A qualcuno piace gay

lobbyIl Timone n. 119 Gennaio 2013

Dietro l’ascesa e il potere delle lobby omosessuali stanno le grandi fondazioni americane. Da armi del movimento  per il controllo delle nascite all’infiltrazione nella Commissione europea, la storia di una lobby di successo

di Riccardo Cascioli

Che le organizzazioni omosessuali siano diventate molto influenti in tutto il mondo non è certo una novità. E si sa che, quando si è potenti, sono in tanti a rendere omaggio, nella speranza probabilmente di ricavarne un qualche vantaggio o, almeno, di non essere disturbati nei propri affari. Però nella schiera di banchieri e filantropi che fanno la fila per donare soldi alle varie organizzazioni gay c’è qualcosa che stona, un sostegno che appare fin esagerato. Anche perché solo in parte questi fondi vengono elargiti a potenza della lobby gay già acquisita, molti di più ne sono stati dati in passato per sostenerla nell’acquistare potere.

Per stare a tempi recenti, si deve notare come le organizzazioni e le campagne gay beneficino abbondantemente della “responsabilità sociale” delle multinazionali americane. Negli Stati Uniti è infatti consuetudine che le grandi aziende e i grandi imprenditori riservino una parte dei profitti per sostenere opere sociali, a favore della collettività o delle comunità territoriali che ospitano le aziende.

Così, oltre a finanziare scuole e altri progetti di sviluppo, Bill Gates – che ha una Fondazione a suo nome e a quello di sua moglie Melinda – investe questi fondi per sostenere le battaglie gay: recentemente ha versato 100mila dollari per sostenere il referendum prò-matrimonio gay nello Stato di Washington; e altrettanto ha versato il suo amministratore delegato Steve Ballmer.

L’azienda ha poi donato altri 10mila dollari, affermando che per Microsoft «approvare la legge sarebbe ottimo per i nostri affari e per l’economia dello Stato». Altre aziende che hanno seguito l’esempio sono Nike, Starbucks, Alcoa e Google. A proposito di Google, l’impegno non è soltanto economico, ha infatti lanciato la campagna “Legalise Love” puntando a «promuovere condizioni più sicure per le persone gay e lesbiche, all’interno e all’esterno dell’ambiente lavorativo, in paesi con leggi anti-omosessualità». Impegno diretto è anche quello di Facebook, dove c’è una funzione che permette di far risultare sposate due persone dello stesso sesso.

E sempre per rimanere ai “nuovi ricchi”, i grandi del web, Jeff Bezos, numero 1 di Amazon, ha versato quest’anno nelle casse delle organizzazioni che hanno promosso il referendum per il matrimonio gay ben 2 milioni e mezzo di dollari. Ma tradizionalmente a sostenere la lobby gay sono tutte le grandi fondazioni americane, dai Rockefeller a Ford fino all’Open Society di George Soros, ed è addirittura a queste fondazioni che si deve la grande crescita dei movimenti per i diritti degli omosessuali.

Il perché è da ricercarsi anzitutto nel ruolo che i grandi filantropi statunitensi hanno avuto nell’origine del movimento per il controllo delle nascite. Motivato sia da aspetti ideologici (il darwinismo sociale, con la facilitazione della selezione naturale), sia razziali (la preservazione della maggioranza bianca e protestante negli Stati Uniti), sia economici (l’accesso a risorse abbondanti e poco costose per gli Usa in paesi dove una forte crescita della popolazione avrebbe potuto provocare cambiamenti politici sgraditi), il controllo della popolazione è stato un caposaldo della politica interna ed estera americana dagli anni ’60 del XX secolo in avanti.

Ancora nel 1994, alla vigilia della Conferenza internazionale dell’Onu su popolazione e sviluppo svoltasi al Cairo, l’allora presidente americano Clinton fece arrivare a tutti i governi che avevano relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti un messaggio in cui chiariva esplicitamente che le politiche di controllo della popolazione nei paesi poveri erano considerate una priorità per la politica estera degli Stati Uniti.

