sulla proposta di liberalizzazione delle droghe. Il punto di vista della Società Italiana di Farmacologia (SIF)

Sif_farmacologiaCristianità n. 247-248 (1995).

Documento trascritto da SIF Notizie. Periodico della Società Italiana di Farmacologia, anno X, numero 1, settembre 1995, pp. 25-27, dove è comparso con il titolo Il punto di vista della Società Italiana di Farmacologia (SIF) sulla proposta di liberalizzazione delle “Droghe leggere” (Proposta di legge d’iniziativa del Deputato Corleone, presentata il 20 luglio 1994).

Giancarlo Pepeu

Ordinario di Farmacologia, Università di Firenze,
Presidente dellaSocietà Italiana di Farmacologia

Firenze, 3 Giugno 1995

Questo documento è stato preparato sentita l’opinione, espressa mediante brevi e documentati scritti, dei soci: Mario Babbini, Ordinario di Farmacologia, Università di Bologna; Vincenzo Cuomo, Ordinario di Farmacologia, Università di Bari, Consigliere della SIF; Pier Francesco Mannaioni, Ordinario di Tossicologia, Università di Firenze, Presidente della Società Italiana di Tossicologia; Paolo Nencini, Straordinario di Farmacologia, Università “La Sapienza”, Roma; Enrico Tempesta, Associato di Neuropsicofarmacologia, Università Cattolica di Roma.

Essi sono stati interpellati per la loro specifica competenza scientifica nel campo delle tossicomanie. In questo documento sono presi in esame esclusivamente gli aspetti di natura farmacologica e medica connessi con una eventuale liberalizzazione delle “droghe leggere”. I problemi di natura psicologica, sociale, etica e gli aspetti di natura legale e giudiziaria sono lasciati alla specifica competenza di esperti di altre discipline.

Definizione del termine di “droghe leggere”

Si tratta di un termine impreciso attribuito alle droghe che dovrebbero indurre minore tossicodipendenza o tossicomania delle cosiddette “droghe pesanti” quali l’eroina. Tossicodipendenza è qui definita, da un punto di vista medico-clinico, come l’uso compulsivo di sostanze dovuto alla necessità di evitare i disturbi psicofisici dell’astinenza ed associato ad una serie di alterazioni patologiche derivanti dall’esposizione cronica ad alte dosi delle sostanze stesse e dei loro contaminanti. Sulla base di questa definizione i farmaci e le sostanze psicoattive si dispongono secondo un continuum di efficacia per quanto riguarda la loro capacità di influenzare il comportamento di assunzione.

Sebbene teoricamente arbitraria, la suddivisione in “droghe pesanti” e “leggere” nell’ambito di tale continuum trova unanime consenso perché non è evidentemente possibile considerare alla stessa stregua eroina, caffeina, nicotina e marijuana. Va inoltre tenuto presente che il posizionamento delle singole sostanze di abuso in tale continuum non è dettato solo da valutazioni farmaco-tossicologiche ma è fortemente condizionato da fattori di ordine culturale. Infatti l’uso di sostanze fortemente tossicomanigene come l’alcool e la nicotina è permesso mentre i derivati delle Cannabis conservano la definizione di droga.

Nel caso specifico della Proposta di Legge di liberalizzazione delle “droghe leggere”, il termine è riservato alla Cannabis e ai suoi derivati e pertanto questo documento esaminerà e riassumerà esclusivamente gli effetti farmacologici e tossicologici di queste sostanze.

La Cannabis sativa (l’aggettivo indica va riservato solo alla varietà coltivata in India) è una pianta coltivata da millenni per ottenere fibre tessili e per le sostanze psicoattive che contiene, è originaria dell’Asia Centrale ed è oggi largamente diffusa nei paesi caldi e temperati.

Alle caratteristiche botaniche della pianta, la natura delle sostanze chimiche in essa contenute e alle loro proprietà farmacologiche e tossicologiche è stata dedicata una estesa letteratura alla quale rinviamo e della quale qui citiamo solo alcune rassegne (Nahas, 1973; Andreoli et al., 1974; Paton, 1975; Jones, 1983; Hollister, 1986; Martin, 1995).

La Cannabis è consumata sotto forma di Marijuana preparata con le infiorescenze e foglie seccate, hashish che consiste nella resina seccata secreta dalla pianta e olio di Cannabis estratto dalla resina mediante solventi organici. Il principale principio attivo contenuto nella Cannabis e nelle sue preparazioni è il delta-9-tetraidrocannabinolo (D9-THC) isolato nel 1965 e presente in misura molto diversa nelle preparazioni ottenute dalla Cannabis.

