Alla quercia di Mamre 14 ottobre 2015
La macchina governativa ha accelerato, con un certo disagio e stupore, l’approvazione del nuovo ddl sulle unioni civili che prevede la “stepchild adoption”, e di conseguenza l’apertura della pratica dell’utero in affitto, come nel precedente documento legislativo presentato dalla Cirinnà. Da dove nasce questa priorità assoluta?
E’ una domanda che andrebbe rivolta a chi preme da anni perché si giunga a questo risultato. La priorità è esclusivamente di natura ideologica, come affermano i sostenitori del ddl. Scrive l’on. Paola Concia – fonte insospettabile -, su Il Foglio del 7 luglio scorso:“(…) la legge contiene una piccola, per il momento necessaria, ipocrisia: è infatti una legge che di fatto introduce il matrimonio tra cittadini dello stesso sesso, ma senza dichiararlo esplicitamente (…). La legge adesso in discussione nel nostro Parlamento, che assomiglia alla legge in vigore in Germania, e ad altre leggi approvate in Francia, in Inghilterra e in Belgio, può essere considerata una specie di ‘cuscinetto’, un ponte: serve cioè a far capire che due persone dello stesso sesso possono essere benissimo considerate una famiglia. Una volta sperimentato che le unioni omosessuali (…) sono ‘famiglia’ (..) poi queste unioni vengono chiamate ‘matrimonio’, com’è accaduto in Inghilterra o in America per intervento della Corte suprema, vengono cioè equiparate anche sotto il profilo nominalistico. E si risolve così l’ipocrisia.”
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