
Ritorno a casa dopo tre settimane di ospedale e due operazioni chirurgiche, una prevista ed una improvvisa. Non è molto tempo: cosa dovrebbe essere cambiato? Eppure, tutto è andato avanti, indifferente alla mia assenza; questa è la sensazione. provata con curiosità e con una punta (non più di una punta) di dolore.
Non dico del mondo esterno “grande”, la città, l’Italia, l’Europa, il pianeta. Quello è di per sé ‑ ci siamo abituati ‑ un mondo che va sempre avanti indipendentemente da noi. Anche nella cameretta d’ospedale, del resto, mi giungevano dalla televisione, peraltro raramente accesa, le notizie sulla borsa di Tokyo, sul cambio della lira, sulla Cecenia e sulla Somalia. Ho perfino votato, a letto, e seguito, un po’ distrattamente, l’andamento dello spoglio dei voti. E il tempo per la lettura dei giornali non mancava, anzi; mai ne avevo letti cosi tanti, e così attentamente, quasi accanitamente, come a voler mantenere, per loro mezzo, un rapporto con l’esterno, al di là dei vialetti ospedalieri panorama della mia finestra.
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