Perchè sono costretti a stratassarci

debito_pubblicoTempi n.35 del 14 settembre 2006

Le bugie dell’Unione hanno le gambe corte;  a fine giugno 2006 infatti, grazie alla finanziaria Tremonti, il deficit è di soli 36,4 miliardi di euro, rispetto ai 58 miliardi del 2005 e già da quest’anno potrebbe essere rispettato il tetto del 3 per cento del debito pubblico sul Pil che Bruxelles chiede per il 2007. Ecco perchè Padoa Schioppa vuole una Finanziaria di soli 30 miliardi, ma nel programma di governo i “riformisti” hanno promesso di tutto, tanto che la spesa potrebbe aumentare di 75 miliardi. Per questo ci aspetta un futuro di lacrime e sangue.

di Giannino Oscar

Quando Oliviero Diliberto liquida come «irricevibili» le idee del segretario ds Piero Fassino sulla finanziaria, siamo a un pasticcio vero. Almeno tre ragioni concorrono alla frittata. La prima riguarda che cosa sia davvero “riformista”, a sinistra. La seconda, la situazione ereditata dal governo. La terza, il da farsi.

Le 281 pagine di programma dell’Unione non sono una risposta al primo punto: c’è di tutto, se si sommano gli impegni di spesa a favore di ammortizzatori sociali, i fondi ad hoc per famiglie, pensionati, immigrati, studenti, sport e turismo, la maggior spesa pubblica sarebbe di almeno 75 miliardi. Prodi, Fassino e Rutelli hanno fatto esporre il solo Padoa-Schioppa col suo Dpef che prometteva una finanziaria da 35 miliardi, in modo che loro, i “riformisti”, potessero mediare.

Ma è stato un boomerang. Padoa-Schioppa è rimasto solo. Pdci, Rifondazione, Verdi e sindacati si battono ogni giorno, per ottenere ciò che in effetti è scritto nel programma.

Secondo: che cosa ha ereditato il governo? Nel Dpef di Padoa-Schioppa, a fronte di un deficit tendenziale 2006 individuato fino al 4,1 per cento del Pil, si è scritto che l’aumento delle entrate tributarie per l’anno sarà del 6,2 per cento, che nel 2007 scenderanno al 3,1. In capo a pochi giorni, le entrate tributarie dei primi cinque mesi del 2006 hanno segnato invece un più 8,7 per cento.

A fine giugno la crescita è divenuta tumultuosa, più 16 per cento. Sul versante della spesa, è crollato egualmente il catastrofismo. A fine giugno 2006 infatti, grazie alla finanziaria Tremonti, il deficit è di soli 36,4 miliardi di euro, rispetto ai 58 miliardi del 2005. Proiettando il dato su fine anno, il deficit pubblico – anche grazie alla maggior crescita che nel frattempo tutti registrano – potrebbe essere largamente inferiore a quello del solo primo semestre 2005. Pari non al 4,1 per cento del Pil individuato da Padoa-Schioppa, bensì al 3,4, poco lontano dal rispettare già quest’anno il tetto del 3 per cento che Bruxelles ci chiede nel 2007.

Terzo: che cosa ci aspetta. Ascoltiamo un osservatore insospettabile di pregiudizio verso Prodi e Padoa-Schioppa. Luigi Spaventa già aveva definito mission impossible il Dpef. Ora ha aggiunto: che il governo non ha presentato la prescritta nota di aggiornamento del bilancio in base alla quale dichiarare che dai 35 miliardi previsti per la finanziaria si scendeva invece a 30; che dai documenti approvati non si comprende come possano avvenire riduzioni lorde di spesa superiori ai 10 o al massimo 15 miliardi, con una riduzione netta di «appena qualche miliardo»; e che, perciò, «fra due terzi e la metà della correzione lorda dovrà essere affidato ad aumenti di entrate tributarie».

Aumenti che Spaventa giustamente rifiuta di far passare per la solita «lotta all’evasione». No, si tratterà di «aumenti di aliquote con misure discrezionali», tali da accrescere la pressione fiscale di un punto di Pil nel 2006, e di un altro punto nel 2007, «pur tenendo presente il promesso sgravio del cuneo fiscale».

Niente da aggiungere. I “riformisti” hanno creduto di far fessi gli “antagonisti” con un programma elettorale per tutti gli usi, ma cadono sul menzognero allarmismo finanziario, e sfociano con ogni probabilità nella stangata fiscale di chi avversa sussidiarietà e individuo, perché ama lo Stato.