La Francia introduce l’aborto nella Costituzione

Abstract: la Francia introduce l’aborto nella Costituzione. Per Macron è anche un espediente per distrarre dai problemi che la nazione sta attraversando ma è in ogni caso  il primo caso al mondo di un Paese democratico che, con il “conforto” della più alta istanza della giurisdizione nazionale (il Consiglio di Stato che si era espresso favorevolmente il 12 dicembre 2023), inserisce il diritto all’aborto nella propria Carta fondamentale.

Studi Cattolici n. 758 aprile 2024  

La Francia riduce la libertà. L’aborto diventa costituzionale

Giuseppe Brienza

Il 4 marzo l’Assemblea Nazionale, ovvero la Camera dei deputati del Parlamento francese, ha approvato in via definitiva la proposta di legge costituzionale volta ad inserire il “diritto” all’aborto nella Carta fondamentale. Il presidente Macron aveva promesso di costituzionalizzare l’aborto nel 2024 e ci è riuscito.

Il 4 marzo 2024 l’Assemblea Nazionale francese (le due Camere riunite), ha approvato a schiacciante maggioranza, 780 voti a favore, 72 contrari, la modifica della Costituzione repubblicana inserendo «la libertà garantita» e quindi il diritto all’aborto. È il primo caso al mondo di un Paese democratico che, con il “conforto” della più alta istanza della giurisdizione nazionale (il Consiglio di Stato che si era espresso favorevolmente il 12 dicembre 2023 [1]), inserisce il diritto all’aborto nella propria Carta fondamentale.

Secondo gli esperti del Governo di Élisabeth Borne prima e di Gabriel Attal ora (esponenti entrambi del partito di Emmanuel Macron “Renaissance”), all’adozione dell’emendamento abortista conseguono “effetti limitati” nell’ambito dell’ordinamento complessivo. In realtà, si tratta di un’affermazione volta a minimizzarne l’impatto giuridico trattandosi di una revisione di carattere epocale che costituisce anche un precedente pericoloso per il resto d’Europa.

Il percorso giuridico

Il ddl, annunciato con enfasi dal presidente Macron lo scorso ottobre, ha introdotto nella Costituzione una norma imperativa secondo la quale «la legge [ordinaria] determina le condizioni in cui si esercita la libertà garantita a una donna di avere un’interruzione volontaria di gravidanza». Una posizione netta, quindi, che renderà impossibile intaccare in futuro la legge Veil del 1974 che ha permesso il ricorso all’aborto di Stato entro le 12 settimane dopo il concepimento.

La contestazione di questo diritto negli Stati Uniti da parte della Corte Suprema (dopo il ribaltamento della sentenza Roe/Wade del 1973), seguita dalle restrizioni messe in atto da alcuni Stati della Federazione a guida repubblicana e da altri Paesi prolife in Europa, hanno spinto la sinistra radicale del partito di Jean-Luc Melenchon Les Insoumis a blindare questo “diritto” in Francia, senza incontrare peraltro grosse resistenze.

Si pensi che al primo voto in Parlamento la proposta è stata approvata infatti con 337 voti a favore e solo 32 contrari! A suo tempo (novembre 2022) la presidente dei deputati Insoumis alla Camera, Mathilde Panot ha commentato così l’esito della votazione, dedicandola alle donne negli Stati Uniti, in Polonia e Ungheria: «È un voto storico. L’Assemblea nazionale parla al mondo, la Francia parla al mondo».

La posizione degli obiettori

Attualmente, come accennato, il “diritto” all’aborto è codificato in Francia principalmente dalla legge Veil che, dalla sua introduzione, è stata modificata più volte in senso estensivo oltre che recepita in altre leggi. In previsione di una possibile vittoria della candidata di destra Marine Le Pen alle presidenziali del 2027, leader politica che personalmente non è contraria all’aborto (non però «alla sua estensione fino alla quattordicesima settimana» [2]), visto che non pochi esponenti del suo partito Rassemblement national lo sono (3), lo schieramento progressista ha pensato di prevenire una futura riforma della legislazione ordinaria con una semplice maggioranza parlamentare.

