Corrispondenza Romana 22 Ottobre 2025
Il 13 giugno scorso, nel suo primo Concistoro Ordinario Pubblico, Leone XIV ha stabilito che la canonizzazione dei primi due santi del Venezuela, “il medico dei poveri” José Gregorio Hernández Cisneros (1864-1919) e la fondatrice della congregazione delle Serve di Gesù suor María Carmen Rendiles Martínez (1903-1977), fosse celebrata a San Pietro il 19 ottobre 2025, assieme a quella di altri cinque beati (tre dei quali laici).
Domenica 19 ottobre, dunque, davanti a 70 mila persone giunte da tutto il mondo, il Santo Padre ha celebrato la Messa sul sagrato della Basilica di San Pietro innalzando all’onore degli Altari sette nuovi testimoni della Fede, raffigurati nei drappi appesi alla Basilica vaticana. Sul sagrato della Basilica sono presenti anche preziose reliquie dei nuovi santi, accompagnate dall’immagine della Madre del Buon Consiglio, cui Papa Prevost è molto devoto.
Nelle stesse ore della celebrazione il Venezuela schierava migliaia di militari al confine con la Colombia, dopo che gli Stati Uniti di Trump hanno autorizzato la Cia a svolgere operazioni contro il dittatore comunista di Caracas Nicolás Maduro, accusato di essere coinvolto in traffici internazionali di stupefacenti. Le manovre del Venezuela di Maduro, in risposta all’invio di navi da guerra statunitensi nei Caraibi, hanno coinvolto circa 17.000 soldati e, naturalmente, nessun rappresentante della dittatura ha preso parte alla celebrazione in piazza San Pietro. Tanto più che, negli scorsi giorni, per voce del ministro dell’Interno Diosdado Cabello, i Vescovi del Paese latino-americano erano stati definiti «avvoltoi vestiti da prete» per aver chiesto la liberazione dei detenuti politici in vista delle canonizzazioni.
Il riconoscimento da parte della Chiesa dei primi due santi del Venezuela, quindi, costituisce nell’attuale contesto storico-politico «un evento di fede e di identità nazionale», ha affermato l’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato, nel suo intervento al simposio “Testimonianze per un processo di pace: la sfida dei nuovi santi venezuelani”, tenutosi il 17 ottobre presso la Pontificia Università Lateranense.
Durante la pandemia di influenza spagnola il nuovo santo ha curato ogni malato, senza paura né discriminazioni, abbattendo barriere ideologiche o di classe sociale, offrendo quindi un vero servizio a tutto il suo popolo. Alla fine, ha ricordato Peña Parra, è morto «come aveva vissuto: in cammino verso il servizio, come gesto d’incontro con la sofferenza altrui». Il 29 giugno 1919, infatti, san José Gregorio cadde come ogni medico devoto, “in trincea”, travolto da una automobile, mentre stava portando un medicinale a un infermo. Nell’esercizio della sua professione privilegiò i tanti poveri che vivevano (e purtroppo vivono ancora) nel suo Paese, dai quali non solo non prendeva alcun compenso, ma spesso dava loro i soldi per le medicine.
La devozione al medico venezuelano, che dopo la sua morte si trasmise di persona in persona, iniziò già durante il suo funerale, quando i fedeli riunitisi all’uscita della chiesa non permisero che la bara fosse caricata sul carro funebre, ma, al grido «il dottor José Gregorio è di tutti», lo portarono a spalla fino al cimitero. «Da allora – ha scritto la postulatrice della causa di canonizzazione – il fervore si è trasmesso nelle famiglie venezuelane come parte della loro cultura e della fede cristiana. Fu trasmesso anche tra amici e conoscenti, e persino al di fuori della comunità ecclesiale, a persone non credenti o a fedeli di altre religioni, creando vincoli di fratellanza» (Silvia Correale, La cura dei più fragili, 18 ottobre 2025, in L’Osservatore Romano, p. 7).
José Gregorio Hernández Cisneros nacque a Isnotú, in Venezuela, il 26 ottobre 1864. Secondogenito di 7 figli, specialmente dalla mamma ricevette una solida educazione cristiana. Nel 1878 frequentò al Collegio Villegas di Caracas il corso preparatorio e filosofico, distinguendosi per intelligenza, impegno e profitto. Modello di pietà, preghiera, virtù e senso del dovere, Hernández si laureò poi brillantemente in medicina presso l’università di Caracas.
Sin da subito, spiccò nell’esercizio della sua professione, tanto che nel 1889 venne inviato a Parigi per seguire corsi di perfezionamento. Ritornato in patria, a 27 anni intraprese la carriera universitaria. Testimoniò apertamente la propria fede, partecipando quotidianamente alla Santa Messa e iscrivendosi al Terz’Ordine Francescano.
Nel nuovo santo, ha commentato la postulatrice Silvia Correale, «la fede ricevuta s’incarnò nella cultura venezuelana dalle radici cristiane e la sua testimonianza si è trasmessa di generazione in generazione, prima tra i venezuelani e poi tra i fedeli dei Paesi bolivariani (Colombia ed Ecuador) e dei Caraibi. I poveri e i semplici percepirono la sua vita come segno di una fede incarnata e vissuta nell’esercizio della sua professione di medico; per questo era conosciuto come “medico dei poveri”».
L’evento della sua canonizzazione (e di quella di suor Rendiles Martínez), forse provvidenzialmente, viene a coincidere con uno dei momenti più duri della repressione del regime di Maduro e, come rilevato in un messaggio al Paese dalla Conferenza episcopale venezuelana, potrà costituire «un’occasione propizia, affinché le autorità dello Stato emanino misure di grazia che consentano di restituire la libertà a coloro che sono stati incarcerati per motivi politici. Riteniamo che in questo modo si favorirebbe la tranquillità e l’armonia non solo delle famiglie e dei parenti di queste persone, ma dell’intera società».
Qualche giorno prima, lo stesso auspicio era stato espresso dalla leader dell’opposizione, María Corina Machado, prima di essere insignita del Nobel per la Pace. Machado aveva fatto appello a Papa Leone XIV affinché potesse adoperarsi in tal senso, favorendo la restituzione ai venezuelani della loro libertà. «Una terra senza fede – ha affermato in questo senso il Santo Padre nell’omelia per la Messa di canonizzazione di san José Gregorio e gli altri – sarebbe popolata da figli che vivono senza Padre, cioè da creature senza salvezza». E infatti, finora almeno, da Maduro e dai suoi non è arrivato alcun segnale di riconciliazione bensì di guerra e d’intensificazione della persecuzione dei dissidenti e della Chiesa cattolica, diventata ormai l’ultimo baluardo di resistenza contro un regime che non tollera più neppure la preghiera.