Esso è rapidamente inattivato dall’esposizione all’ossigeno, alla luce, l’umidità e le temperature elevate. Inoltre nella Cannabis sono presenti almeno altre 400 sostanze attive di cui circa 60 correlate al D9-THC con il quale interagiscono potenziandone o attenuandone gli effetti. Pertanto qualsiasi regolamentazione dell’uso della Cannabis e dei suoi derivati dovrebbe tenere conto delle grandi differenze nella quantità e qualità dei cannabinoidi attivi che sono contenuti nelle diverse preparazioni di Cannabis e che dipendono dalla varietà della pianta, dal luogo di coltivazione, dal tempo di raccolta, dalle modalità di conservazione.

Se alla variabilità nel contenuto in sostanze attive si aggiunge quella dei numerosi prodotti di pirolisi, generati quando l’erba o i suoi prodotti sono fumati, si possono comprendere le grandi disparità di effetto osservate fra i fumatori.

Tolleranza e dipendenza fisica

Tutti gli autori sono concordi nell’affermare che tolleranza (1) e dipendenza fisica alla Cannabis si sviluppano nei consumatori cronici di alte dosi (vedi Cox et al., 1983; Mendelsohn, 1987). La dose di D9-THC sufficiente a indurre dipendenza è di 3.2 mg/Kg al giorno per 3 settimane consecutive. Si tenga presente che il fumare 30 g di marijuana di buona qualità causa l’ingestione di circa 15 mg di D9-THC (Bühringer et al., 1994).

Si osserva una tolleranza agli effetti cardiovascolari, psicomotori e sui processi cognitivi. Quantità maggiori devono essere assunte per ottenere gli effetti psicoattivi desiderati e la sospensione della assunzione è seguita da una sindrome da astinenza di moderata intensità, caratterizzata da disturbi del sonno, irritabilità, perdita dell’appetito e dimagrimento, ansia, sudorazione e disturbi gastrici. Possono comparire brividi, febbre e tremori. La sintomatologia scompare in meno di una settimana. Tuttavia con l’uso cronico di piccole dosi la tolleranza è limitata alle funzioni psicomotorie, richiede un modesto aumento di dose e sintomi da astinenza sono osservati solo occasionalmente (Bühringer et al., 1994).

La dipendenza psichica compare nei fumatori regolari e frequenti e si manifesta in un desiderio (craving) persistente per gli effetti psichici della Cannabis che acquista un ruolo centrale nella vita tanto che la sua mancanza causa ansia e talvolta senso di panico.

In conclusione è dimostrato che la Cannabis è una sostanza che induce tossicomania anche se la sua frequenza è limitata e la sindrome da astinenza è di modesta gravità. Ciò è dovuto al fatto che scarsa tolleranza si sviluppa se le dosi sono piccole e non frequenti e l’esposizione al farmaco è di breve durata. Tolleranza si sviluppa chiaramente quando gli individui sono esposti ad alte dosi per un prolungato periodo di tempo (Abood e Martin, 1992)

La dimostrazione che nel cervello sia umano che degli animali da esperimento sono presenti recettori specifici per il D9-THC (Watson e Girdlestone, 1995) fornisce una base neurobiologica non solo alle azioni della Cannabis ma spiega la possibilità di insorgenza di tossicomania in quanto è presumibile che l’uso cronico della Cannabis induca quelle modificazioni adattative recettoriali, osservate nel caso degli oppioidi, della nicotina, delle benzodiazepine e di altre sostanze, che sono responsabili del processo di tolleranza e dipendenza.

Effetti sul Sistema Nervoso Centrale

Effetti sul comportamento indotti da consumo saltuario e moderato

La dimostrazione che nel cervello sia umano che degli animali da esperimento sono presenti recettori specifici per il D9-THC (Watson e Girdlestone, 1995) fornisce una base neurobiologica non solo alle azioni della Cannabis ma spiega la possibilità di insorgenza di tossicomania in quanto è presumibile che l’uso cronico della Cannabis induca quelle modificazioni adattative recettoriali, osservate nel caso degli oppioidi, della nicotina, delle benzodiazepine e di altre sostanze, che sono responsabili del processo di tolleranza e dipendenza.

