Il Dragone e l’Orso, l’alleanza che riscrive la storia (contro di noi)

Il Corriere della Sera 8 Luglio 2025

Nei tempi lunghi, raramente Russia e Cina sono andate d’accordo. Più spesso sono state rivali, antagoniste, in competizione per il controllo strategico della massa continentale eurasiatica, il vasto territorio sul quale si contendono l’influenza. Putin e Xi Jinping però continuano a sfidare le teorie di geopolitica

di Federico Rampini

Putin delude Trump e lo irrita, rifiutando le proposte americane per mettere fine alla guerra in Ucraina e spingendo la Casa Bianca a riattivare forniture militari a Kiev che erano state sospese. Trump attacca il vertice dei Brics, l’organizzazione che la Cina ha sostenuto in chiave anti-americana.

Ricordate la teoria secondo cui il 47esimo presidente degli Stati Uniti avrebbe trasformato l’ordine globale in una sorta di G3, un triumvirato di autocrati, con i suoi due amici Putin e Xi Jinping? Come molte teorie, è sottoposta alla severa verifica dei fatti. Di sicuro Trump non tratta bene i suoi alleati tradizionali (Canada, Europa, Giappone). Ma neppure si getta nelle braccia dei due Uomini Forti che comandano a Mosca e a Pechino.

Regge invece l’alleanza tra l’Orso russo e il Dragone cinese. Vista in una prospettiva storica, è profondamente innaturale. Nei tempi lunghi, raramente Russia e Cina sono andate d’accordo; più spesso sono state rivali, antagoniste, in competizione per il controllo strategico della massa continentale eurasiatica, il vasto territorio sul quale si contendono l’influenza. Le leggi tradizionali della geopolitica dicono che due potenze continentali e confinanti come Russia e Cina sono fatte per combattersi, non per allearsi; mentre hanno meno ragioni di temere una potenza distante, e per lo più aeronavale, come gli Stati Uniti di oggi (o l’impero britannico di ieri).

Putin e Xi Jinping però continuano a sfidare le teorie di geopolitica, e perfino il buonsenso comune: l’asse tra quei due regge, per adesso non dà alcun segno di crisi. Il paradosso attira la curiosità di un grande storico inglese, uno dei massimi studiosi delle Vie della Seta (quelle originarie, del mondo antico), Peter Frankopan.

Sull’ultimo supplemento culturale del Financial Times, Frankopan mette in luce il carattere innaturale e assurdo dell’asse Orso-Dragone. Sottolinea come i due leader, per dargli credibilità, sono costretti a riscrivere la storia passata delle loro nazioni, facendo violenza ai fatti. Ambedue – in realtà ciascuno per conto proprio – devono descrivere un mondo dove l’Occidente è il predatore e il proprio paese è la vittima di aggressioni, sopraffazioni e ingiustizie: il che lo rende adatto a difendere la causa di tutti i popoli oppressi del pianeta.

In Cina questo si traduce nella ben nota propaganda nazionalista sul «secolo delle umiliazioni», un’espressione che gli scolari apprendono fin dalle classi medie, e che Xi rilancia spesso nei suoi discorsi. Attenzione alle date. L’evento più altamente simbolico del «secolo delle umiliazioni» sono le Guerre dell’Oppio, vinte dall’Inghilterra contro la Cina nel 1842 e nel 1860. Seguirono i cosiddetti trattati ineguali, forme di incrostazione semi-coloniale di potenze straniere in alcune città cinesi.

Il periodo di umiliazione si conclude di fatto – nella narrazione patriottica della propaganda ufficiale – solo quando trionfa Mao Zedong e fonda la Repubblica Popolare nel 1949, cioè l’inizio dell’era comunista. È importante fare mente locale alle date.

Ve lo immaginate un paese occidentale i cui leader oggi continuino ad arringare il popolo su soprusi subiti a metà dell’Ottocento, per eccitare il nazionalismo e denunciare la malvagità delle potenze straniere?