Imponendo l’onerosa maggioranza dei due terzi del Parlamento riunito in Assemblea Nazionale o quella degli elettori convocati con referendum, infatti, sarebbe difficile poter rivisitare la normativa sull’aborto ormai “costituzionalizzato”.

Vero è che il “diritto” all’aborto era già garantito in Francia dalla giurisprudenza del Consiglio costituzionale ma, una sua menzione nel testo supremo, preclude ora anche un eventuale cambiamento nell’orientamento finora sostenuto dai supremi giudici per il quale lo stesso “diritto” deriva ormai dai diritti fondamentali già inclusi nella Carta, in applicazione dell’articolo 2 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.

Per dividere il fronte dei contrari all’aborto da quello dei perplessi o indecisi, la maggioranza macroniana consente (per ora) il mantenimento della “doppia clausola di coscienza” per i medici obiettori. La prima consente loro di rifiutarsi di eseguire una procedura medica senza dover fornire alcuna giustificazione particolare.

Questa possibilità è garantita agli operatori sanitari dall’articolo R4127-47 del Codice della Sanità Pubblica francese e può essere utilizzata per qualsiasi atto medico. Ma esiste anche una seconda clausola di coscienza specifica per l’aborto che, a partire dalla legge Veil, consente al medico di rifiutarne l’esecuzione solo «se altre strutture sono in grado di soddisfare le esigenze locali» (art. L2212-8 del Codice di sanità pubblica).

Il medico obiettore ha oltretutto il dovere giuridico di «informare senza indugio l’interessata del suo rifiuto e comunicarle immediatamente i nomi dei medici o delle ostetriche che possono eseguire la procedura».

Come dichiarato da Sarah Durocher, presidente dell’Associazione francese per la pianificazione familiare, la costituzionalizzazione dell’aborto non garantirà per sempre gli obiettori, in quanto obiettivo della federazione che raccoglie 70 associazioni e sigle abortiste rimane quello di «continuare a lavorare [per] eliminare la clausola di coscienza dal diritto all’aborto e rendere più facile per le donne abortire con un solo appuntamento invece di tre».

La posizione dei contrari

Profondamente in disaccordo con l’inserimento dell’aborto in Costituzione sono state le associazioni familiari cattoliche, le quali per disinnescare il pericolo hanno cercato di far comprendere, con una campagna di comunicazione, che il ricorso all’aborto non è mai stato e non è in pericolo in Francia.

«Oggi una gravidanza su quattro finisce con un aborto, che testimonia una vera e propria cancellazione del rispetto dovuto a tutti gli esseri viventi, in particolare a quelli più fragili e dipendenti», ha dichiarato in un comunicato l’AFC-Associations Familiales Catholiques. «Se l’aborto fosse sancito dalla Costituzione, potrebbe consentire di ritardare sempre più i termini legali e indebolirebbe la “clausola di coscienza” degli operatori sanitari e delle strutture» (4).

Più sul piano politico l’opposizione condotta dalla Conferenza episcopale francese (Cef) che, nella sua dichiarazione del 29 febbraio 2024, aveva ribadito il principio per cui «l’aborto, che rimane un attentato alla vita fin dall’inizio, non può essere visto esclusivamente nella prospettiva dei diritti delle donne».

La Pontificia Accademia per la Vita (PAV), invece, sia pur ad emendamento costituzionale ormai votato, ha comunque avuto il merito di affermare la verità etica in questione, ovvero che «non può esserci un “diritto” a sopprimere una vita umana» (5).

