Nuovo vocabolario filosofico-democratico

Thjulen_coverIgnazio Lorenzo Thjulen

NUOVO VOCABOLARIO FILOSOFICO-DEMOCRATICO

Biblioteca di via Senato Edizioni

Il Nuovo vocabolario filosofico-democratico è uno degli esempi più brillanti della letteratura antirivoluzionaria italiana. Edito per la prima volta nel 1799, a ridosso della fine del triennio giacobino, muove dal presupposto che allo stravolgimento dei valori e delle istituzioni tradizionali che la Rivoluzione aveva portato con sé sia corrisposto lo stravolgimento dei valori lessicali comunemente attribuiti alla parole.

Con la redazione di questo Nuovo vocabolario, Thjulen intende smascherare la frode linguistica ordita da giacobini e democratici, mostrando come per intendere la lingua rivoluzionaria sia necessario capovolgere il senso antico di ciascuna parola nel suo contrario. Il risultato è un pamphlet scritto utilizzando la penna come una sciabola con la lama intinta nell’acido corrosivo, nutrito da una polemica a tratti sferzante, da un’affilata ironia e un malcelato disprezzo per l’inganno di chi promette libertà e porta solo tirannia e miscredenza.

 Biblioteca di via Senato

(brani tratti da Nuovo Vocabolario Filosofico-Democratico Tomo primo)- per gentile concessione dell’editore –

Alcuni avvertimenti necessari

Nella nuova confusione delle lingue, sebbene in generale si è conservato il materiale idioma antico, vi sono però stati introdotti nuovi vocaboli, affatto sconosciuti, che richiedono spiegazione particolare, e si darà principio al Vocabolario appunto da questi.

Altro necessario avvertimento è ancora che la lingua repubblicana democratica è suddivisa in differenti dialetti. Vi è il dialetto democratico moderato, il terroristico o giacobinico, il semi-democratico, il libertinistico puro, il gonzistico e forse altri. Un vocabolo pertanto ha spesso diverse significazioni, ancora nello stesso linguaggio repubblicano.

Si cercherà di dargli tutte le possibili spiegazioni e dilucidazioni, ma bisogna confessare che finora alcuni termini rimangono incerti, e forse lo rimarranno eternamente, non essendo il conto dei democratici autori che si spieghino bene e s’intendano. Si darà allora la spiegazione più probabile, secondo la più costante esperienza sulla quale onninamente si fonda il presente Vocabolario. Se non intendessimo appieno alcuni termini e vocaboli, sarà tanto più perdonabile, quanto è certo che spesso i repubblicani non s’intendono nemeno fra di loro.

VOCABOLI NUOVI

Patto sociale ovvero Contratto sociale. Termine non mai sentito prima di Rousseau, almeno in senso antonomastico. Forma egli il fondamento principale di tutta la lingua repubblicana e merita una più diffusa esposizione. Secondo dunque i principj filosofici di Rousseau e suoi settatori, gli uomini nacquero selvaggj, senza uso della ragione, senza seguire i dettami di essa e perciò uguali affatto ai bruti nel loro operare. O, se pure la storia tutta smentisce tale stato bestiale degli uomini, dovevano almeno nascere selvaggj (per pervenire allo scopo filosofia), che senza tale fatto rovinarebbe), e se nacquero altrimenti fu uno sbaglio della natura, che la medesima filosofia ha pieno diritto di correggere.

In tale stato selvaggio avevano gli uomini diritti naturali d’indipendenza, e la filosofia perdona alla natura per certi motivi a lei interessanti l’ingiustizia di aver messo gli uomini nella necessità di dipendere intieramente dai genitori sino all’età almeno d’otto o dieci anni, cosa che ella avrebbe potuto evitare, se gli avesse fatto nascere sugli alberi o come i funghi dalla terra (2). Insieme coll’ indipendenza erano tutti eguali ed avevano tutti eguali diritti, cioè tutti avevano diritto a tutto.