Come a dire: non provate neanche a contrastare i nostri piani, pena ritorsioni economiche e politiche. Fin dagli inizi, la promozione di stili di vita omosessuali è stata una delle strade individuate per raggiungere questo obiettivo, insieme alla diffusione di contraccezione e aborto, e all’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole.

Non per niente si tratta di campagne e movimenti che sono cresciuti di pari passo, a cui a un certo punto si è unito anche il movimento ecologista. Il tutto a suon di milioni di dollari, investiti dalle fondazioni di cui sopra, in particolare dai Rockefeller, che sono tra i fondatori e i principali finanziatori di organizzazioni e centri di ricerca che hanno provveduto per decenni a fornire documentazione “scientifica” e culturale che ha fortemente influenzato governi e opinione pubblica.

Rientrano in questa attività anche i Rapporti Kinsey, del 1948 e del 1953, che hanno segnato una vera e propria rivoluzione sessuale, con l’introduzione del concetto di “orientamento sessuale” e la promozione dell’omo-orientamento naturale. Ma la Fondazione Rockefeller sta dietro anche alla ricerca sui contraccettivi iniettabili (le pillole hanno l’inconveniente che il loro uso dipende dalla volontà della donna, mentre gli impianti sottocutanei lasciano il controllo ai medici) e alla commercializzazione della pillola abortiva RU-486.

Le unioni tra persone dello stesso sesso, la separazione del sesso dalla procreazione, la promozione della promiscuità e, infine, la preoccupazione per il futuro del pianeta, sono tutti aspetti che mirano alla distruzione della famiglia e al controllo delle nascite. Si può anche notare come tutti questi aspetti tendono allo stesso tempo a rovesciare la legge naturale, sovvertendo il significato di vita e famiglia, il che lascia facilmente intuire perché la Chiesa cattolica sia il nemico numero 1 di questa lobby finanziaria.

L’idea vincente di Rockefeller e soci, che ha originato il salto decisivo di queste campagne contro-natura, è stata quella di fare in modo che fossero finanziate attraverso i fondi pubblici, dei singoli governi e soprattutto delle istituzioni sovranazionali, ONU prima e Unione Europea dopo. Non a caso, negli ultimi anni gli aiuti multilaterali (quelli che passano attraverso le istituzioni internazionali) hanno sostituito in gran parte gli aiuti bilaterali (quelli da Stato a Stato), rendendo praticamente impossibile il controllo sulla loro effettiva destinazione.

In questo modo, oggi miliardi di dollari arrivano alle associazioni che promuovono l’omosessualità, l’aborto, la contraccezione, l’educazione sessuale, pagati soprattutto con le tasse dei cittadini dei paesi industrializzati. Un solo esempio basta per capire: la sezione europea della più importante organizzazione internazionale di omosessuali (ILGA, International Lesbian and Gay Association), è finanziata in gran parte dalla Commissione Europea.

L’ILGA è un gruppo che ha come scopo proprio quello di fare azione di lobby presso governi e istituzioni internazionali, ma per molto tempo gli è stato negato l’accredito all’Onu per via di collegamenti a gruppi che promuovono la pedofilia. Ebbene, dal I bilancio presentato per il 2011 si evince che il 68% dei fondi arrivano dalla Commissione Europea e un altro 3% dal governo olandese. Il resto viene dai soliti filantropi, come George Soros, Sigrid Rausing e un altro donatore anonimo. E per il 2012 su un budget i previsto di 1 milione 950mila euro, 1 milione arriva dalla Commissione Europea e 334mila euro dal governo olandese.

In pratica, si ha il paradosso di una Commissione Europea che è il principale donatore di una organizzazione che ha lo scopo di fare lobby nella stessa Commissione e all’Europarlamento. Nella promozione dell’omosessualità, dunque, le istituzioni europee fanno lobby a se stesse. E noi paghiamo.