Francia sempre più in crisi

Anche da questa vicenda si conferma in definitiva come la grande malata d’Europa sia la Francia ormai completamente laicista, almeno nei suoi principali esponenti politico-istituzionali. Incapace di trattare i propri mali, pensa di salvarsi attraverso un individualismo esasperato e una “cultura dei diritti” contrapposta a quella dei doveri, come la crisi sociale e demografica francese continua ad attestare.

A fronte della situazione dei dati macroeconomici che parla di una stagnazione del PIL inferiore di diversi punti percentuali rispetto al suo picco storico, dell’economia sommersa che rappresenta una zavorra, del crollo del tenore di vita del 10% in dieci anni, delle disparità tra nord e sud e del debito pubblico che ha sfondato i 3 mila miliardi di euro (cifra equivalente al 112,4% del PIL), la Francia di Macron pensa di distrarre i ceti medi e popolari con la costituzionalizzazione del “diritto” all’aborto.

Scelta miope e demagogica se anche lo stesso Dipartimento pubblico di ricerca, studi, valutazione e statistica (DREES) ha recentemente pubblicato uno studio sul ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza nel 2022, documentando come sia in aumento dopo due anni di calo eccezionale nel biennio 2020-2021, caratterizzato, come noto, dalla pandemia.

Nel 2022, in Francia, sono stati infatti registrati ben 234.300 aborti, 17.000 in più rispetto al 2021 e circa 7.000 in più rispetto al 2019. Tutti gli indicatori di abortività, in definitiva, appaiono in crescita, tornando a livelli paragonabili, o addirittura superiori, a quelli precedenti alla crisi da Covid-19 (6).

Tutto ciò rende ragione della preoccupazione di Papa Francesco che, in visita apostolica proprio in Ungheria, ha richiamato l’Europa a non trasformarsi «in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli. È questa la via nefasta delle “colonizzazioni ideologiche”, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura gender, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta. Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia» (7).

Un concetto così profeticamente ribadito dal Santo Padre nel discorso rivolto ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno 2023: «La pace esige anzitutto che si difenda la vita, un bene che oggi è messo a repentaglio non solo da conflitti, fame e malattie, ma fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto “diritto all’aborto”. Nessuno può vantare però diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa. Faccio, dunque, appello alle coscienze degli uomini e delle donne di buona volontà, particolarmente di quanti hanno responsabilità politiche, affinché si adoperino per tutelare i diritti dei più deboli e venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani» (8).

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Note

1) Cfr. Conseil d’État, Avis sur un projet de loi constitutionnelle relatif à la liberté de recourir à l’interruption volontaire de grossesse, 12 décembre 2023, www.conseil-etat.fr.

2) Marine Le Pen, Propositions de constitutionnalisation de l’IVG par LFI et Renaissance: l’Enfer est pavé de bonnes intentions – Communiqué de presse, 22 novembre 2022, https://rassemblementnational.fr/.

3) Cfr. Robin D’Angelo, À l’Assemblée, le Rassemblement National compte des députés anti-avortement, Le Journal du Dimanche, 26 juin 2022, www.lejdd.fr.

4) Associations Familiales Catholiques, Droit d’avorter ou liberté d’avorter… c’est tout un ! – Communiqué de presse, Paris 15 décembre 2023, www.afc-france.org.

5) Pontificia Accademia per la Vita, Non può esserci un “diritto” a sopprimere una vita umana. La PAV sul discusso voto in Francia, L’Osservatore Romano, 5 marzo 2024, p. 7.

6) Annick Vilain, avec la collaboration de Jeanne Fresson (DREES), Le nombre des interruptions volontaires de grossesse augmente en 2022, Études er Résultats, n. 1281, 27 septembre 2023, https://drees.solidarites-sante.gouv.fr.

7) Papa Francesco, I solisti della guerra non distruggano il sogno corale della pace, L’Osservatore Romano, 28 aprile 2023, p. 3.

8) Papa Francesco, Nessuna pace è possibile senza un disarmo integrale, L’Osservatore Romano, 9 gennaio 2023, p. 3.

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