche a quelli di nuova cittadinanza italiana

D. Quali sono i principali problemi della scuola e della formazione salesiana oggi?

R. Senza riconoscimento la scuola soffre. In molti casi, per noi ancora fortunatamente limitati, le scuole paritarie sono costrette a chiudere. Le famiglie del ceto medio, che a prezzo di sacrifici le sceglievano, oggi non ce la fanno più. Noi cerchiamo di aiutare con borse di studio e la solidarietà chi ha meno opportunità ma, nonostante le scuola paritaria faccia risparmiare allo stato 6 miliardi di euro all’anno, neanche le briciole di questo risparmio vengono dedicate a sostenere chi vuole iscrivere il proprio figlio a una nostra scuola.

Anche sotto l’aspetto economico si tratta di una scelta miope: se tutti gli studenti delle scuole paritarie si iscrivessero alla scuola statale, quel risparmio si vanificherebbe. In tal senso l’ideologia statalista non solo è nemica del buon senso ma danneggia concretamente tutto il paese. Alla formazione professionale, come ho detto, i salesiani tengono moltissimo. Don Bosco si preoccupò subito di insegnare ai suoi ragazzi un mestiere. E’ il santo del lavoro. Nel 1852 stipulò, forse primo in Italia, un contratto di apprendistato fra un suo ragazzo e il mastro minusiere (una sorta di falegname n.d.r.) Giuseppe Bertolino.

Attraverso la formazione dei giovani “poveri e abbandonati” i salesiani si fanno protagonisti della positiva trasformazione della società. Ebbene questa dimensione che Don Bosco aveva intuito 150 anni fa, non è ancora stata pienamente compresa dal “sistema istruzione” italiano. Che continua ad essere ammalato di “liceizzazione”. Noi invece difendiamo con i denti la formazione perché essa è espressione di giustizia sociale. In molte regioni italiane, si tratta dell’unica possibilità a disposizione dei figli dei ceti popolari.

Eppure, specie al sud, in molti casi si è deciso di puntare esclusivamente sull’istruzione professionale di stato, con costi maggiori e l’aumento della dispersione. In Sicilia viviamo la realtà drammatica del ritardo con cui i finanziamenti vengono erogati, esponendo i nostri centri a un fortissimo indebitamento bancario che li soffoca e ne impedisce la programmazione delle future attività. In Sardegna, la regione italiana a maggior dispersione scolastica, quando il governatore Soru chiuse i finanziamenti ai corsi di formazione, i giovani non sono certo andati a lavorare ma sono tornati davanti ai bar!

D. Ma i ragazzi che escono dai CFP, trovano lavoro?

R. Nelle regioni dove si è investito nei corsi di 3-4 anni i ragazzi trovano lavoro nel 65-70% dei casi. Una ricerca commissionata all’ISFOL nel trienno 2012-14, in piena crisi, ci dice che la percentuale di occupati è superiore al 60%. Al nord, su 15 operatori di macchine utensili che annualmente escono dai nostri centri, abbiamo richiesta per 30! Abbiamo accordi di collaborazione con tantissime imprese che richiedono manodopera qualificata nei campi più svariati: FIAT, SCHNEIDER, SIEMENS, PIAGGIO, ENI, BOSCH, solo per citare le principali.

D. Cosa risponde a chi accusa le scuole paritarie di essere diplomifici?

R. Lo stato sa perfettamente dove sono e quali sono i diplomifici. Non solo ha il diritto ma ha il dovere di controllare chi non lavora seriamente. Noi non abbiamo nulla da temere. Ma ho l’impressione che questa storia dei diplomifici non sia altro che un comodo alibi per camuffare le inefficienze e gli sprechi di molta scuola statale.

D. Cosa pensa del provvedimento del governo sulla buonascuola?

R. E’ un bel passo indietro. Va nella direzione opposta alle precedenti riforme. Considera e vuole migliorata solo la scuola di stato. La scuola “paritaria”, cessa nei fatti di essere tale ed è appena sfiorata dal provvedimento. Grave e, direi, offensivo l’aver ignorato la formazione professionale. Mentre il governo con un’altra misura si occupa di riformare il terzo settore, nella buonascuola esclude invece la società civile, il mondo del lavoro, le necessità delle piccole e medie imprese, che sono l’ossatura portante della nostra economia. E’ un provvedimento contraddittorio, che nasce vecchio!

D. Cosa pensa dei cattolici impegnati in politica? Fanno abbastanza su questi temi?

R. Beh, Renzi è un cattolico, eppure…. I risultati sono quelli che vediamo. Manca una proposta, forse perche manca un progetto, non si ha convinzione di quanto sia importante il tema educativo. Certo la frammentazione non aiuta la rappresentanza ma, forse, alla base di tutto c’è una totale assenza, nei politici, cattolici e non, di una visone che valorizzi e tuteli il ruolo della famiglia.