Tradizione Famiglia Proprietà newsletter 10 Ottobre 2025
Françoise Thom svela lo scandalo degli accordi economici che permettono al Cremlino di armarsi. In due saggi pubblicati nel settembre 2025 su Desk Russie, la storica dimostra che un secolo di commerci con Mosca – da Lenin a Putin – non è servito a elevare il popolo russo, ma a rafforzare i suoi dittatori: fabbriche Ford, Fiat e Renault, gasdotti siberiani, contratti Mistral… tutti soldi dirottati verso l’arsenale del Cremlino. La Tom smonta il mito del «commercio pacificatore»: sedurre, catturare e poi spogliare l’Occidente è stato sempre il metodo di Mosca. Ogni generazione occidentale ci ricade; senza vincolare gli scambi alla verità e alla libertà, il commercio diventa complicità del male.
di Atilio Faoro
A volte la storia, accuratamente sepolta sotto gli archivi e i discorsi ufficiali, riemerge improvvisamente e sconvolge le nostre certezze. È quello che ha appena fatto Françoise Thom, storica francese, docente di russo, specialista dell’URSS, che ha insegnato alla Sorbona e ha trascorso quattro anni nell’Unione Sovietica negli anni ’70. La sua profonda conoscenza del sistema comunista, alimentata da archivi e ricordi personali, le conferisce un tono tanto più incisivo in quanto non si lascia influenzare dalle favole diplomatiche.
Nel settembre 2025 ha pubblicato sul sito Desk Russie – un think tank animato da accademici e dissidenti russi o dell’Europa orientale, noto per allertare l’opinione pubblica sull’imperialismo russo e la disinformazione del Cremlino – due lunghi saggi che dovrebbero fare epoca: – il 7 settembre 2025, «Gli scambi economici, un’arma sconosciuta nella guerra ibrida del Cremlino contro l’Occidente. I: L’impronta leninista» [1]; – il 28 settembre 2025, « … II: Il contagio» [2].
Questi due testi, molto documentati, ripercorrono più di un secolo di illusioni: come, da Lenin a Putin, il potere russo abbia utilizzato il commercio con l’Occidente non per sviluppare il proprio popolo, ma per rafforzare il proprio regime e indebolire i propri avversari. Questa tesi può sembrare scioccante, ma lo è solo perché mette a nudo ciò che il linguaggio diplomatico a lungo ha nascosto dietro eufemismi.
Françoise Thom inizia nel 1918. La Russia bolscevica è allora allo stremo; tuttavia Lenin intuisce che potrà mantenersi al potere se riuscirà ad attrarre il know-how occidentale. Tende quindi la mano agli industriali tedeschi, britannici, francesi e americani. Ma dietro i sorrisi, ecco cosa scrive in privato a Kamenev: «Il nostro monopolio sul commercio estero è un avvertimento cortese: miei cari, verrà il momento in cui vi impiccherò per questo» [3]. In un’altra lettera confida che occorre «sfruttare l’avidità dei capitalisti per estorcere loro vantaggi che rafforzeranno la nostra posizione» [4]. È tutto detto: la cooperazione è solo un espediente tattico.
Le democrazie, dal canto loro, continuano a credere nelle virtù civilizzatrici del mercato. Nel marzo 1920, il primo ministro britannico Lloyd George dichiara: «Non siamo riusciti a strappare la Russia dalla sua follia con la forza; credo che possiamo salvarla con il commercio… Dobbiamo combattere l’anarchia con l’abbondanza» [5]. L’ingenuità di questa frase riassume il malinteso che avrebbe perseguitato un secolo di relazioni tra Est e Ovest: l’Occidente attribuisce al Cremlino le proprie intenzioni; il Cremlino vi vede uno strumento di potere.
Lo stesso schema si ripete. Negli anni ’20-’30, la Germania e l’Inghilterra investono massicciamente; poi Stalin fa arrivare i giganti occidentali: Ford progetta la fabbrica automobilistica di Gorki; l’architetto industriale Albert Kahn Inc. supervisiona la costruzione di oltre 520 fabbriche; General Electric fornisce turbine e generatori. Una volta assorbito il know-how, il regime inventa processi per sabotaggio: il processo di Chakhty (1928) e il caso Metropolitan-Vickers (1933) colpiscono ingegneri sovietici ed esperti britannici [6]. Il messaggio è chiaro: grazie per la tecnologia, potete andarvene… o sarete accusati.
