Il Vaticano censura l’attacco al comunismo

bara_GPIIPubblicato su Libero il 18 aprile 2005

La condanna dei regimi rossi non viene tradotta

Intervista di Andrea Morigi

a Giovanni Cantoni

ROMA – Tradurre significa tradire. E così so­no scomparsi i “regimi comunisti” dalle traduzioni del Rogito deposto nella bara del Santo Padre Giovanni Paolo II. In que­sto caso il testo originale in lingua latina dichiara esplicitamente: «In his commu­nistarum quarundam nationum regimi­num dissolutiones annumerantur, ad quam rem multum contulit ipse Summus Pontifex». Cioè: «Il Pontificato di Gio­vanni Paolo II è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa. Durante questo periodo vi sono stati molti mutamenti in diversi paesi. Fra questi si contano la di­sgregazione dei regimi comunisti di alcu­ne nazioni, alla quale ha molto contribui­to lo stesso Sommo Pontefice. Per annun­ciare il Vangelo ha pure intrapreso nume­rosi viaggi presso diverse nazioni».

Ma quel «communistarum» diventa ” taluni regimi”, ” plusieurs régimes”, ” several regimes” e “certos regimes” rispettiva­niente nelle versioni italiana, francese, inglese e portoghese.

Nessuno nota la differenza, finché Gio­vanni Cantoni, presidente di Alleanza Cattolica e direttore della rivista “Cristianità” lancia l’allarme: «L’errore è impos­sibile», spiega dopo la lettura sinottica. Quindi, il gesto «si presenta chiaramente come una manipolazione e diventa su­perfluo ogni commento».

Invece un commento glielo chiedo. Hanno fatto un favore a qualcuno? Non sarà mica un tentativo di ostpoli­tik in ritardo di 30-40 anni?

«No, mi sembra più un gesto di un no­stalgico. Un colpo di coda che gli è riuscito bene e ha posto le premesse per la descri­zione di una vulgata che concentrasse tut­ta l’attenzione su un Papa sofferente. Il che è vero: ultimamente soffriva. Non c’è dubbio. Ma si è ingigantito questo aspetto occultando il profilo degli altri gesti com­piuti dal Pontefice nella vita della Chiesa e in quella politico sociale».

Cosa sarebbe accaduto se avessero tolto la parola nazismo? Anche nel resto del­la versione italiana non compare con precisione il riferimento al “nazional­socialismo”, chiamato sbrigativamen­te “nazismo”. Sarà mica un’idiosincra­sia verso l’ideologia di Marx?

«Nazionalsocialismo è il termine giu­sto, ma ormai “nazismo” è entrato nell’u­so. Non si può dire che c’è malizia in que­sto caso. Nel caso del comunismo invece è una furbata. Il testo latino parla di una re­sponsabilità «nella caduta del regime co­munista di certi luoghi». Non si dice della caduta del comunismo, perché in Cina c’è ancora. Ma forse hanno giocato sull’igno­ranza e sul fatto che “il latino chi mai lo andrà a leggere?”. Anche se era chiaro che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accor­to».

Un complotto che coinvolge anche le altre traduzioni?

«Molto probabilmente le altre sono state condotte sull’italiano, che è ormai dive­nuto lingua franca della Chiesa. Il risulta­to però è una forma sciatta e insoddisfa­cente. In questo caso l’incarico sarà stato affidato a personaggi che con il latino hanno qualche rapporto professionale. E gli sarà stato detto di comporre un testo di quel tenore».

Il mandante?

«Per esempio potrebbe essere una tradu­zione in latino da qualche appunto in polacco».

Quindi c’entra il segretario del Papa, mons. Stanislao Dziwisz?

«Non sono in grado di ricostruire tutte le ipotesi. Ma ho il sospetto che ci sia stato un canovaccio. Malizia delle malizie: manca­no anche sul sito Internet del Vaticano le traduzioni polacca, tedesca e spagnola».

Perché, secondo lei?

«Hanno ritenuto bene di purgare il testo da termini “traumatici”. Ma hanno evita­to il confronto con i polacchi, che non avrebbero gradito l’omissione, coni tede­schi per non avere a che fare con il cardi­nale Ratzinger e, magari, con gli ispanofo­ni perché sono la parte preponderante della Chiesa. Sembra una classica proce­dura da disinformazione. In questo caso si è sfruttata la complessità della costruzio­ne della frase latina, lasciandone indietro la metà»

E ora?

«Occorrerà far presente che non ha torto chi ripete – e viene accusato di fanatismo – che ci sono i comunisti. Certo non è l’Ar­mata Rossa, ma ci sono degli amici dei no­stalgici anche in ambiente ecclesiastico. Si deve accendere una spia rossa».

Il Rogito descrive anche Giovanni Pao­lo II come «custode del deposito della fede», che «si è adoperato «a contra­stare durante tutto il suo Pontificato tendenze contrarie alla genuina tradi­zione dellaChiesa». Ma quelle tenden­ze, evidentemente, non le ha potute cancellare. Spetterà al suo successore?

«Si può dire che nel Rogito è stato fatto l’inventario delle linee di forza del Ponti­ficato. Non si poteva dire che aveva scon­fitto tutte le ideologie. Sarebbe stato come dire che ha realizzato il Regno di Dio in terra. Realisticamente, ha fatto quello che ha ritenuto più urgente e quanto gli è stato possibile con lo strumento amministrati­vo che aveva a disposizione».