Il futuro del cattolicesimo e della Chiesa è in Africa

Abstract: il futuro del cattolicesimo e della Chiesa è in Africa, continente giovane in cui conversioni e vocazioni sono in forte ascesa e il clero resta fedele alla dottrina, come mostra l’opposizione alla Fiducia Supplicant che benedice le coppie irregolari e gay.   I cattolici africani non stanno semplicemente crescendo di numero; stanno reinventando e reinterpretando il cristianesimo. Lo stanno infondendo con un nuovo linguaggio e vitalità spirituale attraverso modi unici di adorare Dio.

La Verità Lunedì 26 Febbraio 2024

Giovane, «scorretto» e conservatore. Viaggio nel cattolicesimo africano

Sacerdoti e battezzati crescono a ritmi sbalorditivi, al punto che nel 2050 un fedele su tre  vivrà nel continente. E a differenza della vecchia Europa, la loro fede resta ancorata alla dottrina, come mostra l’opposizione (trasversale) alle benedizione alle coppie gay

di Giuliano Guzzo

«L’Africa è il futuro del cattolicesimo». Non è la strampalata profezia di qualche buontempone, bensì il titolo di un pezzo uscito un anno fa sul laicissimo Le Monde a firma di Gaétan Supertino, il quale non ha che ripreso un pensiero comune: quello secondo cui la culla del cristianesimo che verrà si trova ora in quello che dopo l’Asia , è il secondo continente del mondo e, in assoluto quello con l’avvenire demografico più florido. Non a caso, avendo il 60% della sua popolazione di età inferiore ai 25 anni l’Africa si è guadagnata il titolo di «isola-Continente di Peter Pan», come notato da padre Giovanni Sale, docente di storia della Chiesa contemporanea nella Pontificia università gregoriana di Roma; in tempi in cui quella della demografia sta diventando una legge sempre più decisiva, questo rende il continente nero un’area del pianeta che avrà sempre maggior peso.

A tal proposito lo scorso ottobre il New York Times ha pubblicato un servizio di Declan Walsh in cui si notava come, mentre «i tassi di natalità stanno crollando nelle nazioni più ricche, creando ansia su come prendersi cura e finanziare le loro società che invecchiano, il baby boom africano continua a ritmo sostenuto, alimentando la popolazione più giovane e in più rapida crescita del pianeta». Walsh riteneva altresì come l’Africa sia demograficamente in vantaggio pure sugli altri giganti del pianeta, che – approfittando del declino dell’Occidente – si candidano ad avere un ruolo di leadership, dato che nel continente «l’età media è di 19 anni. In India, il paese più popoloso del mondo, e di 28 anni. In Cina e negli Stati Uniti e di 38 anni». Di questo passo, entro il 2100 gli africani, che potrebbero essere più di quattro miliardi, costituiranno quasi il 40% della popolazione mondiale.

Dunque davvero da quel continente passa – e passerà – il futuro del pianeta; il punto, tornando a noi, è che in esso si gioca pure il destino del cristianesimo, i cui dati di crescita sono semplicemente impressionanti. Se infatti nel 1881 il grande missionario Daniele Comboni moriva a Khartum, in Sudan, dopo aver dato uno straordinario impulso all’evangelizzazione del continente, durante il XX secolo, la popolazione cattolica dell’Africa sub-sahariana è passata da 1,9 milioni a oltre 130 milioni – con un tasso di crescita di quasi il 7%. Un ritmo sbalorditivo considerando che, a ridosso della vita di Gesù Cristo, l’allora nuova religione avanzava ogni anno del 3,5%. Ciò ha fatto si che, se gli africani avevano iniziato il secolo scorso che erano appena all’1% della popolazione cattolica mondiale, hanno salutato l’alba del terzo millennio essendone divenuti circa il 16%.

Un’esplosione spinta sia dalle conversioni sia dalle vocazioni. Basta dire che, se nel 1960 soltanto 2.087 seminaristi africani si preparavano per il sacerdozio, nel 2011 quel numero era salito a 27.483, con un aumento di oltre il 1.200%. Significa che mentre i seminari europei, sull’onda lunga di quel 1968 che ha contaminato anche la chiesa – come denunciato coraggiosamente da Joseph Ratzinger – si svuotavano al ritmo crescente, in quelli africani registravano una impennata di vocazioni. Attualmente, su una popolazione mondiale di 1,36 miliardi di cattolici, gli africani sono 236 milioni, pari al 20% del totale; ma in realtà potrebbe ancora trattarsi di una sottostima, rispetto al dato effettivo. Il perché lo spiegava quasi un decennio fa il grande sociologo delle religioni Rodney Stark, che rilevava come «sul cattolicesimo africano» ci sia «un profondo mistero» perché «per molti paesi africani le statistiche ufficiali riportano un numero molto inferiore di fedeli rispetto al numero indicato dai sondaggi Gallup».