Liberi, indipendenti, uguali ed unendo ognuno tutti i diritti in sé, lo stato di società non era naturale come non lo può essere a tigri e pantere, né avevano alcun obbligo a formarlo. Conobbero però in seguito i vantaggi che dallo stato sociale sarebbero loro derivati, e però trattarono fra di loro, e convennero e risolvettero spontaneamente d’abbandonare la loro libertà, indipendenza e diritti selvaggi, rinunziando ad alcuni di essi, ed unirsi insieme sotto certe condizioni e patti, la quale convenzione o lega s’intitola da loro Patto sociale o Contratto sociale (3).

Ad analizzare tutto questo, secondo le antiche idee e modo di raziocinare bisogna esporlo così. Gli uomini nacquero, o dovevano nascere, in uno stato contrario alla loro natura, alla ragione ed alla Providenza, con diritti contradittorj e distruttivi fra di loro, senza obbligo alcuno di seguitare la ragione. In tale stato quando gli uomini erano bestie, o dovevano esserlo, conobbero i vantaggi d’uno stato del quale non avevano idea, e rinunziarono a qualche porzione dei diritti di bestia a persuasione di quella ragione, che non usavano, ed avanti di essere in società, entrarono in società per deliberare e convenire sulla formazione della società, ed avevano già parole per esprimere idee non mai conosciute.

Così gli uomini entrarono in società, per rinunzia di diritti, che si dicono poscia inalienabili, conservando però radicalmente sempre i loro diritti bestiali contro ragione, doveri e società. Ecco il contratto o il patto sociale ne’ suoi veri termini. Questo è un caos di confusione, dirà un uomo sensato, del quale nulla si può intendere. Ma così va bene filosoficamente. D’un assurdo non si può intendere che una cosa sola, cioè che è un assurdo. Mettiamo la cosa in vista più semplice. Secondo i filosofi, l’uomo nasce libero.

Niuno può privarlo di questa libertà. Egli solo può cedere a qualche porzione di essa. Se è libero, può fare e può non fare società cogli altri uomini, ed in grazia della società cedere e rinunziare in parte alla sua naturale libertà e diritti. Se lo fa, lo fa dunque senza alcun obbligo, e viene a formare un patto libero e spontaneo cogli altri uomini, il quale patto è appunto quello a cui si da la denominazione di Patto o Contratto sociale.

Perciò, se l’uomo si trova in società, vi si trova per un patto che spontaneamente ha fatto. Facciamo un argomento identico. L’uomo nasce libero. Niuno può privarlo di questa libertà. Se è libero, è padrone di conservare o non conservare la sua vita; nessuno lo può costringere a farlo e per conseguenza egli è libero d’impiccarsi ogni qual volta gli piacesse di farlo.

Se si conserva in vita e non s’impicca, lo fa senza alcun obbligo, e viene a formare un patto libero e spontaneo seco medesimo in virtù del quale rinunzia al diritto naturale d’impiccarsi. Qualunque uomo adunque che si vede vivere su questa Terra, è evidente che vive in virtù di un Patto sociale seco medesimo. Di tal patto ognuno ride: e niuno ride del patto sociale dell’un uomo coll’altro fondato sui medesimi diritti, libertà ed indipendenza?

Quando piaccia di costituire la libertà umana nella sola potenza fisica di far male e che questa inoltre dia all’uomo diritto di farlo, d’andare contro i dettami della ragione, del dovere, della giustizia e della coscienza, l’uomo non fa e non farà mai alcuna azione giusta e virtuosa se non per un patto con sé o con gli altri, avrebbe diritto e libertà di uccidere se stesso e gli altri, rubbare, spogliare, ingannare, calunniare e fare tutte le possibili iniquità, e non s’asterrebbe da nulla che in vigore di un qualche patto contrario alla sua libertà e diritti. Oh! quanti patti sociali restano ancora a fare ai repubblicani democratici, come ce lo dimostra pur troppo una funesta esperienza.

Se poi la libertà umana non consiste in una potenza fisica di far male, ma sia in tutto dipendente dalla ragione, dalla giustizia e dal dovere, l’uomo è egualmente libero riguardo alla società nella quale si trova posto dalla natura, dalla Providenza, dalla ragione, dalla inclinazione naturale ed amore all’ordine ed alla propria sicurezza, di quello sia uccidere se stesso e gli altri e fare tutte le iniquità, non essendovi vera libertà contro la ragione, non diritti o patti contro i doveri e contro la giustizia; e perciò tanto sarà un patto la società umana, quanto è un patto il conservarsi in vita ed astenersi da qualunque iniqua azione.

