L’allarme degli intellettuali arabi

madrassaRubrica Insciallah Mondo e Missione
n.4 aprile 2006

«Lo scontro al quale assistiamo oggi nel mondo non è né scontro di religione né di civiltà. È lo scontro tra mentalità moderna e medievale, scontro tra civilizzazione e mondo primitivo, tra razionalità e barbarie, tra libertà e oppressione, democrazia e dittatura, tra diritti umani e la loro violazione, tra chi tratta la donna come un essere umano e chi la tratta come una bestia».

di Samir Khalil Samir

Mentre il mondo musulmano è dappertutto in ebollizione, meditando su come vendicarsi dalla grave «offesa» fatta dall’Occidente, e mentre l’Occidente fa il suo solito mea culpa e si domanda come riparare il gravo danno arrecato all’islam, numerosi intellettuali arabi reagiscono sui vari media facendo la critica del comportamento arabo-islamico.

Mi pare importante far sentire questa voce discreta, più che i gridi delle folle eccitate e ovviamente manipolate. Sono centinaia gli intellettuali arabi che si esprimono liberamente su Internet, criticando il comportamento dei loro governi e dei musulmani, in particolare degli islamici radicali. Lo fanno in arabo, inglese, francese… Vorrei dare voce a una donna, tra le tante, che parla e scrive con forza, chiarezza e soprattutto razionalità.

Wafa’ Sultan, nata in Siria, è dottore in psicologia, e vive a Los Angeles in California, ma lavora anche nel New York Medical College. È famosa per i suoi scritti in arabo (più di cinquanta articoli su www.annaqed.com ) e in inglese. Dice Wafa: «Il bambino americano impara dal primo anno la differenza tra “si” e “no”, e quando chiede ai genitori “vorrei questo” la risposta è: “si, e andremo domani per esemepio a comprarlo”, oppure “no, non possiamo permettercelo”.

Invece il bambino arabo sente dire “insciallah”, e non sa se questo significa “sì” o “no”. Ora, la religione è la fonte unica dell’educazione nei nostri Paesi, e non c’è un principio chiaro nell’islam che permetta di distinguere tra una cosa e il suo contrario, né nel Corano, né nella tradizione (sunnah), né nella teologia».

«Il Corano dice di uccidere chi non crede in Dio e nel Suo profeta (9,29), ma dice anche “O uomini… abbiamo fatto di voi popoli e tribù, affinché vi conosceste a vicenda” (49,13). Il secondo versetto sarà sempre citato in Occidente, il primo nel mondo arabo. Noi diciamo ciò che gli altri vogliono sentire. I musulmani, che sono un quinto o un sesto dell’umanità, dovrebbero uccidere tutti gli altri come ordina il loro Profeta (noto hadith), oppure affidare la loro sorte a Dio come dice il Corano 6,108?

Come farà la umma musulmana a reggere se non ha norme comuni? Chi di noi è capace di misurare l’abisso che c’è tra il Dio che dice “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei?” (Giov. 8,7) e quello che dice “Non aprirò le porte del paradiso se non a chi bussa con i crani degli uomini”? (hadith). Ancora, ogni musulmano sa che il Profeta, quando aveva 54 anni, ha sposato ‘A’isha che ne aveva 9; ma nessuno osa chiedere “Com’è possibile?”».

In un dibattito avvenuto su Al-Jazeera il 26 luglio 2005 Wafa fece la domanda: «Perché un giovane musulmano, nel pieno della giovinezza, va a farsi saltare in area? E perché lo fa in un bus pieno d’innocenti passeggeri? Non era nato terrorista e non lo è diventato in una notte. È l’insegnamento islamico che l’ha reso terrorista, è l’ideologia islamica, perché è l’unica fonte di educazione nei nostri Paesi e non permette ad altre fonti, intendo le fonti scientifiche, di giocare il loro ruolo. È quest’insegnamento che ha deformato il giovane, uccidendo la sua umanità, e non il terrorista che ha deformato l’insegnamento religioso, male interpretandolo, come pretendono alcuni ignoranti!»

«Quando si ripete a un ragazzo, dalla sua infanzia, il versetto: “La ricompensa di coloro che fanno la guerra a Dio e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti” (Corano 5,33), qualunque sia l’interpretazione di questo versetto, è stato fatto il primo passo verso la creazione d’un terrorista… La violenza commessa in nome di Dio è la peggiore».

Recentemente, in un dibattito su Al-Jazeera il 26 febbraio scorso, chiariva la sua posizione: «Lo scontro al quale assistiamo oggi nel mondo non è né scontro di religione né di civiltà. È lo scontro tra mentalità moderna e medievale, scontro tra civilizzazione e mondo primitivo, tra razionalità e barbarie, tra libertà e oppressione, democrazia e dittatura, tra diritti umani e la loro violazione, tra chi tratta la donna come un essere umano e chi la tratta come una bestia».

E l’intervistatore: «È uno scontro tra la cultura occidentale e l’arretratezza dell’ignoranza dei musulmani?». «Sì, è così ». Wafa è stata giudicata apostata e atea (mulhida).