Eutanasia, la corsa a sinistra degli anglicani

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il Giornale del 14 novembre 2006

 Rino Cammilleri

Dopo la notizia, clamorosa, del «consiglio» di lasciar morire i neonati prematuri o handicappati emanato da un alto esponente della Chiesa anglicana, è lecito chiedersi cosa sia rimasto del famoso ecumenismo.

 Dal Concilio Vaticano II in poi il Vaticano ha fatto carte false per «tendere la mano» ai «fratelli separati» protestanti, ortodossi e soprattutto anglicani. I primi sono stati «avvicinati» mettendo la sordina sulla Madonna e i Santi, introducendo il volgare nella liturgia e volgendo l’altare al popolo, così che la messa cattolica somigliasse il più possibile alla «commemorazione» protestante, centralità del «sermone» (a scapito di quella del Sacrificio) compresa.

Quasi subito, però, si scoprì che si stava dialogando al vento perché le denominazioni protestanti maggiori (luterani, calvinisti ecc.) erano praticamente diventate scatole vuote, in quanto i loro fedeli erano diventati in larghissima maggioranza pentecostali; cioè, non si riconoscevano più nelle Chiese «classiche» e si caratterizzavano per una ricerca di contatto immediato (i.e. senza mediazioni) con la divinità.

Per inseguire un gregge in fuga, le vecchie Chiese protestanti erano costrette a una maggiore «liberalizzazione» su quasi tutto, cosa che le allontanava vieppiù dai cattolici. Gli ortodossi, dal canto loro, non hanno mai ceduto uno spillo della loro rigidità. Anzi, con la caduta dell’Urss hanno accentuato la loro autoconcezione «territoriale», accusando la Chiesa cattolica di proselitismo. Eredi del cesaropapismo bizantino, considerano i Paesi in cui sono storicamente diffusi «cosa loro» e di nessun altro.

Inutile aggiungere, poi, che l’avvicinamento cattolico ai protestanti su Madonna, Santi e liturgia è stato pari all’allontanamento, sui questi stessi temi, dall’ortodossia. Tutte le speranze di parte cattolica erano dunque puntate sugli anglicani, considerati, non a torto, i più «vicini» e per ciò stesso i più avvicinabili. Il «dialogo» sembrava talmente a buon punto da far ritenere imminentissima la storica riunione.

Addirittura, dopo il Concilio si arrivò al punto di scoraggiare apertamente le conversioni di anglicani al papismo, cosa che per secoli, fin dai tempi di Elisabetta I, aveva costituito un flusso corposo e costante, coinvolgendo nomi di spicco quali Hugh Benson, i cardinali Newman e Manning, Oscar Wilde, T.S. Eliot, Evelyn Waugh, Alec Guinness e tanti altri. Epperò la Chiesa anglicana vedeva altrettanto costantemente svuotarsi i suoi templi per colpa di un secolarismo che in Inghilterra molto più che altrove sembrava avere allignato.

Così, si provocò un vero e proprio collasso con la decisione di ammettere al sacerdozio le donne: intere parrocchie, parroco in testa, passarono al cattolicesimo; perfino qualche vescovo. Cosa tanto più rimarchevole se si considera la scarsa contentezza vaticana per un afflusso che mandava a gambe levate decenni di dialogo interconfessionale.

Aumentava, intanto, la «corsa a sinistra» della Chiesa anglicana, che credeva di poter frenare l’emorragia «aprendo» ai gay ed esibendosi in funambolismi come la correzione dei passi delle Scritture in cui Dio appare «maschio» e la censura della croce per «non offendere i laici». Ora, eccoli approvare l’eutanasia sui neonati, altro terreno su cui la Chiesa cattolica non può seguire nessuno.

Morale: l’ecumenismo è un fallimento totale, il «dialogo» pure. Rimangono in piedi solo gli «esperti» e le rispettive cattedre. Quando si prenderà atto che costoro da un pezzo non fanno che parlarsi stancamente e inutilmente addosso l’un altro?