«La spiegazione migliore cui sono riuscito ad arrivare» aggiungeva Stark per spiegare detto «mistero» , «è che la crescita» dei cattolici in Africa abbia «superato a tal punto la capacità dei preti locali di stare al passo con le celebrazioni  vi vitale importanza come battesimi, cresime e confessioni, che hanno finito col trascurare di tenere aggiornati gli archivi» (The Triumph of Faith, 2015). Questa crescita continua e perfino difficile da registrare ha portato  il World Christian Database a prevedere che, se oggi l’Africa ospita come si diceva il 20% dei cattolici del mondo, entro il 2050 ne avrà il 32%: uno su tre.

Ora, per quanto possa apparire notevole, la forza del cristianesimo che va diffondendosi nel continente nero più che nei numeri e nell’odore della fede. «I cattolici africani non stanno semplicemente crescendo di numero» ha osservato Stan Chu llo, docente e ricercatore di cristianesimo mondiale e studi africani presso il Center for World Catholicism and Intercultural Theology della DePaul University di Chicago, «stanno reinventando e reinterpretando il cristianesimo. Lo stanno infondendo con un nuovo linguaggio e vitalità spirituale attraverso modi unici di adorare Dio». Rispetto alla dottrina, molti si sono resi conto dell’attenzione alla morale della Chiesa africana solo alla luce della sua recente opposizione al documento Fiducia Supplicans sulle benedizioni delle coppie irregolari, omosessuali incluse, ma in realtà è una sua caratteristica da tempo e non riducibile ad alcuni suoi esponenti conservatori, il più noto dei quali è senza dubbio il cardinale Robert Sarah.

Non per nulla, in un articolo del febbraio 2023 sul settimanale Mail & Guardian, Russel Pollitt, direttore dell’Istituto dei gesuiti del Sud Africa, avvisava: «I vescovi africani saranno d’accordo con Francesco su diverse questioni che spesso affronta: povertà, cura dell’ambiente, ingiustizia sociale, corruzione e guerra. Tuttavia, molti di questi prelati si opporranno e resteranno fermi contro le istanze progressiste di Francesco. Ciò è particolarmente chiaro  quando si tratta di questioni , la struttura della chiesa e il ruolo delle donne». Un ammonimento che, con la pubblicazione di Fiduca Siupplicans appunto, si è rivelato quanto mai fondato; non è finita. Un altro tratto della giovane Chiesa d’Africa – forse il più significativo – è quello di essere oltre che povera ancorata alla dottrina, martire. A differenza delle comunità cattoliche occidentali , pronte alle «aperture» su rivendicazioni Lgbt, divorziati risposati, ecc. – ma ridotte al lumicino in chiese desertificate – le comunità africane che tengono il punto sulla morale sono infatti pure quelle nel mirino del fondamentalismo islamico, e che testimoniano la fede col sangue.

L’esempio più lampante è a Nigeria, Paese nel mondo dove, secondo Open Doors, è stata massacrata la grandissima parte dei cristiani morti uccisi nel 2023 – 4.118 su 4.998 – nonché quello col maggior numero di cristiani rapiti – 3.300 su 3.906 – e che ha visto attacchi a qualcosa come 750 chiese: in pratica più di due al giorno. Numeri sconvolgenti, ma che potrebbero essere ancora sottostime. Secondo l’International Society for civil liberties and rule of law (Intersociety), infatti i cristiani nigeriani uccisi lo scorso anno sarebbero addirittura oltre 8.000 (8.222): per questo Crux ha scritto che «in Nigeria c’è un “genocidio silenzioso” contro i cristiani».

Eppure, secondo i dati del Center for applied research in the apostolate (Cara) della Georgetown University, la Nigeria è pure il Paese dove i cristiani vanno più a Messa in tutto il pianeta, con un incredibile 94% di cattolici adulti che dichiara di parteciparvi almeno una volta la settimana. Con buona pace delle gerarchie ecclesiastiche che ancora guardano a Berlino, Parigi o Washington, il cristianesimo del futuro – ma forse già del presente – è dunque quello d’Africa: povero, in crescita, giovanissimo e pronto al martirio. Ex Africa sempre aiquid novi, diceva già Plinio il Vecchio, «dall’Africa c’è sempre qualcosa di nuovo». 2.000 anni dopo resta più vero che mai, specie per la Chiesa

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