Fumare una piccola e moderata dose di Cannabis (circa 5 mg di D9-THC) può produrre un senso soggettivo di benessere, con rilassamento, sonnolenza, lievi alterazioni della percezione, alterazione del senso del tempo e della distanza, deficit della memoria recente, alterata coordinazione motoria, particolarmente nel caso di complesse risposte psicomotorie.

L’effetto inizia immediatamente e dura due o tre ore dopo una singola sigaretta, è più lungo e di maggior durata dopo assunzione orale. Tuttavia non è raro che singole assunzioni possano indurre ansia, panico, stati paranoidi e reazioni disforiche (2) caratterizzate da disorientamento, immobilità similcatatonica, condizioni di ansia e sedazione. Questi sintomi negativi sono causati da alte dosi, insorgono più facilmente in consumatori inesperti, più anziani e posti in un contesto ambientale non favorevole.

Per la maggior parte dei consumatori di Cannabis le conseguenze di una saltuaria assunzione non sono più gravi, da un punto di vista comportamentale e psicologico, di quelle indotte da un’abbondante bevuta di vino o birra, a meno che la persona intossicata non cerchi di guidare una macchina o debba eseguire dei compiti impegnativi dal punto di vista intellettuale o psicomotorio.

Effetti psichiatrici dovuti a assunzione cronica

Nei consumatori abituali di Cannabis è abbastanza comune l’instaurarsi della così detta sindrome amotivazionale, caratterizzata da apatia, indifferenza affettiva, mancanza di interesse per il futuro, per i rapporti sociali e per il lavoro. Questa sindrome tende a migliorare dopo alcune settimane di interruzione dell’assunzione di Cannabis.

Una psicosi acuta indotta dall’uso frequente, giornaliero di Cannabis è stata ripetutamente descritta attraverso gli anni e in molti paesi, soprattutto nel Medio Oriente e Sud Est Asiatico dove l’uso di alte dosi di Cannabis è più frequente. La sua durata va da pochi giorni a 4 o 5 settimane ed è caratterizzata da confusione mentale, perdita della memoria, delirio, comportamento regressivo. Pazienti con una storia clinica di schizofrenia sembrano sviluppare psicosi acute anche dopo un uso molto limitato di Cannabis.

Effetti sul sistema cardiovascolare e respiratorio

Uno dei più costanti effetti indotti dall’assunzione di Cannabis è la tachicardia, spesso accompagnata da ipotensione posturale. L’assunzione cronica porta ad un aumento del volume plasmatico il cui meccanismo è ancora oscuro. L’aumento del lavoro cardiaco rappresenta un rischio in pazienti con una patologia cardiovascolare ma l’incidenza del rischio è difficile da valutare in quanto i consumatori di Cannabis sono prevalentemente giovani.

L’opinione corrente è che l’importanza degli effetti cardiovascolari della Cannabis non sia maggiore di quella della nicotina assunta con il fumo di tabacco ma mancano informazioni allo stato attuale sulle conseguenze cardiovascolari del suo uso prolungato.

I disturbi respiratori indotti dal fumare cronicamente Cannabis sono simili a quelli del fumo da tabacco. Il fumo prodotto dalla Cannabis contiene un elevato numero di sostanze, prodotte per pirolisi, molte delle quali, ad esempio gli idrocarburi, sono le stesse presenti nel fumo da tabacco e sono considerate responsabili della bronchite cronica, disturbi ostruttivi delle vie respiratorie e neoplasie polmonari.

Rinite e tosse cronica sono sintomi comuni nei fumatori abituali di Cannabis. Va inoltre tenuto presente che il benzopirene è presente in misura più abbondante nel fumo da Cannabis che in quello del tabacco e il modo di fumare la Cannabis fa depositare una quantità di catrame nei polmoni superiore a quella depositata dal fumo di tabacco.

Tossicità cellulare, carcinogeneticità ed effetti sul sistema immunitario

Cannabis e cannabinoidi hanno effetti mutageni e carcinogenetici dimostrati con i comuni test in vitro. Il significato clinico di questi effetti non è stato definito e nell’uomo non sono stati dimostrati effetti mutageni o anormalità citogenetiche attribuibili sicuramente alla Cannabis. Tuttavia se simili effetti in vitro fossero ottenuti con una molecola di potenziale interesse terapeutico, le autorità sanitarie avrebbero giustificate riserve nel permettere l’uso della sostanza in terapia e richiederebbero una accurata valutazione del rapporto rischio/beneficio.