Più o meno è come se nell’Italia di oggi presidenti della Repubblica o presidenti del Consiglio fossero soliti attaccare l’Austria per il suo governo nel Lombardo-Veneto, o la monarchia straniera dei Borbone per il suo dominio sul Regno delle Due Sicilie. Dei leader italiani che usassero la storia dell’Ottocento a fini di propaganda attuale, verrebbero considerati pazzi. Xi lo fa costantemente, per ricordare ai suoi quanto l’Occidente sia stato malvagio con la Cina; e per sostenere la tesi che l’America di oggi è l’equivalente dell’Inghilterra dell’Ottocento, intenta a soggiogare la Cina.

Fra le tante falsità storiche c’è anche questa sul ruolo degli occidentali nell’impedire lo sviluppo della Cina come una potenza. Nella realtà un paese vicino assai più piccolo – il Giappone – proprio nella seconda metà dell’Ottocento lanciò una formidabile modernizzazione, amministrativa e industriale, copiando l’Occidente.

Se la Cina rimase povera a lungo, lo dovette alle colpe della sua classe dirigente, Mao incluso. Il periodo del boom economico cinese si apre grazie all’America che coopta la Repubblica Popolare nella globalizzazione: cominciando dal dialogo Nixon-Mao (1972) e fino all’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio (2001).

In quanto a Putin, qui è Frankopan a ricordarci la verità storica. La Russia è stato uno dei più grandi imperi mai esistiti, un aggressore e un invasore sistematico: «Da quando la dinastia dei Romanov ascese al trono nel 1613, e fino all’inizio del XX secolo, la Russia si è allargata alla velocità di 55 miglia quadrate al giorno, sottomettendo vasti popoli all’autorità dello Zar, poi del comunismo».

Qui c’è in embrione quella conflittualità innata tra Russia e Cina che ha sempre segnato la storia delle due civiltà. Lungi dall’essere una «vittima dell’Occidente», la Russia si è sempre vista come una grande potenza occidentale, un impero bianco, difensore della civiltà cristiana, superiore ai popoli asiatici che ha via via colonizzato. Ai tempi del comunismo, Mosca considerava di avere educato i cinesi, insegnandoli una dottrina di progresso venuta dall’Europa (Karl Marx era tedesco).

La Cina a sua volta si è sempre considerata come la civiltà più avanzata della storia umana, da tre millenni il centro dell’universo: Terra di Mezzo. I popoli attorno a lei dovevano accettare la sua superiorità, omaggiarla, e in tal caso potevano aspirare alla sua protezione, in quanto vassalli rispettosi e obbedienti.

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Mao usò l’appoggio sovietico per vincere la guerra civile contro i nazionalisti, ma cominciò a litigare con Mosca quasi subito dopo la morte di Stalin (1954). La rottura tra le due chiese del comunismo mondiale divenne così grave che nel 1969 ci furono scontri militari fra truppe sovietiche e cinesi al confine sul fiume Ussuri. Quando nel 1972 Mao inaugurò il disgelo con l’America di Nixon, lo fece anche perché era convinto che l’Unione sovietica si stava preparando a fargli guerra.

Ai tempi di Putin e Xi i rapporti di forze si sono ormai ribaltati in maniera durevole. La Russia è un nano economico e tecnologico rispetto a questa Cina. Ma le ragioni profonde della rivalità sono scritte nelle mappe geografiche. E nella storia: quella vera, s’intende. Il revisionismo della propaganda può raccontare a quei due popoli una versione completamente diversa, però sotto la pelle dei due popoli pulsano sentimenti antichi.

Ogni tanto qualcuno dà voce a una versione più veritiera. Frankopan cita un autorevole esperto cinese, Feng Yujun dell’Università di Pechino, secondo il quale «la Russia vuole restaurare il suo impero e ricostruire uno spazio geopolitico eurasiatico da lei dominato, da Oriente a Occidente». Mentre un teorico nazionalista vicino a Putin, Alexander Dugin, ha auspicato uno smembramento della Cina, giudicandola una minaccia per Mosca.

Un’altra osservazione interessante di Frankopan: dall’inizio della guerra in Ucraina, che in apparenza ha rinsaldato l’asse Orso-Dragone e l’amicizia Xi-Putin, i casi di spionaggio fra i due alleati sono in forte aumento.