Rigenerare i nostri valori non certo smorzarli

islam_occidenteAvvenire 9 luglio 2005

Piero Gheddo

 Leggendo i commenti all’attentato terroristico di Londra, si è presi da un certo angoscioso stupore: lo sdegno contro i criminali attentatori si spreca, ma gli appelli per una maggior vigilanza e fermezza lasciano il tempo che trovano; c’è sbalordimento, come se attentati del genere non fossero ormai abbastanza comuni, da New York a Madrid, da Bali a Casablanca, da Istanbul a Londra, ecc.

È evidente che c’è un terrorismo contro i popoli occidentali e contro i regimi islamici alleati con l’Occidente. Tutti deprechiamo questa situazione, ma nessuno indica la via di soluzione. Il nostro mondo democratico e ricco si trova spiazzato. L’abisso tra il nostro desiderio di vivere tranquilli e la violenza di un nemico che non si capisce dov’è e cosa vuole ci fanno imbestialire: non comprendiamo che le radici di questa reazione anti-occidentale sono molto più profonde e diffuse di quanto in genere si pensa.

Viviamo in un mondo secolarizzato, non siamo più in grado di comprendere logiche che esulano dalla nostra mentalità e costume di vita. Parlo con un missionario italiano che vive in Bangladesh: in Occidente non si capisce la radice del terrorismo di matrice islamica, che non è solo economica e di sottosviluppo, ma religiosa e ideologica e si vuole combattere con lo strumento sbagliato, la guerra.

Il vero problema è questo: fra i popoli musulmani è cresciuta la convinzione che l’Occidente ha prodotto una civiltà corrotta e oppressiva dell’uomo, che conduce alla morte. Sono popoli che vivono in una civiltà sacrale, credono alla presenza di Dio nella storia dell’uomo e hanno sperimentato che, negli ultimi secoli, l’Occidente ha soggiogato i popoli e ha affossato la cultura e il modello di vita islamico, allontanandoci sempre più da Dio e dalla sua Legge.

L’Occidente è immorale e corrotto, ha sempre meno bambini e insegue uno sviluppo puramente materiale che non porta da nessuna parte: né alla felicità di chi è ricco, né ad una uguaglianza nella distribuzione dei beni che si producono. Su questa mentalità molto diffusa si inserisce la predicazione islamica, non dell’islam tradizionale che era in atteggiamento di accettazione e anche di cordialità verso l’Occidente: questa la situazione che i missionari hanno trovato in Bangladesh cinquant’anni fa e in altri paesi islamici.

Oggi si infiltra la visione radicale delle nuove madrasse (scuole coraniche) nate dal finanziamento dei paesi del petrolio (specie l’Arabia Saudita). Nel solo Bangladesh sono circa 40mila: noi musulmani dobbiamo conservare la nostra identità e vita religiosa, perché questa è la nostra speranza, il nostro futuro, anzi il futuro dell’umanità. Il compito storico che Dio ci affida è di ridare vitalità religiosa all’Occidente, diffondendo ovunque la volontà di Dio manifestata dalla Legge dell’islam. L’Occidente e il cristianesimo hanno fallito, ritorniamo all’islam puro e duro.

Cosa fare? La domanda vera è questa. Non esiste una risposta facile, che porti a risultati immediati. Ma a lunga scadenza la soluzione, in sintesi, è duplice: essere presenti nel mondo islamico con il dialogo e la carità (nella guerra del Golfo, nei paesi islamici il popolo non attaccava le missioni cristiane che aiutavano e avevano atteggiamento di rispetto e di dialogo); e poi, soprattutto, l’Occidente, per “difendere i nostri valori” come ha detto Blair, deve tornare alla radice di questi valori che sono nella civiltà cristiana.

Per quanto paradossale appaia, il futuro non sta nell’attenuazione dei valori fino alla loro sparizione, ma nella riscoperta degli stessi, rispetto alla cultura dominante, materialista, economicista e laicista. È un discorso difficile da fare, d’accordo. Si è detto mille volte che abbiamo creato “una civiltà senz’anima” e ora la storia si incarica di sollecitarci a discutere e a capire che quest’anima può darla il ritorno a quell’ispirazione che ha reso grande l’Occidente.