Dopo il 1945, lo scenario cambia: si parla di “distensione”, di “coesistenza pacifica”. Ma i documenti citati da Thom rivelano la continuità strategica. Un promemoria della Germania dell’Est del 26 aprile 1968 prescrive: “È necessario riunire le élite economiche europee influenti attraverso la cooperazione e ridurre l’influenza americana” [7]. I grandi contratti Est/Ovest – stabilimento Fiat-Togliatti (1966), complesso KamAZ, gasdotti siberiani – trasferiscono tecnologie civili e militari (dual-use) e alimentano l’ascesa del complesso militare-industriale sovietico [8]. L’Occidente credeva di poter disinnescare il conflitto attraverso l’interdipendenza; Mosca rafforzò il proprio arsenale e divise i propri avversari.
Il crollo dell’URSS nel 1991 fa sperare in una svolta. Ma sotto Boris Eltsin, lo Stato russo vive “in terapia intensiva”: i piani del FMI e della Banca mondiale iniettano 66 miliardi di dollari; allo stesso tempo, 150-200 miliardi evaporano attraverso circuiti offshore [2]. La revisione contabile commissionata alla società PwC rivela che la Banca centrale russa, tramite una società di comodo con sede a Jersey (FIMACO), speculava sul proprio debito per mascherare le proprie riserve [9]. Il procuratore Yuri Skuratov, che cerca di denunciare questi abusi, viene incastrato da un “kompromat” televisivo montato dall’FSB allora guidato da Vladimir Putin; l’indagine viene insabbiata [10].
Una volta salito al potere, Putin lo ammette senza mezzi termini: nel 2008 dichiara che la priorità assoluta è «l’acquisizione di capacità scientifiche e tecnologiche avanzate» [11]. Più tardi, pronuncia questa frase brutale: «Dobbiamo strangolarli… lo dico senza esitazione» [12], riferendosi alle aziende occidentali viste come potenziali nemici dello Stato russo.
Il meccanismo rimane invariato: prima sedurre, acquisire capitali e know-how, poi inasprire le condizioni e confiscare. L’accordo del 2011 sulle navi d’assalto Mistral costruite dalla Francia per la marina russa sarà descritto come «il più grande trasferimento di attrezzature militari sensibili da un paese all’altro nella storia» [13]. Dopo il 2014, nonostante l’embargo europeo, componenti francesi (Thales, Safran) modernizzano carri armati e aerei russi. Nel 2022, il gruppo Renault, intrappolato tra sanzioni e pressioni, deve cedere per un rublo simbolico la sua partecipazione di maggioranza in AvtoVAZ (Lada); lo stesso anno, Mosca si impadronisce di beni stranieri – Danone, Carlsberg, progetti Sakhaline-I e II – con decreto presidenziale [2].
Questo racconto, punteggiato da citazioni dirette, rivela una costante che le nostre società preferiscono dimenticare: i leader russi considerano il commercio uno strumento di guerra e l’ingenuità dei loro partner una risorsa economica. Ogni generazione occidentale crede di inaugurare un nuovo inizio; ogni generazione si scontra con lo stesso scenario: promesse di cooperazione, trasferimenti di capitali, divisioni interne, poi vessazioni legali e spoliazioni.
Rileggere questi archivi produce un senso di disagio: dietro le strette di mano e i discorsi sulla pace attraverso il commercio, ritroviamo l’avvertimento di Lenin: «Verrà il momento in cui vi impiccherò per questo». Non è una battuta: è un metodo.