È un ridicolo assurdo di fingere patti liberi di ciò che è dovere ed è comandato dalla ragione, dalla giustizia, dalla natura, dalla necessità, solo per avere una potenza fisica di fare il contrario. Dunque il patto sociale di Rousseau e de’ suoi settarj è una vera chimera, ingiuriose alla natura umana, indegno della ragione, falso nella sua esistenza, infame nelle sue conseguenze e sciocchissimo nella sua invenzione.

Settembrizzare. Fu uno de’ primi ornamenti della nuova lingua repubblicana. È termine originalmente francese, e significa Massacrare innocenti in modo dì fare innorridire le tigri. In senso stretto non conviene del tutto all’Italia. In senso meno stretto, come sarebbe spogliare, opprimere, tiranneggiare ecc. le conviene del tutto. In tal senso però non è stata solo settembrizzata, ma novembrizzata e decembrizzata, e per quanti mesi e giorni vi sono nell’anno dacché praticamente vi s’introdusse la lingua democratica.

Floreal, Fruttidor, Nivos ecc. La confusione della lingua si è stesa fino a non intendersi insieme i repubblicani col resto dell’Italia nel contare il tempo. Forse il gusto preso di settembrizzare fu causa che si settembrizzassero perfino gli anni, i mesi, le settimane ed Ì giorni. La vera mira però è stata quella di settembrizzare la religione e le sue feste. Vi sono però alcuni mesi celebri per il set-tembrizzamento dei settembrizzatori, e ne possono nascere altri nei fasti repubblicani.

Municipalità. Secondo il purissimo anagramma dice Capi mal uniti. Comunque sia, o sì è formato l’anagramma dal vocabolo, o il vocabolo dall’anagramma, il certo si è che l’Italia non vide mai altre municipalità che capi mal uniti ed a mal uniti. Si vede però che talvolta l’etimologia dei vocaboli repubblicani non è disprezzabile.

Organizzare ed Organizzazione. Significa disporre una Nazione ad essere saccheggiata metodicamente.

Giacobino. Vocabolo energico, che in sé comprende l’ateo, l’assassino, il libertino, il traditore, il crudele, il ribelle, il regicida, l’oppressore, il pazzo fanatico e quanto sinora vi fu di scellerato nel mondo, anzi che sorpassa tutto ciò che sinora si comprendeva sotto nome d’Empio e di Scellerato. Le Repubbliche democratiche filosofiche debbono la loro esistenza a questi illustri fondatori, che possono considerarsi come Ì loro Fiatoni, Soloni e Licurghi, non avendo i Rousseau, gli Alembert, i Raynal ecc. dato che deboli abozzi di ciò che i giacobini seppero perfezionare in speculativa, e l’onore della esecuzione è intieramente dovuto ad essi.

Non a torto si lamentano i giacobini dalla ingratitudine repubblicana. Dopo avere i giacobini con tanto sudor proprio e sangue altrui fondato e stabilito le Repubbliche democratiche, hanno dagli ingrati figli provato odj, gelosie e persecuzioni, e molti eziandio sono stati strascinati alla guillottina in compenso del loro zelo patriotico. Ma si sono forse scordati i giacobini che dalla vipera non possono nascere che viperini, i quali hanno per natura di lacerare la propria genitrice? I lamenti contro la natura sono inutili.

Fraternizzare, Amor fraterno, Amplessi fraterni, Baci fraterni ecc. Di questi termini antonomastki fu data la vera, genuina ed autentica spiegazione ai 18 Marzo 1794 nella Convenzione nazionale. Il Club dei Cordelieri era in rottura coi giacobini. Si mandò una Deputazione giacobinica per accomodare l’affare. I capi dei cordelieri convennero. Si fraternizzò, e volarono amplessi e baci fraterni. Il giorno dopo i capi cordelieri furono arrestati ed in compendio guillottinati. Un qualche ignorante di lingua meravigliato domandò: Come! Ieri baci ed amplessi, ed oggi massacri? Fu risposto definitivamente: Questo è il vero Fraternizzare. Oggi baci ed amplessi, e domani uno stilo nel petto. Oh! quanto la misera Italia è stata abbracciata e  bacciata fraternamente

Sansculottes. È stato italianizzato senzacalzoni. Nacquero essi colla Rivoluzione, e divennero subito i più eccellenti patrioti, massacratori, incendiarj, calunniatori, spie e devastatori. Fra loro era già affare deciso che tutti dovevano abitare in magnifici palaz­zi, andare in carrozza e comandare a bacchetta. Sono svaniti dalle storie repubblicane, non si sa come. Può darsi che sieno divenuti più famosi sotto altro nome, cosa non insolita nelle storie e nomenclature dmocratiche. Ma dovunque siano, egli è certo che aspettano ancora i palaggj, le carrozze ed il comando: per aver questi non basta essere un senzacalzone, bisogna essere un Sema-religione-, un Senzacoscienza, un Senzapudore ed un gran furbo. Quest’ultimo mancava affatto ai Senzacalzoni, che avevano tanto di cervello, quanto di calzoni.

Allarmista. Con tale nome chiamano i democratici chiun­que parla o racconta le loro perdite e sconfitte. I democratici nella loro immaginazione sono più invincibili che non lo fu Donchi­sciotte nella sua, e sebbene avessero ricevuto più pacche che non ebbe Donchisciotte dai mulatieri, ognuno deve gridare: Vittoria democratica! se no, vien sul punto dichiarato allarmista ciò che porta seco prigioni e fucilature

VOCABOLI CHE HANNO MUTATO SENSO, SIGNIFICAZIONE ED IDEA 

Libertà. Questo vocabolo è certissimo che ha mutato intie-ramente di significato, ma è certo altresì che nel nuovo idioma repubblicano non può stabilirsi cosa esso precisamente significhi. Ha variato moltissimo di significato secondo i tempi, le circostanze e le mire dei repubblicani. Ancora ha diverse significazioni nei diversi dialetti, e questa variazione ha prodotto che l’esperienza medesima non ha potuto stabilire il significato in Italia, dove però si ha avuto esperienza moltiforme, replicata ed al sommo persuasiva di ciò che significa Libertà in senso repubblicano democratico.

Nel primitivo dialetto repubblicano, libertà divenne una mercé ideale, che si portò in Paesi esteri e che le Nazioni, volere o non volere, bisognava comprassero. Si dava questa mercé in cambio di tuttociò che si trovava di prezioso in ogni Paese, e mancava ogni libertà per ricusare la libertà democratica, di modo che si perdeva la libertà comprandola. I venditori di questa schiavifica libertà prendevano in cambio di essa oro, argento, danaro. Non bastava.

Gioje, mercanzie d’ogni genere, navi, vettovaglie, abiti, scarpe, pitture, munizioni, artiglierie e neppure tutto questo bastava a pagare la libertà democratica; bisognava dare fino le campane dei campanili, i ferramenti degli edifizi, le coperte di piombo delle chiese, le casse delle sepolture e le entrate degli anni avvenire. La mercé non si consegnava se non quando i compratori erano affatto esausti di sostanze.

Allora si consegnava ben chiusa ed imballata, e nell’aprirsi si trovava libertà di rimaner schiavi di quelli che avevano venduto la libertà In seguito vedute si sono grandi variazioni particolari nei dialetti diversi per rapporto all’interno di ogni Paese. Nel dialetto Terroristico, libertà significa podestà assoluta per gli scellerati, birbanti e disperati d’una Nazione di spogliare e massacrare la parte onesta, laboriosa e che possiede qualche cosa de’ suoi concittadini.

Nel dialetto Democratico semplice significa comando dei birbanti e nulla più, perché è costante esperienza che dove essi comandano oppressione, spoglio, tirannia eccessiva, schiavitù e qualunque altra cosa definiscono col vocabolo di Libertà, unicamente perché comandano essi, e dove non hanno il comando, predicano subito la libertà perduta.

