Unione Cristiani Cattolici Razionalisti (UCCR) 29 Giugno 2025
Il rapporto tra metafisica, filosofia e post-verità. Che cos’è la metafisica e le differenze con le altre scienze, i motivi per cui la post-verità è una moda passeggera. Un piccolo approfondimento.
Negli ultimi anni, una parola è entrata con prepotenza nel lessico di giornalisti, filosofi e attivisti: post-verità.
Ma cosa significa post-verità? E perché è in qualche modo antitesi della metafisica?
A queste domande ha risposto molto opportunamente in una recente intervista Rafael Gómez Pérez, professore emerito all’Università Complutense di Madrid.
Cos’è la post-verità e perché è un’illusione
Innanzitutto potremmo dire che la “post-verità” è un’illusione, un bluff.
Post-verità significa che l’emozione vale più dei fatti, che la percezione conta più della realtà. Non importa se qualcosa è vero: conta se “sembra vero” a me, se “mi fa sentire bene”.
La verità non viene quindi apertamente negata, ma relativizzata, schiacciata sotto il peso delle emozioni e delle opinioni personali. Un po’ come dire: «Tu hai la tua verità, io ho la mia, e guai a chi prova a mettere ordine».
Una forma di post-verità, spiega il professore spagnolo, «è che confondiamo i media con la realtà. Schermi, titoli, social media… non sono realtà, sono mediazioni. Dobbiamo imparare a distinguere».
Un tipico esempio di “post-verità” è quando un candidato politico con idee impopolari viene ad esempio accusato online di un crimine mai commesso. La notizia si diffonde rapidamente, perché indigna e conferma le paure del pubblico. Anche quando viene smentita, molti continuano a crederci, perché “suona vera” e “rispecchia ciò che già penso”.
Le principali vittime della “post-verità” sono i cospirazionisti che, pur di fronte a spiegazioni accurate, inconsciamente rispondono: «Non voglio che sia vero, quindi non lo è». Questo dà l’illusione di avere una verità segreta che gli altri non conoscono e il fatto di sentirsi speciale nel sapere questo segreto conta più della realtà.
Tutto il tema del gender, altro esempio, è un’enorme post-verità: l’idea secondo cui basta percepirsi in un certo modo per “essere”, anche in assenza di corrispondenza biologica o storica.
Gómez Pérez, autore tra l’altro di “La verità nell’era della post-verità” (Riapl 2020), spiega che tutto questo però è «una moda passeggera», la solita vecchia menzogna.
A cosa serve e cos’è la metafisica
Perché abbiamo premesso che la post-verità può essere definita l’opposto della metafisica? E cos’è la metafisica?
Senza voler entrare nell’intricato tema della differenza tra “vecchia” e “nuova” metafisica, ben esposto sulla Stanford Encyclopedia of Philosophy, possiamo dire che la metafisica si occupa non tanto del fatto oggettivo, piuttosto di ciò che rende oggettivo un fatto.
La metafisica non si chiede tanto “cosa è vero?”, piuttosto “che cos’è la verità?” e “perché qualcosa è vero?”.
Il suo focus è il fondamento dell’essere, della realtà, di ciò che rende la realtà reale, cioè di ciò che esiste al di là del mondo materiale.
Le domande che affronta sono: che cos’è l’essere? Perché c’è qualcosa anziché nulla? Cosa significa esistere? La metafisica è quindi una ricerca sulle cause ultime, non solo su come funzionano le cose, ma sul perché e sul senso profondo delle cose.
La metafisica e il rapporto con le scienze
La metafisica affronta quindi domande a cui nessun’altra scienza può rispondere.
Giustamente Gómez Pérez spiega ironicamente che «tutte le altre scienze sono più necessarie, ma questa è la migliore». Si è parlato, tra l’altro, del rapporto tra metafisica è le altre scienze perfino su un articolo apparso su New Scientist qualche anno fa.
«Che ce ne rendiamo conto o no», afferma lo studioso, «stiamo sempre parlando di metafisica». Ogni volta che qualcuno parla di “verità” o “falsità”, sta implicando una visione metafisica perché essa si occupa del perché possiamo parlare di “verità” o “falsità”.
Come ha detto il filosofo Sergio Givone, «la metafisica è l’antidoto al pensiero unico».
Lo stesso dicasi di altre proprietà trascendentali, come bontà e bellezza. Facciamo un esempio sulla bellezza, ad esempio.
Tutte le scienze indagano la bellezza, studiano i motivi biologici dell’attrazione (biologia) e le forme degli oggetti che più ci attraggono (fisica), indagano come si percepisce il bello e le emozioni generate (psicologia), analizzano la costruzione culturale della bellezza tra epoche e mode (sociologica) ecc.
La metafisica va oltre e approccia la bellezza in maniera più radicale: si interroga, ad esempio, sul fondamento della bellezza, se è solo un’impressione soggettiva o esiste una bellezza oggettiva, se termina in sé o riflette qualcosa di più grande, di eterno, se il bello ha un valore in sé o, di fatto, “non serve a nulla”.
Ancora più concretamente, di fronte a un bellissimo tramonto: le scienze dure indagano come avviene quel fenomeno, la metafisica indaga i motivi per cui tale bellezza apre in noi la percezione che ci sia qualcosa di più oltre il reale, i motivi ultimi (non meramente psicologici) per cui quel fenomeno arriva a commuoverci.
La metafisica, Dio e le obiezioni
Nel corso dei secoli la metafisica tradizionale ha subito infinite obiezioni, in particolare dalla filosofia analitica quando era dominata dalle idee del positivismo logico.
Ma «fortunatamente quegli anni sono ormai lontani, le obiezioni sono cadute e la Metafisica è oggi di nuovo rispettabile (1), ha osservato David M. Armstrong, celebre metafisico e massimo filosofo australiano del secolo scorso.
Naturalmente la metafisica si occupa anche e soprattutto del problema di Dio, quello che il filosofo e teologo Cornelio Fabro definiva «il problema dei problemi, la conclusione di tutta la filosofia».
Ovvero, «il problema essenziale dell’uomo essenziale, dal quale ogni altro problema dell’esistenza prende l’ultima chiarezza»(2).