Politica estera: l’agenda del governo Prodi

Prodi_UnioneCorrispondenza romana n.946
2 giugno 2006

Nell’agenda estera del nuovo governo italiano, il rilancio dell’Europa e, in particolare, della Costituzione europea, è tra i principali obiettivi. Si tratta di un punto apparentemente condiviso anche dall’opposizione, ma più complesso di quanto possa apparire.

Le concezioni dell’Europa sono infatti diverse. Si può immaginarla come un grande spazio economico dall’identità politica debole o, al contrario, concepirla come un forte soggetto politico sulla scena mondiale. La linea del governo è la stessa delineata da Joshka Fischer nel famoso discorso del 12 maggio 2000 all’Università Humboldt di Berlino. Un’Europa che passi dalla dimensione economica a quella politica, abbandonando, o meglio superando, la linea “funzionalista” di Jean Monnet, per recuperare la linea federalista di Altiero Spinelli, reinterpretata secondo le categorie di Juergen Habermas.

Qual è, in questa prospettiva, il rapporto con gli Usa, dove il ministro D’Alema si appresta a sbarcare? Le strade possibili sono convenzionalmente definite la via “occidentale” e la via “europea”.

La via “occidentale”, ha il suo pilastro in un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti a cui l’Europa è unita da interessi ma, soprattutto, da valori comuni. I valori che uniscono le due sponde dell’Atlantico sono quelli della libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo, che affondano le loro radici nella tradizione classica e cristiana dell’Occidente. È la tesi della Magna Europa, che abbraccia le due sponde dell’Atlantico. In questo senso, si può parlare di un patriottismo occidentale chiamato a opporsi al terrorismo e ai nemici della civiltà euroamericana. La seconda via, quella “europea”, si propone di definire l’identità dell’Europa attraverso la distinzione politica e culturale con gli Stati Uniti.

Charles Kupchan, nel suo libro La fine dell’era americana, in cui sostiene che l’Occidente sarebbe destinato a dividersi in due metà, Europa e Stati Uniti, in competizione tra di loro, ha dato un supporto a questa linea che vuole contrapporre il modello politico e culturale europeo a quello americano.

D’Alema e Prodi hanno imboccato la seconda via, quella “europea”. Una strada che passa attraverso il recupero di un rapporto privilegiato con la Germania, il Paese che, con l’Italia, ha la tradizione europeista più forte, ma anche il Paese che ha teorizzato il Verfassungspatriotismus, il patriottismo costituzionale. Il pa-triottismo costituzionale europeo non ha niente a che vedere con quello americano.

Il patriottismo europeo infatti, a differenza di quello americano, non si fonda sull’appartenenza ad un’identità storica, culturale o territoriale, ma su un sistema di valori astratti, sull’idea di una Costituzione senza Stato, senza storia e senza radici: una Costituzione ancorata ad uno spazio giuridico che si sostituisce allo spazio territoriale su cui si fondava lo Jus gentium westfaliano.

L’Europa diventa, più che un soggetto politico, un soggetto giuridico: la voce del diritto che si contrappone alla voce della forza, rappresentata dagli Stati Uniti. Occorre notare però, in primo luogo, che i diritti di cui si parla non sono quelli definiti dalla Dichiarazione americana del 1776 o da quella dell’ONU del 1948, e tanto meno quelli classici, fondati sulla legge naturale, a cui così spesso richiama Benedetto XVI; sono invece una “rete” di nuovi diritti, in continua evoluzione, fondati sulla pura autoderminazione degli individui e dei gruppi, ovvero sulle sabbie mobili del relativismo. In secondo luogo, se è vero che la forza senza il diritto è inumana, è anche vero che il diritto senza la forza non solo è inefficace, ma è ipocrita. E l’ipocrisia vela spesso le peggiori ingiustizie. È questa la strada che imboccherà il nuovo governo? (CR 946/01 del 2/06/06)