Le Quote Rosa mancanti

aborto_selettivoIl Foglio 30 novembre 2005

Duecento milioni di femmine in meno, ma che fatica dire: la causa principale è l’aborto. Le gigantesche previsioni del più importante demografo francese e i piccoli giuramenti abortisti dell’italiano Boselli

Si può dire tutto, ma dire aborto è più difficile. Si può dire “genocidio nascosto”, come ha fatto ieri il Corriere della Sera riportando il rapporto di Ginevra sul “massacro di Eva”, cioè il racconto freddo e documentato della sparizione di duecento milioni di donne, ma mettere la parola strage accanto all’interruzione di gravidanza, all’uccisione lucida di feti femmine come moderno e chirurgico olocausto misogino fa troppo orrore. Meglio prostituzione, infibulazione, meglio omicidio e stupro. Eugenetica, no.

Ma le parole di Amartya Sen, premio Nobel per l’economia, non sono cancellabili, per quanto imbarazzanti: “Almeno sessanta milioni di bambine sono state cancellate in seguito a infanticidi o aborti selettivi di feti femmine, resi possibili dai progressi tecnologici”.

I progressi tecnologici non sono poi chissà cosa, escluse le diagnosi preimpianto sulle nascite in provetta: sono le ecografie prenatali e le amniocentesi, sono i soliti aborti, solo che in posti come l’India e la Cina i soliti aborti si possono anche forzare, imporre con le mani di un medico che guarda una donna urlare su un lettino. Una bambina non è una vita, una bambina è meno di niente, e allora la si può ammazzare magari al nono mese di gravidanza, una siringa in fronte mentre si sta affacciando sul mondo, poi nel cestino della spazzatura e la prossima volta starai più attenta, la prossima volta farai un maschio. Succede così, e lo sanno tutti.

Il rapporto del Centro per il controllo democratico delle forze armate di Ginevra non è, come scrive il Corriere della Sera, il primo che racconta la tenebrosa rassegnazione dello “sterminio di massa più spaventoso e drammatico della storia”.

Dalla tribuna della fantastica laïcité républicaine, il Monde, il più autorevole demografo francese, Jean-Claude Chesnais, ha spiegato le stesse cose, senza paura di dire aborto: mancano cinquanta milioni di donne all’appello demografico, ha detto, e fra vent’anni ne mancheranno duecento milioni perché l’interruzione di gravidanza contro le bambine ha dimensioni immense. Era il quattordici novembre, ne ha parlato solo il Foglio: “In paesi come l’India e la Cina o la Corea del Sud, macchinari portatili per le ecografie permettono, nei villaggi, di selezionare i feti maschili. Gli aborti illegali sono ancora molto diffusi.

Questo risponde in parte a motivazioni religiose in parte economiche”, ha detto Chesnais intervistato dal Monde. Macchinari portatili per le ecografie in villaggi dove l’aspirina è un lusso, e in India candide dichiarazioni di madri nemmeno più disperate: una diciottenne ha strangolato le sue prime due figlie e abortito le altre tre, “Ucciderò anche le altre se nasceranno femmine”. Non fantasie, ma documentazioni dell’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di demografia. Non allarmismi, ma numeri.

Come ha scritto Chesnais in un libro di ormai dieci anni fa, “Il crepuscolo dell’Occidente” (edizioni Laffont), “la demografia, attraverso i numeri, racconta la grande avventura dell’umanità”. E questa nuova avventura racconta lo sterminio delle femmine, racconta “una società eugenista che desidera bambini di buon livello intellettuale”, racconta un formidabile decremento di fecondità occidentale accompagnato da un’altrettanto formidabile “islamizzazione, africanizzazione e arabizzazione: questo movimento storico è ineluttabile”, scriveva Chesnais dieci anni fa, “ed è la questione che dominerà le relazioni internazionali dei prossimi decenni”.

La sconvolgente metamorfosi demografica

Sono le quote rosa mancanti, duecento milioni di femmine in meno, sono le “violenze di genere” che massacrano le donne, come ha scritto anche Dacia Maraini. Ma è molto più, purtroppo, delle violenze domestiche, delle discriminazioni pesanti, dei ferri da stiro in faccia, della mancanza di diritti. E’ l’eliminazione culturale che diventa realtà, è la negazione della nascita: abortire donne per poter essere donne, per sopravvivere. In Cina nelle pozzanghere delle campagne si può inciampare in neonate gettate via, come i piccioni morti per le strade, schiacciati dalle macchine.

