Il ruolo della grande stampa nel declino morale dell’Italia

quotidiani_ItaliaCorrispondenza romana n.916
dell’8 ottobre 2005

Dopo l’avvento alla direzione di Paolo Mieli, il “Corriere della Sera” sembra aver imboccato e star percorrendo la via del declino: magari non come vendite, ma senz’altro come organo di opinione del moderatismo italiano.

A parte lo spazio sempre maggiore dedicato ai temi “leggeri”, se non proprio fatui e scandalistici, la sua concitata presa di posizione a fianco delle punte dell’odierno rivendicazionismo egualitario, dal referendum sulla cosiddetta procreazione medicalmente assistita fino alle più sguaiate forme di lotta per la legalizzazione dei “diritti” delle minoranze omosessuali, si accoppia con la flebilità con cui dà voce ai temi opposti – a quelli che potremmo definire “i diritti delle maggioranze” -: il diritto di aver denaro sufficiente per formarsi una fa-miglia, affittare una casa, mettere al mondo i figli ed istruirli senza troppe ingerenze statali.

Questo squilibrio sembra segnare l’adesione della grande testata milanese al disegno di indebolire, in nome di un ugualitarismo spinto talora al non sense, la famiglia naturale (struttura ancora troppo gerarchizzata per piacere al pensiero “debole”), che è portato avanti da tanti altri canali mediatici e da gruppi di azione politica e culturale di diversa natura.

Non sfugge come proprio in questi giorni (e probabilmente proprio in sintonia con l’imposizione dei modelli di famiglia “zapateriani”) siano apparsi numerosi film in cui la famiglia, invece che come prezioso luogo in cui il singolo nasce e si sviluppa, è dipinta come una sorta d’inferno sulla terra.

Il coro che si leva dalla grande stampa (che poi in Italia è fatta dal “La Stampa”, dal “Corriere” e da “la Repubblica”) si sta tramutando in un vero e proprio tam-tam assordante e ossessivo. La prassi dello strillo non è la sola: a essa fa pendant l’omissione: su temi, eventi e situazioni che contraddicono la prospettiva evocata il silenzio è sovrano. Talora gli stessi organi reputano meglio tacere anche su fatti che si situano nella medesima prospettiva.

In tal senso è emblematico il quotidiano di Paolo Mieli, che, sabato 24 settembre, riservava un’intera pagina all’intervista della nota coppia di stilisti omosessuali Dolce e Gabbana sui loro problemi affaristico-erotici ma il giorno dopo si dimenticava di informare il lettore (lo ha fatto invece “Avvenire”: ma ahimè, “Avvenire” tira meno di un sesto delle copie che tira il “Corriere” e non lo leggono nemmeno i preti!) che il disegno di legge repressivo della pedofilia on-line, in discussione in Commissione Giustizia del Senato, aveva cono-sciuto una pesante battuta d’arresto nella sua potenziale efficacia.

Grazie infatti agli uffici di un esponente del Governo, il giovane ministro delle Pari Opportunità on. Stefania Prestigiacomo, e del leader riconosciuto dell’omosessualismo organizzato italiano, on. Franco Grillini, nel testo già approvato alla Camera, sono state introdotte fattispecie limitative della responsabilità, per cui la produzione, l’uso e la diffusione di materiale pedo-pornografico non è punibile quando il minore che vi è coinvolto ha più di 13 anni, è consenziente e il materiale prodotto si suppone non abbia circolazione.

Se si possono ben immaginare le conseguenze devastanti di un tale “correttivo” del testo alla luce dell’esperienza della “modica quantità” fatta riguardo agli stupefacenti, e se si può capire l’impegno del leader omosessualista, francamente sconcerta che un’esponente del centro-destra si prodighi nell’indebolire la repressione di una prassi comunque degradante e nociva. E ancor di più che ciò avvenga senza nessuna presa di misure – non basta l’eventuale dissenso – da parte degli organi del suo partito, né dei leader della coalizione di governo.

Già abbondantemente nota per il suo virulento e devastante impegno a favore del “sì” nel referendum abrogativo delle norme che regolano la procreazione assistita, ora, sulla pedofilia, l’on. Prestigiacomo si ripete – e si ripeterà ancora pochi giorni dopo a “Matrix” del 28 settembre con una decisa presa di posizione a favore della “sperimentazione”, anticamera della sua somministrazione di massa, del farmaco abortivo Ru486 -, schierandosi a difesa di una concezione della vita umana non solo discutibilissima in sé, ma del tutto inaccet-tabile dall’Italia moderata, le cui istanze dovrebbe rappresentare.

Quell’Italia, cattolica e “laica”, che non ama né l’uccisione degli embrioni, né l’omosessualismo rivoluzionario, né tanto meno la liberalizzazione della speculazione commerciale sul massacro morale non solo dei bambini ma anche dei pre-adolescenti.

Anche se si cerca di nascondere certe “disinvolture”, gli italiani non sono ciechi, né privi di memoria: chissà se nel preparare l’imminente sfida elettorale i dirigenti del centro-destra si ricorderanno dei rischi che corrono se torneranno a “imbarcare” personaggi a dir poco ambigui come la signora ministro delle Pari Opportunità? (CR 916/01 del 08/10/05)