L’Africa e la fame

fame_AfricaArticolo pubblicato su Il Corriere del Sud

E’ colpa della meteorologia, dell’occidente cinico e sfruttatore o delle manie dittatoriali e rivoluzionarie dei governanti africani?

di Domenico Bonvegna

Ogni volta che si convoca un assise internazionale riguardante i problemi del terzo mondo, o meglio se si tratta della FAO, allora subito scattano i soliti meccanismi terzomondisti, per attaccare i Paesi occidentali “ricchi”, colpevoli di affamare o di non aiutare abbastanza i Paesi del Sud del mondo.

Che questi Paesi siano sottosviluppati, afflitti da denutrizione e da malattie endemiche (come l’AIDS)è un dato di fatto che nessuno può negare. Attualmente sono circa 200 milioni le persone a rischio di morte per fame, e di questo numero la stragrande maggioranza appartiene all’Africa. Alcuni Paesi sono particolarmente a rischio come il Malawi, lo Zambia, il Mozambico, la Somalia, il Zimbawe, l’Angola.

Molti di questi Paesi devono il proprio sottosviluppo alle instabilità meteorologica dei loro territori: piogge violentissime e la siccità, provocano condizioni di vita impossibile. Ma non sono solo queste le cause del sottosviluppo, molte colpe sono da addebitare essenzialmente ai governi corrotti che lasciano i propri popoli senza scuola né assistenza sanitaria.

Prendiamo il caso più eclatante, quello dello Zimbawe, l’ex Rhodesia del presidente-dittatore Robert Mugabe, che ha attuato una politica interna marx-razzista, rivolta contro i cittadini d’origine europea e quelli d’etnia “ndebele”. Ebbene, «Mugabe ha adottato negli ultimi tre anni una politica che si potrebbe definire “neoanticolonialista militante”, consistente nell’esproprio delle prospere fattorie dei cittadini bianchi che ne erano proprietari da decenni, che le avevano avviate e sviluppate e che contribuivano alla produzione nazionale.

I militanti di Mugabe hanno espulso da quelle terre non solo i proprietari coltivatori bianchi ma anche gli operai ed i contadini negri, “colpevoli” di lavorare alle dipendenze dei bianchi. Poi hanno bivaccato in quelle fattorie, consumando i beni esistenti senza però provvedere ad accudire alle bestie ed alle coltivazioni: non lo sanno fare, e non ne hanno voglia, tanto loro sono rivoluzionari.

In tal modo la produzione di grano è calata a sole 120.000 tonnellate, e lo Zimbawe, paese esportatore di beni alimentari, oggi inizia a sentire i problemi della fame» (Nazzareno Mollicone, Le colpe “rimosse” dei governi africani, in Il Secolo d’Italia, 13 /6/2002). E’ colpa della meteorologia, dell’Occidente cinico e sfruttatore o delle manie dittatoriali e rivoluzionarie dei governanti africani?

Una situazione che non si verifica solo nell’ex Rhodesia, ma anche in altri Paesi, lo Zambia, nel Malawi, dove la corruzione del governo ha dilapidato le riserve alimentari, mentre le organizzazione assistenziali internazionali hanno ridotto i loro rifornimenti perché temono che finiscono con l’arricchire i governanti anziché sfamare la popolazione.

Il Sudan coinvolto in una guerra da 45 anni che ha causato oltre 2 milioni di vittime, il nord arabo islamico contro il sud cristiano. L’Angola, il Mozambico, la Somalia, coinvolti per anni in guerre civili che li hanno ridotti alla fame. Si potrebbe continuare, ma è evidente che la colpa della fame endemica risiede principalmente nelle locali classi dirigenti, in genere corrotte, incapaci, faziose e discriminatorie con le etnie rivali, ed ostili all’Europa ed all’Occidente.

«La riprova sta nel fatto che in Sudafrica, paese dove sono rimaste funzionanti le strutture del precedente governo segregazionista bianco e dove si consente alla numerosa comunità d’origine europea di operare in tranquillità (a parte l’ordinaria e purtroppo crescente criminalità comune), la situazione alimentare è tranquilla tanto da consentire esportazioni verso i vicini affamati».(Ibidem).

Recentemente al congresso della FAO a Roma, all’incontro di Kananaskis (Canada) il G8 si sono preoccupati per l’Africa, promettendo i soliti aiuti economici, Sufficienti, insufficienti? Si chiede padre Piero Gheddo , ma «il problema non è questo. L’Africa nera ha bisogno di ben altro che di qualche miliardo di dollari in più: i soldi servono, certo, ma solo se usati bene.

Secondo un’indagine dell’Università italiana di Mogadiscio, dal 1960 al 1985 l’ex colonia italiana aveva ricevuto aiuti dall’estero per una media annuale di 100 dollari per ciascuno dei 4 milioni di somali, cioè circa 400 milioni di dollari. Ma la Somalia, fra una guerra e l’altra, è ritornata al tempo precoloniale, non esiste più stato né governo riconosciuto». (Piero Gheddo, Aiutiamo l’Africa a crescere, in Avvenire, 4 luglio 2002)

Dunque i rimedi proposti sono sempre gli stessi: dare più soldi. Ma passano gli anni e la situazione peggiora invece di migliorare. «Abbiamo illuso le èlites africane dicendo che il sottosviluppo viene dalle multinazionali, dal capitalismo, dall’Occidente. L’Europa ha la gravissima responsabilità di aver dato l’indipendenza all’Africa in pochi anni nell’ultimo dopoguerra, senza averla preparata a governarsi. Cosa fare?

Bisogna partire dal popolo, educare il popolo, proteggerlo dai dittatori e dai militari, rispettare i diritti dell’uomo e della donna, far evolvere rispettosamente culture ancora inadeguate al mondo moderno» (Ibidem). Del resto Giovanni Paolo II nella “Redemptoris Missio”, (n.58-59) scrive: «Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla maturazione delle mentalità e dei costumi. E’ l’uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica».