Aborti in calo, ma sarà vero?

abortoRassegna Stampa 29 luglio 2009

a cura della redazione

Alla fine di luglio, come consueto, il ministero della salute ha presentato la relazione sull’attuazione della legge 194, che dal 1978 ha reso legale l’aborto in Italia. In essa sono contenuti i dati preliminari per l’anno 2008 ed i dati definitivi relativi all’anno 2007, raccolti dal sistema di sorveglianza epidemiologica delle interruzioni volontarie della gravidanza (IVG) relativi all’andamento generale del fenomeno, alle caratteristiche delle donne che vi fanno ricorso, alle modalità di svolgimento dell’IVG.

Il monitoraggio avviene a partire dalla compilazione dei modelli D12 dell’Istat che prevede informazioni sulle caratteristiche socio-demografiche delle donne, sui servizi coinvolti nel rilascio della certificazione e nell’intervento e sulle modalità dell’intervento.

Per ogni intervento di IVG viene compilato un modello Istat D12, e successivamente inoltrato dalla struttura in cui è stato effettuato l’intervento alla Azienda sanitaria, e quindi alla Regione di riferimento, la quale raccoglie i dati di tutti i modelli pervenuti dalle strutture sanitarie di competenza, per rispondere ad un questionario trimestrale ed annuale, predisposto dall’Istituto superiore della sanità e dal Ministero. I dati sono quindi elaborati e inseriti nella relazione parlamentare, quest’anno svolta dall’onorevole Maurizio Sacconi

Gli aborti nel 2008

Secondo tale osservatorio dunque nel 2008 sono state effettuate 121˙406 IVG (dato provvisorio), con un decremento del 4.1% rispetto al dato definitivo del 2007 (126˙562 casi) e un decremento del 48.3% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’IVG (234˙801 casi). Il tasso di abortività (numero delle IVG per 1˙000 donne in età feconda tra 15-49 anni), l’indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza al ricorso all’IVG, nel 2008 è 2 risultato pari a 8.7 per 1˙000, con un decremento del 4.6% rispetto al 2007 (9.1 per 1˙000) e un decremento del 49.4% rispetto al 1982 (17.2 per 1˙000).

Dal 1983 i tassi di abortività sono diminuiti in tutti i gruppi di età, più marcatamente in quelli centrali. Per quanto riguarda le minorenni, il tasso di abortività nel 2007 è risultato pari a 4.8 per 1˙000 (4.9 per 1˙000 nel 2006), con valori più elevati nell’Italia settentrionale e centrale. Come negli anni precedenti, si conferma il minore ricorso all’aborto tra le giovani italiane rispetto a quanto registrato negli altri Paesi dell’Europa Occidentale.

Anche se i dati non sono strettamente comparabili, poiché i sistemi di sorveglianza e monitoraggio degli altri paesi occidentali non sempre sono efficienti come quello italiano, il rapporto porta anche il paragone con alcuni paesi europei: per donne con meno di venti anni, nel 2007 in Italia il tasso di abortività è pari a 7.5 per mille; nello stesso anno in Inghilterra e Galles è 25 per mille; nel 2006 in Francia è 16.4 per 1000; nel 2004 negli Usa è 20.5 per mille, e nel 1996 in Svezia era già a 17.7 per mille.

Il rapporto di abortività (numero delle IVG per 1˙000 nati vivi) è risultato pari a 213.3 per 1˙000 con un decremento del 4.9% rispetto al 2007 (224.3 per 1˙000) e un decremento del 43.9% rispetto al 1982 (380.2 per 1˙000).

Le tecniche più usate

L’analisi delle caratteristiche delle IVG, che è riferita solo ai dati definitivi dell’anno 2007, conferma che nel corso degli anni è andato crescendo il numero degli interventi effettuato da donne con cittadinanza estera, raggiungendo nel 2007 il 32.2% del totale delle IVG, (nel 2006 la percentuale era stata 31.6%), mentre, nel 1998, tale percentuale era del 10.1%.

Questo fenomeno influisce sull’andamento generale dell’IVG in Italia determinando una rallentamento della diminuzione del numero totale degli interventi riguardanti le sole donne italiane. Infatti, considerando solamente le IVG effettuate da cittadine italiane (e avendo cura di ripartire per cittadinanza i casi che non disponevano dell’informazione, Regione per Regione) il dato risulterebbe essere 130˙546 nel 1996, 124˙448 nel 1998, 113˙656 nel 2000, 106˙918 nel 2001, 104˙403 nel 2002, 99˙081 nel 2003, 101˙392 nel 2004, 94˙095 nel 2005, 90˙587 nel 2006 e 86˙014 nel 2007, con una riduzione del 5.0% rispetto al 2006 e del 34.1% rispetto al 1996.

Come calcolato dall’Istat, il tassodi abortività per le cittadine italiane di età 18-49 anni nel 2005 (ultimo anno per cui è possibile effettuare il calcolo) è risultato, quindi, 7.1 per 1˙000, con una diminuzione del 19.3% rispetto al valore corrispondente del 1996 (8.8). Il dato corrispondente per le donne straniere è 26.5 per mille

L’aborto tra le donne straniere in Italia

Le IVG effettuate da cittadine straniere nel 2007 sono state 40224, di cui 21717 di donne provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est (circa la metà), e 6825 effettuate da donne residenti all’estero. Tenendo conto della rilevanza dell’IVG tra le donne straniere nella relazione ministeriale sono riportate, per le variabili significative, le distribuzioni di frequenza per cittadinanza italiana e straniera, al fine di una più accurata descrizione del fenomeno. Tuttavia occorre segnalare che questi dati, specie quelli socio-demografici, possono risentire di una difficoltà di rilevazione legata a difficoltà di comprensione della lingua italiana e quindi vanno valutati con cautela.

In generale nel corso degli anni le più rapide riduzioni del ricorso all’aborto sono state osservate tra le donne più istruite, tra le occupate e tra le coniugate. «La sempre maggiore incidenza dell’IVG tra le donne con cittadinanza estera impone, inoltre, una particolare attenzione rispetto all’analisi del fenomeno», si legge nella relazione introduttiva, «in quanto le cittadine straniere, oltre a presentare un tasso di abortività, peraltro diverso per nazionalità, stimato 3-4 volte maggiore di quanto attualmente risulta tra le italiane, hanno una diversa composizione socio-demografica, che muta nel tempo a seconda del peso delle diverse nazionalità, delle culture di provenienza, e dei differenti approcci alla contraccezione e all’IVG nei paesi di origine».

«A fronte della continua riduzione del ricorso all’aborto tra le donne italiane, riduzione più lenta nelle condizioni di maggiore svantaggio sociale, il costante aumento degli aborti effettuati da donne straniere, dovuto anche al costante aumento della loro presenza nel Paese, rappresenta una criticità importante. Tuttavia, l’indagine svolta dall’ISS sulle IVG effettuate dalle donne straniere nel 2005-2006 (i risultati sono stati pubblicati nel rapporto ISTISAN 06/17) mette bene in evidenza come anche per le straniere il ricorso all’aborto rappresenti, nella maggioranza dei casi, una estrema ratio, e si debba anche a una scarsa conoscenza generale della fisiologia della riproduzione»

L’aborto clandestino

Nella relazione dello scorso anno, ricorda Sacconi, è stata fornita una stima aggiornata degli aborti clandestini, dopo gli ultimi calcoli effettuati per il 2001. La stima, pari a 15˙000 aborti clandestini, la maggior parte dei quali si riferiscono all’Italia Meridionale, è relativa all’anno 2005, ultimo anno per il quale sono disponibili tutti i dati per calcolare gli indici riproduttivi necessari per l’applicazione del modello. Si conferma, quindi, la contemporanea diminuzione dell’abortività legale e clandestina tra le donne italiane (quest’ultima era stata stimata pari a 100.000 casi nel 1983).

La percentuale di IVG effettuate da donne con precedente esperienza abortiva è risultata pari al 26.9% , come nel 2006. Le percentuali corrispondenti per nazionalità sono 21.5% per le italiane e 37.2% per le straniere (21.6% e 38.2%, rispettivamente, nel 2006). La percentuale di aborti ripetuti riscontrato in Italia è tra le più basse a livello internazionale. Nell’abortire si è fatto maggiormente ricorso alla procedura di urgenza, come nei precedenti anni, in Toscana (22.7%), In Emilia Romagna (14.7%) e in Campania (12.8%).

La quasi totalità degli interventi ormai avviene in day hospital con degenze inferiori ad 1 giorno (91.2% dei casi) e l’isterosuzione, in particolare la metodica secondo Karman, rappresenta la tecnica più utilizzata (86.2%) e l’80.8% delle IVG viene effettuato entro la decima settimana gestazionale Dopo i 90 giorni la percentuale di IVG è stata nel 2007 del 2.8%. La percentuale di IVG tra 13 e 20 settimane è stata del 2.1%; quella dopo 21 settimane è stata dello 0.7%, invariata rispetto agli ultimi anni.

L’aborto chimico

Dal 2005 alcuni istituti hanno utilizzato l’approccio farmacologico per l’interruzione della gravidanza. Da quanto riferito dalle Regioni, nel 2005 il Mifepristone (RU486) per l’aborto medico, è stato utilizzato in due Regioni (Piemonte e Toscana) per un totale di 132 casi; nel 2006 in quattro Regioni ed una Provincia Autonoma (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Trento), per un totale di 1˙151 casi, pari allo 0.9% delle IVG effettuate, nel 2007 in quattro Regioni ed una Provincia Autonoma (Emilia Romagna, Toscana, Marche, Puglia e Trento) per un totale di 1˙010 casi (0,8% di tutte le IVG). Attualmente per questa procedura abortiva – ricorda il rapporto – non esistono rilevazioni sistematiche.

I dati forniti da alcune regioni in cui è stato applicato il metodo farmacologico, indicano una prassi di ricovero in day hospital: in Emilia Romagna, per esempio, il profilo di assistenza per l’IVG con metodo farmacologico che l’Assessorato politiche per la salute della Regione ha trasmesso alle Aziende sanitarie regionali prevede due accessi in day-hospital a distanza di due giorni per la somministrazione dei due farmaci, oltre ad una visita ambulatoriale di controllo in 14a giornata.

Relativamente al 2007, su 563 IVG effettuate con metodo farmacologico, solo per una si è verificato un ricovero di due giorni. Le altre 562 sono state effettuate in regime di ricovero in day hospital come previsto dall’assessorato regionale. In 37 casi (6.6%) alla procedura farmacologica ha fatto seguito una revisione di cavità causa mancato o incompleto aborto.

Il ministero segnala «l’ evidente la discrepanza fra l’uso, segnalato, che si fa di prassi di questa procedura abortiva, e quello consigliato da due diversi pareri del CSS; in particolare, secondo il parere del 18.3.2004 “i rischi connessi all’interruzione farmacologica della gravidanza si possono considerare equivalenti alla interruzione chirurgica solo se l’interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero”.

Tra le motivazioni addotte c’è “la non prevedibilità del momento in cui avviene l’aborto”, e “il rispetto della legislazione vigente che prevede che l’aborto avvenga in ambito ospedaliero”. Secondo il successivo parere del 20.12.2005 “l’associazione di mifepristone e misoprostolo deve essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla predetta legge e la donna deve essere ivi trattenuta fino ad aborto avvenuto”»

Obiezione di coscienza

Negli ultimi anni c’è stato un aumento generale dell’obiezione di coscienza negli. A livello nazionale, per i ginecologi si passa dal 58.7% del 2005 al 69.2% del 2006 al 70.5% del 2007; per gli anestesisti , negli stessi tre anni, dal 45.7% al 52.3%; per il personale non medico, dal 38.6% al 40.9%. Per alcune Regioni l’aumento è molto rilevante. Percentuali superiori all’80% tra i ginecologi si osservano nel Lazio (85.6%), in Basilicata (84.1%), in Campania (83.9%), in Sicilia (83.5%) e in Molise (82.8%).

Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo di più di 77% in Molise e Campania) e i più bassi in Toscana (29.0%) e a Trento (31.6%). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo di 82.5% in Sicilia e 82.0% in Molise.

La diminuzione dei tempi di attesa tra rilascio della certificazione ed intervento, e, il contemporaneo aumento della percentuale di personale obiettore, sembrano indicare che il livello dell’obiezione di coscienza non ha una diretta incidenza nel ricorso all’IVG. Il ricorso al consultorio familiare per la documentazione/certificazione rimane ancora basso (37.2%), specialmente al Sud e Isole, anche se leggermente aumentato, in gran parte per il maggior ricorso ad esso da parte delle donne straniere. Infatti per il 2007 questo dato è risultato 30.6% tra le donne italiane rispetto al 51.2% per le cittadine straniere. Quest’ultime ricorrono al consultorio in quanto servizio a bassa soglia di accesso, anche grazie alla presenza della mediatrice culturale.