E poiché questo articolo si rivolge a lettori cattolici legati alla fede e alla giustizia, non è inutile ricordare che il Vangelo ci avverte: «Siate semplici come colombe e prudenti come serpenti» (Mt 10, 16). La Dottrina sociale della Chiesa non è un’opzione pia: illumina la vita economica. Ci ricorda che il commercio non è neutro; deve sempre essere ordinato alla dignità della persona umana, al bene comune, alla libertà delle nazioni e alla verità. Una cooperazione economica che di fatto serve a soffocare un popolo, ad alimentare una macchina da guerra o a perpetuare la menzogna diventa complicità con il male, anche se sembra redditizia nel breve termine. Non possiamo accontentarci di scambiare capitali e tecnologie senza interrogarci sulla finalità di questi scambi. Il cristiano è chiamato a coniugare profitto e verità; non deve mai chiudere gli occhi sul prezzo morale di ciò che finanzia.
Questa lucidità non porta alla disperazione: invita alla vigilanza e alla speranza. Possiamo ancora scegliere di privilegiare partnership trasparenti e reversibili, rifiutare le dipendenze strategiche che consegnano la nostra sicurezza e la nostra libertà nelle mani di un regime predatore, sostenere i popoli feriti – l’Ucraina in primo luogo – e anche quei russi che, a rischio della propria vita, rifiutano di servire la menzogna.
Infine, e soprattutto, possiamo pregare affinché la verità trionfi: «La verità vi renderà liberi» (Gv 8, 32). In questo campo di battaglia discreto che è l’economia mondiale, il cristiano non deve mai smettere di portare giustizia, verità e carità. È lì, più che nei contratti e nelle cifre, che si gioca la vera vittoria.
* * *
Articoli di Françoise Thom:
Note
[1] Françoise Thom, «Les échanges économiques, une arme méconnue dans la guerre hybride du Kremlin contre l’Occident. I : L’empreinte léninienne », Desk Russie, 7 settembre 2025.
[2] F. Thom, «… II: Il contagio», Desk Russie, 28 settembre 2025.
[3] V. Lenin, lettera a L. Kamenev, 3 marzo 1922: «Il nostro monopolio sul commercio estero è un avvertimento cortese: miei cari, verrà il momento in cui vi impiccherò per questo». Citato da F. Thom, art. I.
[4] Lenin: «… sfruttare l’avidità dei capitalisti per estorcere loro dei vantaggi…». Citato da F. Thom, art. I.
[5] David Lloyd George, dichiarazione alla Camera dei Comuni, marzo 1920: «… abbiamo fallito nel tentativo di strappare la Russia dalla sua follia con la forza; credo che possiamo salvarla con il commercio…». Citato da F. Thom, art. I.
[6] Processo di Chakhty (1928) e processo Metropolitan-Vickers (1933), casi di «sabotaggio» contro ingegneri sovietici e britannici. Citati da F. Thom, art. I.
[7] Memo del SED (RDT), 26 aprile 1968: «… conquistare le élite economiche europee influenti…» Citato da F. Thom, art. II.
[8] Esempi di trasferimenti tecnologici civili-militari: accordo VAZ-Fiat (1966, stabilimento di Togliatti), complesso KamAZ, gasdotti Siberia-Europa. Citati da F. Thom, art. II.
[9] Audit della società PricewaterhouseCoopers (PwC) per il FMI (1998) sulla Banca centrale russa: utilizzo della società offshore FIMACO (Jersey) per gonfiare artificialmente le riserve e speculare sul proprio debito. Citato da F. Thom, art. II.
[10] Caso Yuri Skuratov (1999): il procuratore generale russo che indagava sugli appropriazioni indebite è stato allontanato dopo la diffusione di un kompromat preparato dall’FSB allora guidato da V. Putin. Citato da F. Thom, art. II.
[11] Vladimir Putin, 2008: dichiarazione sull’«acquisizione di capacità scientifiche e tecnologiche avanzate» come priorità assoluta della Russia. Citato da F. Thom, art. II.
[12] V. Putin: «Dobbiamo strangolarli… lo dico senza esitazione», parole riportate in F. Thom, art. II.
[13] Contratto per le navi Mistral tra Francia e Russia (17 giugno 2011): «il più grande trasferimento di attrezzature militari sensibili da un paese all’altro», Defense News, P. Tran, 17-06-2011; citato da F. Thom, art. II.
Fonte: TFP France, 30 settembre 2025. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia