Come in Spagna, emerge il martirio dei preti italiani negli anni 1944-1947

Silentes_logoZENIT – Il mondo visto da Roma Servizio quotidiano  – domenica, 22 gennaio 2006

Marco Pirina insieme ad alcuni amici ha fondato il Centro Studi Storici “Silentes Loquimir” (Silenziosamente parliamo) dai cui studi e ricerche risulta, tra l’altro che 129 sacerdoti e migliaia di cattolici sono stati massacrati dal 1945 al 1947 dalle bande comuniste

ROMA _  Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando sembrava che le violenze e le barbarie fossero finite insieme ai regimi nazifascisti, si scatenò la violenza delle bande armate comuniste che fecero migliaia di morti. Tra questi più di 129 sacerdoti e migliaia di cattolici.Per ricordare quelle vittime e cercare di capire come e perché furono uccise tante persone, Marco Pirina insieme ad alcuni amici ha fondato il Centro Studi Storici “Silentes Loquimir” (Silenziosamente parliamo) e dopo aver recuperato nel 1992 i resti di 68 persone gettati in una Foiba, ha condotto una serrata ricerca di documenti, testimonianze, rapporti delle forze dell’ordine, ritagli di giornali dell’epoca per “ridare dignità alla memoria di infoibati e scomparsi”.

Dalle ricerche del Centro Studi Storici “Silentes Loquimir” sono nati due volumi di circa 500 pagine ciascuno, con il titolo “1945-1947 Guerra Civile” e “1945-1947, la Rivoluzione Rossa”.  Per questo lavoro di ricerca nel 2003 con legge regionale 2/2003 “Silentes Loquimir” è stato riconosciuto come “Istituto di Ricerche Storiche di notevole interesse regionale”. Dato il notevole interesse suscitato dalla storia di quel periodo, ZENIT ha voluto intervistare Marco Pirina.

Nel corso delle sue ricerche lei ha documentato la strage perpetrata nei confronti di quanti si opponevano o potevano essere di ostacolo alla diffusione dell’ideologia comunista nel periodo fra il 1944 e il 1947. Può fornirci alcuni dati, quante furono le vittime, quanti gli “scomparsi” …

Pirina: Partiamo da un dato scientifico, che sono le denunce presentate alle autorità giudiziarie, carabinieri, ecc nel territorio italiano. Escludendo le zone dell’Istria e della Dalmazia, che non erano più sotto il controllo dell’autorità italiana, e dove comunque fu compiuta una strage da parte delle truppe di Tito, abbiamo un totale degli scomparsi che è di 50.380, di cui oltre 12.000 gli “scomparsi senza un fiore”, cioè delle persone di cui non si è mai trovato il corpo. Di queste vittime solo una piccola parte era coinvolta con il passato regime fascista.

Quanti di questi erano sacerdoti o seminaristi e quanti esponenti e militanti di associazioni cattoliche?

Pirina: I dati certi documentano la responsabilità provata di militanti comunisti nell’assassinio di 110 sacerdoti. Analizzando gli scomparsi provincia per provincia siamo arrivati a contare un totale di 129 sacerdoti uccisi. Di 19 non si conoscono gli assassini, anche se sembra un dato certo che a guerra finita, con i nazifascisti sconfitti, soprattutto i partigiani socialcomunisti nutrivano un odio sistematico contro la religione cattolica ed erano anche in grado di organizzare ed eseguire omicidi.

Per quanto riguarda i dirigenti cattolici, basti dire che solo a Bologna sono scomparsi circa 160 coltivatori cattolici, che non volevano far parte delle cooperative rosse e non erano d’accordo a essere sottomessi alle organizzazioni comuniste.  I militanti comunisti non hanno avuto pietà neanche dei partigiani cattolici che combattevano i nazifascisti. Tra l’8 e il 12 febbraio 1945 a Porzûs in Friuli un gruppo di partigiani cattolici appartenenti alla “brigata Osoppo” venne massacrata da una brigata comunista guidata da Mario Toffanin.

Tra le vittime Ermes, nome di battaglia di Guido, fratello dello scrittore Pierpaolo Pasolini. I comunisti uccisero i partigiani cristiani perché si opponevano alla politica di alleanza con le truppe di Tito che voleva l’annessione di territori italiani alla Slovenia. Bisogna dire che tra i molti laici uccisi ci sono anche socialisti e comunisti che non condividevano le direttive del Partito.