Il numero dei consultori familiari pubblici notificato recentemente dalle Regioni, è stato 2085 e 116 quelli privati; pertanto risultano 0.7 consultori per 20˙000 abitanti, come nel 2006, valore inferiore a quanto previsto dalla legge 34/1996 (1 ogni 20˙000 abitanti). Da diversi anni il loro numero è in continuo mutamento, comunque sempre decrescente

Conclusioni 

Le conclusioni della relazione ministeriale sugli aborti in Italia sono le seguenti. Si conferma la tendenza storica alla diminuzione dell’IVG in Italia, che diventa ancor più evidente se si scorporano i dati relativi alle donne italiane rispetto a quelli delle straniere. Il tasso di abortività in Italia è fra i più bassi tra i paesi occidentali e in particolare per quanto riguarda le minorenni e gli aborti ripetuti. Sempre secondo la relazione «siamo in un paese a bassa natalità ma anche basso ricorso all’IVG, dunque l’aborto non è utilizzato come metodo contraccettivo, e insieme un paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Rimane elevato, ed è comunque in aumento, il ricorso all’IVG da parte delle donne straniere, che seguono comportamenti differenti per nazionalità e cultura di provenienza, anche a causa dei diversi approcci ed accessi alla procreazione responsabile e all’IVG nei paesi di origine.

LEGGE 194. SI TRATTA DI VERA DIMINUZIONE DEGLI ABORTI?

«Per chi lotta da decenni strenuamente contro l’aborto anche con la speranza di ridurne la frequenza (nel solo 2008 sono stati 14mila i bambini nati con l’aiuto dei Centri di aiuto alla vita) può essere motivo di soddisfazione leggere nella relazione ministeriale che le Ivg legali sono diminuite pur restando un numero tuttora spaventoso se pensiamo che i bambini sono sempre bambini anche quando sono nascosti nel seno materno» commenta così Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, i dati contenuti nella relazione annuale sulla legge 194.

«Poiché siamo inguaribili ottimisti vogliamo credere che l’eventuale riduzione degli aborti sia dovuta anche ad una crescita di una cultura della vita: vediamo infatti che al diminuire degli aborti corrisponde un parallelo aumento dell’obiezione di coscienza del personale sanitario. Potrebbe essere il segno appunto di un aumentato riconoscimento del diritto a vivere di ogni concepito.

«Ma siamo anche realisti ed allora ci domandiamo se la diminuzione di aborti sia vera. Non solo non è fornita alcuna dimostrazione sull’asserita diminuzione degli aborti clandestini tradizionali, ma si dimentica la vendita di circa 400mila confezioni di pillola del giorno dopo la cui assunzione in non pochi casi ha determinato la distruzione di precocissimi embrioni, cioè la realizzazione di migliaia di aborti occulti e quindi clandestini.

«Dispiace che la Relazione abbia ignorato il lavoro del volontariato per la vita, pur previsto dalla legge 194 e dispiace che ancora una volta non si sia potuto dare risposta alla antica richiesta del Movimento per la vita di indicare nella relazione annuale non solo il numero dei morti (gli aborti) ma anche quello dei vivi sottratti all’aborto dal sistema di prevenzione post concezionale che dovrebbe essere costituito dai consultori familiari.

«Infine, poiché intendiamo continuare con maggior lena a difendere il diritto alla vita ripetiamo gli obiettivi che in questa legislatura è possibile raggiungere: la riforma profonda dei consultori familiari in modo che essi siano davvero lo strumento con il quale lo Stato, quando ritiene di non dover né punire né proibire l’aborto, tuttavia si schiera limpidamente a protezione dei diritti del nascituro; la proclamazione legislativa che tutti gli esseri umani sono uguali fin dal concepimento come già lascia intravvedere l’articolo 1 della legge 40, ma come meglio deve essere detto attraverso la interpretazione autentica dell’articolo 1 della legge 194 o meglio ancora attraverso il riconoscimento della capacità giuridica fin dal concepimento.

La proposta all’Onu di una moratoria sull’aborto proposta dall’Italia» conclude Casini «non ha senso e forza se non la si comincia ad attuare in Italia nei modi sopraindicati».

La relazione del ministro Sacconi (Pdf)