È stato ripetutamente dimostrato che i cannabinoidi hanno un lieve e transitorio effetto immunosoppressivo a carico dell’immunità cellulo-mediata dimostrabile anche nell’uomo (Gupta et al., 1974; Vachon, 1976). Il termine lieve è usato in confronto all’effetto dei farmaci immunosoppressivi noti quali il metotrexato o la ciclosporina ma non diminuisce la sua importanza soprattutto in individui predisposti e le cui condizioni di vita e comportamenti sociali li espongono al contagio da HIV.

Gli effetti riassunti in questo paragrafo offrono una possibile spiegazione biologica alla notizia recentemente riportata sui giornali di informazione che la Cannabis possa essere una delle cause dell’aumentata incidenza dei tumori tra i trentenni e quarantenni (Corriere della Sera, 24 maggio 1995).

Teratogenicità e difetti congeniti

La Cannabis ha effetti teratogeni (3) ad alte dosi in alcune specie animali ma non vi sono dimostrazioni di chiari effetti teratogeni nell’uomo. Tuttavia, come descritto per altri farmaci psicoattivi, sono state descritte alterazioni comportamentali nei bambini nati da madri che hanno usato Cannabis durante la gravidanza.

Conclusioni

Questa rassegna dei principali effetti farmacologici e tossicologici della Cannabis non vuole essere esauriente e tralascia effetti endocrini, sulla riproduzione e intestinali. Essa ha lo scopo di elencare e descrivere brevemente quelle azioni della Cannabis nell’uomo che rendono complesso e difficile, da un punto di vista medico, il problema della liberalizzazione della Cannabis.

Infatti, se da un lato non vi è dubbio che il rischio di tossicomania della Cannabis è ridotto, certamente non superiore a quello dell’alcool e della nicotina, una larga diffusione dell’uso della Cannabis allargherebbe le dimensioni di quella patologia cardiovascolare e respiratoria che già rappresenta un problema sanitario con il fumo del tabacco e che le autorità sanitarie cercano di ridurre limitandone l’uso.

È prevedibile che la diffusione della Cannabis porti alle seguenti conseguenze:

1) Aumento del numero di incidenti stradali durante l’intossicazione acuta;

2) Aumento di casi di psicosi in soggetti normali ma soprattutto in pazienti mentali;

3) Aumento di patologie a carico dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio nei fumatori cronici;

4) Aumento dei casi di sindrome amotivazionale nei giovani con conseguenze personali, familiari e sociali;

5) Aumento del rischio di patologie infettive, tumorali, di alterazione delle funzioni riproduttive e di disturbi nello sviluppo postnatale.

La possibilità che la Cannabis causi questi problemi medici non può essere disconosciuta, come abbiamo documentato, e il loro costo va attentamente valutato dal legislatore che intenda liberalizzare l’uso della Cannabis e confrontato con i benefici ottenuti dal togliere il commercio della Cannabis alla malavita organizzata e attenuare le conseguenze per l’ordine pubblico e giudiziarie dell’attuale sistema.

D’altra parte queste ultime, soprattutto per i più giovani, potrebbero essere attenuate con una riduzione delle pene e parziale decriminalizzazione del consumo di Cannabis. Il sostenere che la maggior parte dei problemi medici che abbiamo elencato sono simili a quelli dell’alcool, che è legale, non è una giustificazione perché, senza arrivare ad un proibizionismo impensabile nella nostra cultura, anche l’uso dell’alcool andrebbe meglio regolamentato.

Ugualmente il sostenere che i problemi medici elencati già esistono nella società perché la Cannabis è già usata da molti, soprattutto giovani, significa non tenere conto che, per quanto esteso, l’uso della Cannabis nel mondo occidentale ha sempre incontrato le remore della sua illegalità. È difficile prevedere quale estensione assumerebbe nel caso di una liberalizzazione e quale prevalenza avrebbero sia i fenomeni di intossicazione acuta che gli effetti cronici.

Pertanto, valutando le informazioni farmacologiche, tossicologiche e mediche oggi disponibili, il parere della SIF sulla liberalizzazione dell’uso della Cannabis è negativo

Note

(1) Tolleranza: capacità di tollerare quanto in sé è o può essere pericoloso o dannoso (ndr). capacità di tollerare quanto in sé è o può essere pericoloso o dannoso (ndr).

(2) Disforico: relativo ad alterazione nettamente patologica dell’umore sia nel senso di una depressione che di una eccitazione (ndr).

(3) Teratogenicità: capacità di produrre mostruosità o malformazioni embrionali (ndr).

Bibliografia

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