Per la causa di beatificazione e canonizzazione del seminarista Rolando Rivi, la Chiesa cattolica parla di “martirio” cioè di un crimine commesso in “odio alla fede”. Quante e quali altre storie di martirio lei conosce?

Pirina: Le storie di martirio sono molte e diverse, ne ricordo alcune. Don Angelo Tarticchio, prelevato a casa sua da partigiani jugoslavi, venne prima picchiato tra bestemmie e insulti indecenti, poi venne ucciso insieme ad altri 43 prigionieri legati con il filo spinato e gettato in una cava di bauxite. Non contenti i partigiani jugoslavi riesumarono il cadavere e lo presentarono alla madre ed alla sorella con una corona di filo spinato in testa.

Don Miroslav Buselic, parroco di Mopaderno in Istria e Vicedirettore del seminario di Pisino fu sgozzato nella canonica dai partigiani comunisti il 24 agosto del 1947. La sua colpa fu quella di aver accompagnato monsignor Jakob Ukmar nella cresima a 237 ragazzi, nonostante il divieto imposto dai comunisti. Il Vescovo Ukmar fu picchiato brutalmente e si salvò solo perché i comunisti lo credettero morto. Nel 1956, in pieno regime comunista, la diocesi avviò segretamente la causa di beatificazione di don Miroslav Buselic.

Nel 1992 la causa ha ricevuto il nulla-osta della Santa Sede e il 28 marzo del 2000 è stato aperto il processo diocesano.  Don Francesco Bonifacio, un sacerdote docile e pio, dedicato a opere di carità e zelo, l’11 agosto del 1946 venne prelevato a casa dalle cosiddette “guardie popolari”, venne ucciso e gettato in una foiba. Di lui non si saprà più nulla. Nel 1998, dopo che è stata pubblicata una sua biografia è stata introdotta la causa di beatificazione.

Don Giovanni Dorbolò infoibato il primo maggio 1945; don Nicola Fantela affogato a Ragusa con la pietra al collo il 25 ottobre 1944; don Ugo Bardotti, ucciso a Cevoli (Pi) il 4 febbraio 1951, sulla cui lapide è scritto “Ucciso in odio alla fede”. L’aspetto più agghiacciante di queste storie è l’odio esercitato contro la fede cattolica e contro i sacerdoti che ne erano espressione.

Gli assassini non si sono accontentati di ucciderli. Si tratta di sacerdoti che non avevano fatto male a nessuno, anzi erano esempi di carità e aiuto per tutti. Don Giuseppe Lendini fu ucciso a Crocetta di Pavullo in provincia di Modena, il 21 luglio 1945. I suoi assassini lo hanno picchiato e torturato per “costringerlo a bestemmiare”. Quando venne ritrovato il corpo, varie ossa erano state spezzate, crivellato di proiettili con il cranio fracassato e privo degli occhi.

Don Giuseppe Tarozzi, di Riolo di Castefranco, è stato tagliato a pezzi e messo in un forno. Don Carlo Terenziani è stato cosparso di vino prima di finirlo con colpi di mitraglia. Don Giuseppe Jemmi fu picchiato a sangue insultato e sbeffeggiato dai partigiani comunisti prima di essere falciato da una raffica di mitra. Sul suo cappello fu appiccicata una stella rossa. Nel 2004 l’Osservatore Romano ha chiesto che si iniziasse il processo di beatificazione per don Jemmi.

Storie molto simili ai martiri di Spagna…

Pirina: Molti dei commissari politici delle formazioni partigiane e garibaldine avevano combattuto in Spagna negli anni 1935-1936, quando si sparava sui crocifissi, sulle chiese, sulle statue e le immagini di Maria, quando vennero trucidati suore, sacerdoti, attivisti di associazioni cattoliche. Così si é ripetuto in Italia parte di quello che avevano già fatto in Spagna. Al funerale di don Ugo Bardotti, il Vescovo di San Miniato non esitò ad accomunare l’assassinio del sacerdote della sua diocesi, al “clero martire della guerra di Spagna e alla Chiesa perseguitata nel blocco sovietico dell’Est Europa”.

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