Cercansi radici

Pubblicato su Il Foglio del 7 aprile 2005

Colonna (non infame) contro la storiografia ideologizzata che ammorba i manuali scolastici

di Francesco Agnoli

La storia è maestra di vita, insegna a non rifare gli errori del passato, fa ca­pire il presente… Quante volte abbiamo sentito frasi come queste, senza che la storia, quella studiata a scuola, sembras­se insegnarci veramente qualcosa, sem­brasse corrispondere alle nostre doman­de.

Perché la storia, allora, è importante? Terenzio scriveva: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”. Tutto ciò che è umano mi interessa, mi parla, entra in re­lazione con la mia volontà di compren­dere e di conoscere.

La storia è il cam­mino dell’uomo: Per questo può affasci­narci, rispondere alla nostra sete di sa­pere come l’uomo ha concepito, nel tem­po, il suo essere ed il suo fine. Può farci meglio comprendere la civiltà in cui vi­viamo, il passato in cui affondiamo le ra­dici, perché il passato è sempre fonda­mento del presente.

La nostra stessa personalità è condi­zionata dalla sua storia: tutte le espe­rienze di cui siamo stati protagonisti o semplici attori hanno lasciato dei segni che, incisi nel carattere, hanno dato luo­go alla individualissima struttura della personalità. Noi siamo anche il nostro vissuto: nulla ci è tanto vicino, con una presenza dinamica, quanto il. passato. Es­so interviene con “voce possente” quan­do si tratta di elaborare una scelta di vi­ta, al punto che ciascuno è figlio delle proprie scelte, ma le scelte di ciascuno sono anche figlie delle sue esperienze passate: così è anche per una civiltà.

La storia, allora, è importante per l’uo­mo proprio per il suo essere caratteriz­zato dalla facoltà della memoria, che lo differenzia dall’animale. Quest’ultimo in­fatti vive solo la dimensione del presen­te, l’attimo, l’istante, senza collegarlo al prima e al poi. Così l’uomo senza storia, senza ricordo, l’uomo del carpe diem, tende all’animale: tutto, in lui, è frutto di decisioni immediate, senza riflessione, individualistiche e perciò momentanee, reversibili e quindi instabili ed insoddisfacenti. Pure nel campo degli affetti: una storia d’amore è fatta anche di memoria, di passato, e non esisterebbe, o non reg­gerebbe, se non fosse così (per questo è, appunto, una “storia”).

Lo studio del passato allora è impor­tante, a patto che non venga avvilito, co­me spesso accade, da visioni assai par­ziali. La storiografia marxista, ma anche quella liberale, per esempio, hanno ri­dotto tutto all’homo oeconomicus: ciò che conta sono solo le motivazioni economi­che, materiali. Studiamo avvenimenti, fatti, date, guerre: ma gli ideali, i senti­menti, la religiosità dell’uomo rimangono estranei, banditi da molti testi scolastici, come se non appartenessero al suo oriz­zonte, come se non avessero consistenza.

Così, a scuola, affrontiamo il Medioevo, i nomi delle tasse e delle gerarchie feuda­li, senza saper nulla del monachesimo, che ha fondato l’Europa moderna; stu­diamo le cattedrali romaniche e gotiche dal punto di vista architettonico, statico, tecnico, ma non i loro significati simboli­ci, lo spirito con cui vennero costruite, il cuore di ciò che sono.

Leggiamo Dante fa­cendo la parafrasi, senza gustarne lo spi­rito. C’è infatti una serie infinita di cose che i manuali scolastici banalizzano o pongono tra parentesi, al punto che ciò che analizziamo sembra un cadavere, os­servato magari al microscopio, di cui co­nosciamo ossa, costole, cranio, ma non la vita intima, pulsante.

Propaganda e retorica

Inoltre la storia deve emanciparsi, per quanto possibile, dalle strumentalizza­zioni ideologiche. Non è più concepibile, ad esempio, come sostiene da decenni lo storico Pucci Cipriani, continuare oggi la retorica risorgimentale che i governi po­st-unitari proposero per giustificare se stessi. Altrimenti non si capiscono la questione meridionale, l’industrializza­zione del settentrione, l’emigrazione; al­trimenti non si comprendono le rifles­sioni sulla delusione post-risorgimenta­le delle plebi meridionali di  Verga, Pi­randello, Tomasi di Lampedusa.

Non è più possibile, ancora, soffermarsi per mesi sul fascismo, morto e per fortuna sepolto, e liquidare il comunismo, la ri­voluzione bolscevica, la rivoluzione ci­nese, cambogiana, vietnamita ecc in po­che pagine e in poche ore, come avviene pressoché in tutte le scuole e in tutti i manuali… Non è corretto, infine, per troncare una lista che potrebbe divenire assai lunga, dimenticare che il Novecen­to è stato anche il secolo di circa 44 mi­lioni di cristiani perseguitati e uccisi per la propria fede.

Per questo, dopo decen­ni di manuali ripetitivi e scontati, spesso ideologici e parziali, la Agedi ha dato al­le stampe un testo di valore, “Alle radici del domani”, a cura di R. de Mattei, E. Nistri, M. Viglione e R. Ronza: inizio, si può sperare, di una nuova fioritura di studi più liberi e più onesti.