Il dialetto Gonzistico per libertà intende di fare tutto ciò che piace, e fu sempre il dialetto del popolo basso. Il Semi-democratico, che assai partecipa del Gonzistico, voleva che libertà fosse sfrenatezza in genere di costume e di religione, ma con uomini costumati ed onesti nel comando e subordinazione del popolo nel politico: cosa più che gonzistica. Il dialetto Libertìnistìco non ammetteva libertà dove non fossero distrutti religione e costumi, ed il comando in mano di libertini e raggiratori. In tanta varietà di dialetti sembra che l’unica spiegazione che abbia una qualche relazione con tutti i dialetti repubblicani sulla libertà repubblicana sia di definirla: Trappola dei Furbi per prendere gli Sciocchi.

Uguaglianza. Questo vocabolo ha fatto grandissimo strepito, e potrebbe chiamarsi il Tamburo repubblicano. La pratica ha fatto vedere evidentemente che il famoso Vox vox praetereaque nihil non si può meglio applicare che al vocabolo repubblicano di Eguaglianza. Egli è in fatto vuoto di ogni senso e significazione. Vi può essere un uomo che abbia il senso comune della realtà delle idee dei vocaboli e termini, il quale inghiottisca che se un servitore porta la livrea egli è un essere vile ed abietto, e che basta solo levargli la livrea perché subito si costituisca l’eguaglianza fra lui ed il suo padrone?

Che basta dare il titolo di cittadino ad un miserabile ed un mendico per stabilire l’uguaglianza fra lui ed il ricco? Che levati al nobile i titoli di Marchese, Conte, ecc. e dato-gli quello di cittadino, subito è fatta l’eguaglianza fra un bene educato ed il birbante, fra l’uomo civile e colto ed il villano e brutale. Dunque il vocabolo Eguaglianza in senso repubblicano non è che la più alta sciocchezza, senza idea reale.

(…)

Felicità. La mutazione dell’idea di questo vocabolo ha causato maggior male in Italia di qualunque altra. Moltissimi prendendolo nell’antico significato l’hanno cercato sino nell’universale disordine, credendo questo Ente, tanto invano cercato dall’incontentabilità umana, perfettamente nascosto nella Novità, e mille e mille menzogneri banditori hanno confermato la falsa idea. Si ha poi veduto in esperienza costante che il nuovo vocabolo di Felicità significa Ultima Rovina e Miseria.

Quando un popolo è stato spogliato di tutto; i santuarj e luoghi pubblici assassinati; i possidenti rovinati da eccessive ed enormi contribuzioni; il commerciante privo di traffico, l’artista e l’agricoltore costretti a mutare l’utile maneggio degli istromenti e dell’aratro in quello micidiale della spada e della baionetta; i viveri mancanti e ridotti all’ultima carestia; la religione calpestata, i suoi Ministri crudelmente perseguitati; guasto il costume, oppressi i buoni ed onesti cittadini, e la feccia della società posta in comando; allora la Felicità in senso repubblicano è compita per tutti i popoli, e l’orrendo inganno del vocabolo preso nel senso antico ha fatto correre molti popoli in braccio a tale Felicità repubblicana.

Gelosissimi sono i repubblicani di tale vocabolo ed il non volere chiamare l’Ultima Miseria e Rovina col nome di Felicità è costato a migliaja di persone esiglj, prigioni, ferri e fucilature. Sorga un popolo, una città, un villaggio, una sola capanna, e dimostri se ella ha provato mai altra Felicità repubblicana Guai a chi è divenuto una volta repubblicanamente felice, non vi è quasi più modo di diventare infelice. Intanto coi tre vocaboli Libertà, Eguaglianza e Felicità si è fatto una strepitosa caccia di uccelli.

Nell’incantata selva della libertà si è tesa la rete dell’eguaglianza e postovi l’esca della felicità. I patrioti sono stati gli uccelli di richiamo, e le civette patriotiche hanno fatta ancor esse la loro figura. La caccia è stata copiosa, sopra tutto di merlotti, e fino non pochi uccelli di rapina sono dati nella rete. Tutti vi hanno trovata la felicità di lasciarvi le penne, d’andar in gabbia e ancora di aver rotto collo.

