Strana testimonial la Nobel keniota che piace ad alcuni cattolici

Wangari Maathai il Domenicale numero 5 , sabato 3 febbraio 2007

di Antonio Gaspari

E’ intollerante contro gli indiani,  è convinta che l’occidente ha prodotto il virus dell’AIDS in laboratorio, sostiene la mutilazione femminile, è parte di un piano per cambiare la Bibbia e sostituire i dieci comandamenti con un decalogo in favore della Madre Terra, eppure gode di un grande credito in una parte del mondo cattolico. Stiamo parlando di Wangari Maathai, ecologista keniota, premio Nobel per la Pace 2004, che sarebbe stata invitata all’Assemblea Generale della Caritas Internationalis che si svolgerà a giugno a Roma.

La Wangari Maathai si presentò come candidata alle elezioni presidenziali del Kenya nel 1997. In quell’occasione condusse una campagna elettorale in cui sostenne la necessità di scacciare dal Kenya le persone originarie del subcontinente indiano. A questo proposito Elisabetta Rasy ha scritto sul Magazine del Corriere della Sera  (n.1, 6 gennaio 2005, pag.68) che i toni della campagna erano «qualcosa di non lontano dell’idea della pulizia etnica».

Ma ancora più grave sembra il sostegno esplicito della Maathai alla pratica della mutilazione sessuale femminile (clitoridectomia).

Si calcola che in Africa siano almeno cento milioni le donne che hanno subito mutilazioni sessuali. E la tribù di origine della Maathai, i Kibuyu, sono fortemente favorevoli a tale pratica.

E’ sempre Elisabetta Rasy a riportare che «secondo alcuni giornali europei» la Mathaai avrebbe dichiarato in proposito. «L’escissione è il cuore della nostra identità, tutti i nostri valori sono costruiti attorno a questa pratica».

In merito alle questioni ambientali la Wangari Maathai ha delle idee piuttosto originali.

Secondo quanto riportato dall’associazione pro vita statunitense C-Fam, (volume 2, numero 3, 30 ottobre 19918) la Maathai era tra i relatori di un incontro dell’United Nations Environment Programme (UNEP) in cui si discusse di come proporre una nuova religiosità universale di tipo panteista alternativo alla visione giudaico cristiana del creato.

L’incontro dal titolo Religion and Ecology: Discovering the Common Grounds. ebbe luogo a New York il 20 e 21 ottobre, era parte del progetto per stilare la “Carta della Terra”, che avrebbe dovuto sostituire la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

In quell’occasione Mary Ellen Tucker, docente di religione all’Università di Bucknell spiegò che «L’obiettivo della conferenza è quello di un revisionismo creativo per una mutua e solida relazione tra l’uomo e la terra, ben lontana dalla concezione ortodossa e monoteistica, che mette l’uomo al centro della creazione».

«Se le religioni hanno tradizionalmente indicato nell’uomo la riflessione del divino – spiegò la Tucker- la sfida attuale è quella di esplorare un rapporto più completo tra il divino, l’uomo e la terra». La Tucker identificò le grandi religioni monoteistiche come quelle che hanno sminuito il valore della natura. «Nella maggior parte del mondo – affermò- la visione associata con la tradizione Abramitica del giudaismo, del cristianesimo e dell’islam, ha sviluppato una moralità dominante centrata sull’uomo. A causa di questa visione del mondo esageratamente antropocentrica, la natura è stata vista come un essere di secondaria importanza».

Nel suo intervento la  Wangari Maathai, affermò che «La Carta della Terra è una lista di nuovi comandamenti» ed aggiunse: «è come riscrivere la Bibbia».

A proposito della Carta della Terra il professor Michael Schooyans professore emerito dell’Università di Lovanio (Belgio), autore di molte opere sulle politiche demografiche mondiali e sulle istituzioni internazionali, nonché membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha dichiarato ad Avvenire (19 marzo 2005) che si tratta di «un progetto anti-umanista, panteista e pagano».