I passanti non se ne accorgono nemmeno, le madri non sono più abituate a pensare a loro come vita umana, e poi non hanno alternative. In Cina si abortisce fino alla ventesima settimana (quinto mese) in modo assolutamente legale e discrezionale, poi anche con la forza. Secondo l’Us Census Bureau, nel 1985 erano già stati praticati cento milioni di interventi forzati, tra sterilizzazioni e aborti, e un’inchiesta di Time Magazine di circa due mesi fa ha raccontato sterilizzazioni di routine nel 2005, e aborti selettivi al nono mese. Quelli ufficialmente banditi dopo la fine sbandierata della politica del figlio unico – e comunque la pianificazione familiare continua a essere imposta dalla Costituzione cinese.

L’India invece è diventata il paese con la percentuale più bassa di donne al mondo, in soli due anni (tra il 1996 e il 1998) si sono registrati dai 51 mila ai 62 mila aborti selettivi. Il premier indiano è arrivato a fare la pubblica denuncia degli omicidi privati, aborti che costano solo 44 dollari e avvengono dopo che il test degli ultrasuoni ha stabilito che il feto è sano ma non è maschio, quindi è il nulla: “L’aborto selettivo è un crimine inaccettabile: dobbiamo impedire che si faccia un cattivo uso delle tecnologie mediche più avanzate e che si aggravi un fenomeno che ha già raggiunto proporzioni allarmanti, creando enormi squilibri a livello demografico per il nostro paese”.

Dicono che è un’emergenza nazionale, ma i padri ancora strangolano mogli e figlie, e le femministe indiane si battono ora non per l’aborto, ma per una possibilità di vita.

Non sono segreti, ma sembrano cose lontane. Milioni di femmine in meno, è terribile ma qui non succederà mai. Nessuno spazio per un bambino non perfetto, qui non è così. A Jean-Claude Chesnais è stato chiesto, sul Monde, se questa tendenza all’iperselezione potrà mai tentare l’occidente. Lui ha risposto che l’iperselezione è già una realtà. “Noi abbiamo un passato eugenista. La tecnica tende a dirigere i cambiamenti della mentalità e a riposizionare i limiti della morale.

L’arrivo della pillola ha determinato un calo del desiderio di figli nelle femmine occidentali. E quando l’aborto è divenuto più facile vi si è più largamente ricorso”. In Francia e in Inghilterra, del resto, gli aborti non sono diminuiti dalla metà degli anni Settanta, duecentomila all’anno. Continua Chesnais: “Le nuove tecniche d’osservazione intrauterina permettono di controllare le malattie, le malformazioni e le imperfezioni.

Soprattutto con la fecondazione artificiale. Se aveste detto nel 1940 che avreste trasportato queste tecniche dall’animale all’uomo, sarebbe stato considerato immorale. Invece ormai è una banalità, e la selezione dei donatori è sempre più forte. Sono convinto che la mondializzazione ci porterà a classificare ancora di più gli individui secondo dei criteri di qualità”.

Cioè a cercare bambini perfetti (nel momento perfetto), che significa escludere gli altri, eliminarli prima, buttarli via con un sospiro. Già dieci anni fa, in un capitolo intitolato “Le cause della metamorfosi demografica”, Chesnais scriveva che “la diffusione di tecniche antinatali più sicure (sterilizzazione, aborto per aspirazione, Ru486 eccetera) a partire dagli anni Sessanta è un elemento centrale… L’uomo ha perso la consapevolezza di essere mortale e si dimentica di riprodursi”. Chesnais prevede cambiamenti e migrazioni “sconvolgenti”, e sono previsioni lette sui numeri e su null’altro. Eugenetica antifemminile, eugenetica per il miglioramento della razza, pauperizzazione da invecchiamento.

Non è il bollettino della parrocchia, e nemmeno il rapporto di Ginevra lo è. Ma ieri in Italia si è sollecitato soltanto un nuovo giuramento abortista, come negli anni Settanta. Enrico Boselli ha chiesto all’Unione di prendere un impegno in caso di vittoria alle elezioni. Non un aiuto alle donne perché possano anche decidere di non abortire, nemmeno una promessa di attenzione forte contro l’eugenetica, non un passo verso la libertà, ma il giuramento che “non verrà toccata la legge 194, che ha portato l’Italia fuori dal Medioevo cancellando la terribile piaga dell’aborto clandestino”.

Boselli è molto preoccupato per un’interpretazione che ha dato alle parole dei vescovi (“vanno valorizzati quegli aspetti della 194 che si pongono sul versante… dell’aiuto alle donne in difficoltà”), si è convinto che questa sia “un’offensiva della Cei” contro la legge sull’aborto. In molti sono preoccupatissimi per parole mai pronunciate, quasi nessuno lo è per i numeri di questa sconvolgente metamorfosi demografica.