Democratizzare. Si è stato lungo tempo senza comprendere cosa positivamente significasse questo vocabolo in lingua moderna. Si credette da principio che avesse qualche relazione con ciò che anticamente si spiegava con Formare un governo popolare. Ma la costante esperienza mostrò quanto l’idea andava fallita, e l’inganno proveniva principalmente dalla mutata idea della parola Popolo. Quando si videro democratizzare gli Stati i più democratici dell’Europa si dovette comprendere che democratizzare non è più democratizzare.

Adunque democratizzare uno Stato nel vero moderno significato vuoi dire abbattere il governo che vi era, fosse democratico, aristocratico o monarchico o di qualunque forma; cacciare gli uomini onesti dal comando e mettervi i birbanti; formare dei birbanti popolo, e del vero popolo schiavi; spogliare il Paese di tutto ciò che ha di valore, e portarlo in esteri Paesi; annichilare la religione e sopra tutto la cattolica, opprimere i suoi Ministri ecc. ecc. Le Fiandre, l’Olanda, Milano, Bologna, Ferrara, Modena, Roma, la Svizzera sono stati in tal maniera costantemente ed invariabilmente democratizzati. Da questa spiegazione si ricava la intelligenza di tutti i vocaboli derivativi, come Democratico.

Democratico. Significa, in attivo, ateo, assassino, birbante in governo e comando; in passivo, la parte onesta di una Nazione spogliata, oppressa, tiranneggiata nella vita, libertà, sostanze, onore e religione dagli atei, assassini, birbanti.

(…)

Elezioni popolari. Termine buffonesco. Il popolo aveva diritto di eleggere i suoi rappresentanti. Non poteva fallare nella scelta ecc. Il popolo bolognese, ferrarese e modenese gli elesse, ma non elesse atei, scellerati e birbanti. Subito viene dichiarato incapace di eleggere: si annullano le elezioni fatte, e la tirannia fa nuove e vere elezioni democratiche. Il popolo ha diritto di eleggere, ed i tiranni hanno diritto di cassare le elezioni fatte, cose che si combinano insieme alla vera filosofica democratica, come tutto il resto. La sovranità del popolo democratico consiste nell’eleggere i suoi deputati, e poi vederli cassati, esigliati, carcerati. Non si può negare che la sovranità democratica sia una cosa assai buffonesca.

Costituzione. Si stima sempre un capo d’opera della Democrazia moderna. Una Costituzione qualunque democratica moderna fra le altre forme di governo si può assomigliare al porco nato solo al macello fra un anno o al più due. Appena è nata una Costituzione democratica, che si fa l’oroscopo. Ella è un capo d’opera di politica, una cosa divina, il non plus ultra della sapienza umana, il fonte di felicità per i popoli. Si accetta, si giura l’osservanza, si deve difendere a costo della vita e del sangue.

Fortuna però che proteste, giuramenti e patriotismo di sangue e vita (a riserva quando si giura di spogliare ed assassinare) democraticamente significano nulla ed ancor meno. Appena è passato un anno, che il porco è maturo per il macello. La cosa divina, il capo d’opera di politica ed umana felicità è divenuto una cosa cattiva, e la causa di mille malanni al popolo felice. Addio giuramenti! Si rovescia il capo d’opera senza il menomo danno del prezioso sangue democratico, s’infanta un’altra Costituzione, ugualmente felicitante, sotto gli stessi oroscopi. Ognuna Costituzione democratica è pero sempre immutabile, indivisibile, eterna ecc. Da ciò si rileva il significato di un altro vocabolo democratico, cioè.

Eternità, e vuoi dire circa un anno, e quando l’eternità è assai lunga dura due anni. È cosa assai rara che alcun regolamento democratico oltrepassi l’eternità.

Indivisibile. Sinora Ciò che non si può dividere; in lingua moderna Ciò che si può e deve dividere. Così si divisero tanto in infinito, che si disfecero in nulla le indivisibili Cispadane, Traspadane, e lasciarono in eredità la loro indivisibilità alla figlia Cisalpina

(…)

Opinione. Era ed è nella lingua antica vocabolo generale. Nella lingua repubblicana è stato ridotto a senso ristrettissimo. Per esempio: Libertà d’opinione, che nella lingua comune sinora significava di potere opinare come ognun vuole, in lingua repubblicana significa che solo ed unicamente si può e si deve opinar per ateismo, incredulità, democrazia e libertinaggio. L’opinare altrimente si permette soltanto dai repubblicani dove non possono arrivare con spoglj, esigi; e fucilature.

Religione. Denota espressamente in lingua democratica l’ateismo. Negli infiniti Decreti e Manifesti, Proclami ed Editti repubblicani in tutte le Provincie e Città d’Italia ne’ quali inces santemente si ripete che la religione sarà rispettata, conservata e protetta, se per religione s’intende l’ateismo, la promessa si verifica a puntino, altrimente è una solennissima menzogna ed impostura. Proteggere la religione e distruggere la superstizione in lingua democratica vuoi dire introdurre l’ateismo e distruggere la religione.

(…)

Tolleranza. Grandi fatiche è costato ai repubblicani l’introduzione di questo vocabolo. L’intolleranza in materia di religione fu pubblicata in mille e mille libri e scritti per quel mostro che aveva messo tutto il mondo in combustione, causato infinito spargimento di sangue e turbato la quiete dì tutti i popoli. La tolleranza fìlosofica doveva pacificare tutto il mondo, e fu finalmente stabilita per legge sacra ed inviolabile in tutte le Repubbliche democratiche.

Pacificò subito la prima regione tollerante coi massacri nel Carmine, nella Abbadia ed in tutte le Città e Provincie di Vescovi e Sacerdoti cattolici, e mille e mille vittime della religione e della coscienza. Dovunque arriva a fermare il piede la pacificante tolleranza ella moltiplica le sue vittime con esiglj, spoglj e massacri: non solo non si tollera Vescovi, Sacerdoti, monaci e religiose, ma neppure tempj, altari, culto o religione, la tolleranza è andata al segno di non tollerare neppure l’Ente Supremo, nella quale tolleranza si sono dapertutto distinti i Circoli costituzionali, composti dai più zelanti e distinti patrioti dichiarati nemici dell’inumana intolleranza.

Non si sa come dare nell’antica lingua una tolleranza che arriva a non tollerare Iddio medesimo; che massacra, esigila, spoglia Vescovi, Sacerdoti e tempj; che perseguita a morte ogni uomo che professa religione; che costringe le coscienze a giurare contro la propria religione; che nulla risparmia per atterrare ogni idea di dovere degli uomini verso il loro Fattore.

Signori atei! Signori increduli! Signori tolleranti! Altro che Inquisizione. L’intolleranza antica inumana, per quanto intollerante si dipingesse, non attaccò mai che la seduzione e l’apostasia, e dovete almeno concedere che il cattolico tollerava il cattolico, che il turco tollerava il turco. Ma la vostra umanissima tolleranza non tollera alcuno se non sino a tanto che a man salva potete rovesciare il suo culto e la sua religione.

Il metodo filosofico di pacificare insieme tutti i culti è eccellente, degno dell’ingegno filosofico: Distruggere tutti i Culti. Cosi certamente non litigheranno più insieme sopra culti che non esistono, non vi sarà più intolleranza quando la tolleranza abbia distrutto tutto ciò che è da tollerare. Eccellentissimo rimedìo! Ma per eseguirlo intieramente, sì rende onninamente necessario di non tollerare negli uomini né ragione, né intimo senso, e distruggere nel mondo tutte le stupende opere divine, che costringono la niente umana a riconoscere l’esistenza di un Dio, a rispettarlo ed adorarlo, cosa ugualmente facile che distruggere il mondo intero, Ciclo, Terra, astri, umana natura e ragione.

Tale impresa dovrebbe spaventare ancora un filosofo con tutto l’orgoglio ed indipendenza filosofica. Non si sa se muova più a compassione, a sdegno o a risa il sentire che i filosofi egualmente empj che sciocchi abbiano creduto di potere rovesciare e distruggere tutto con un vocabolo solo che nulla significa in realtà, e pure deve servire ad annichilire Iddio e tutte le sue opere.  Questo vocabolo è

Natura  (…)