La crisi giuridica ovvero l’ingiustizia legale

culturpolOsservatorio Internazionale

Cardinale Van Thuan

11 febbraio 2014

Martedì 11 febbraio 2014 Stefano Fontana e Fabio Trevisan hanno presentato a Verona il V Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa del nostro Osservatorio. Pubblichiamo qui di seguito il testo dell’intervento di Stefano Fontana.

La crisi giuridica ovvero l’ingiustizia legale

nel V Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo

Verona, 11 febbraio 2014

Stefano Fontana

Il V Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân è dedicato quest’anno alla crisi giuridica. I fenomeni di crisi giuridica sono molti e diversi. Il Rapporto non ne fa un inventario, ma si sofferma su un aspetto particolare della crisi giuridica, ritenendolo fondamentale.

Questo aspetto emerge con grande chiarezza in quello che il Rapporto considera il “caso dell’anno”, dato il suo valore emblematico. Mi riferisco alla sentenza del 28 novembre 2012 con cui la Corte interamericana per i Diritti Umani ha condannato lo Stato del Costa Rica per non avere ancora una legge che preveda il riconoscimento delle coppie omosessuali e che permetta l’inseminazione artificiale. A leggere la sentenza appare con grande chiarezza perché questo caso sia emblematico. In essa la Corte afferma che «l’embrione umano non può essere considerato persona», che il concepimento «ha luogo da quando l’embrione viene impiantato nell’utero» e che «la protezione del diritto alla vita […] non è assoluta, ma graduale e incrementale in relazione allo sviluppo».

E’ di assoluta evidenza che in questo caso siamo davanti ad una sentenza “metafisica”. La Corte pretende di definire cosa debba intendersi per persona umana, di stabilire che l’embrione umano non possiede le caratteristiche della persona, di precisare quando si possa dire che nasce una nuova vita e quindi cosa si debba intendere per vita, e di elencare le caratteristiche che delimitano il diritto alla vita.

Faccio notare un aspetto su cui dovremo poi riflettere. Il contesto culturale attuale è di pensiero debole e di relativismo accentuato. La ragione non ritiene ormai più possibile conoscere nessuna verità oltre agli aspetti misurabili della realtà. Come diceva Benedetto XVI, la ragione ha ceduto ad un suo processo interno di “autolimitazione”. Prevale la filosofia dell’uguaglianza. Tutto è lo stesso. Ci si potrebbe allora aspettare che le Corti di giustizia, davanti a problematiche come quelle di cui si parla nel caso del Costa Rica, si astenessero e non entrassero in un campo così impegnativo sul fronte della verità. Se non c’è verità, ogni Stato dovrebbe potersi comportare come meglio crede.

Su questioni di quel genere, ossia tali che per il pensiero mondano di oggi è impossibile conoscere cosa sia vero e cosa no, le Corti di giustizia diventerebbero inutili, non dovrebbero occuparsene. Invece così non è. La Corte in questione, in una cultura radicalmente antimetafisica, ha emesso delle sentenze metafisiche. Dicendo che la vita inizia non con la fecondazione ma con l’impianto dell’embrione ha addirittura contraddetto ogni evidenza scientifica, e non ha avuto alcun pudore a farlo.

Cosa significa tutto ciò? La cultura debole e relativista che oggi domina il mondo non accetta le definizioni metafisiche della dottrina cattolica e della intelligenza filosofica.  Ma questo non vuol dire che essa si tiri fuori dal gioco delle definizioni metafisiche, ne emette altre esattamente contrarie a quelle della dottrina cattolica e dell’intelligenza filosofica. Dire che l’embrione è un grumo di cellule è un costrutto metafisico, dire che l’embrione non è persona è una espressione metafisica, dire che la famiglia è anche quella tra due omosessuali è una definizione metafisica.

Quella Corte di giustizia ha voluto ripensare l’essere. Ha sposato la visione gender, che è una ri- plasmazione dell’umanità, una “nuova creazione” contraria a auella voluta da Dio. L’aspetto tragico di tutto questo consiste nel fatto che i cattolici hanno smesso di coltivare la metafisica e non intendono più i dogmi della propria fede in senso metafisico bensì esperienziale o esistenziale o dialogico. Mentre il mondo, anche tramite le Corti di giustizia, ri-definisce metafisicamente la struttura dell’essere, i cattolici smettono di definirlo e dimenticano che la loro fede contiene una metafisica. Una simile vocazione al suicidio è difficile da comprendere con ragioni solo umane.

Lasciamo per il momento riposare questo tema delle Corti internazionali indicato dal Rapporto ed esaminiamone un altro, sempre a proposito della crisi della giustizia.

I giudici dovrebbero applicare la legge. Invece, il Rapporto osserva che sempre di più essi fanno la legge, sostituendosi al potere legislativo. Ciò avviene in due modi: quando c’è un vuoto legislativo i giudici intervengono con una sentenza che di fatto riempie quel vuoto e costringe il legislatore ad intervenire. Di solito qui si innesca un processo dal difficile esito. Il secondo modo avviene tramite sentenze che sgretolano la legge e provocano ricorsi alla Corte Costituzionale che di solito dà ragione alle sentenze giurisprudenziali. Il caso di Eluana Englaro è stato molto chiaro in proposito.

Il Rapporto ricorda un caso che ha fatto scuola avvenuto nel 2012 a Cagliari. Nel novembre 2012 un giudice del tribunale di Cagliari ha stabilito il diritto di una coppia alla diagnosi preimpianto, contrariamente a quanto statuito dalla legge 40 sulla fecondazione assistita. La motivazione era stata la seguente: se si può abortire un feto malato, perché proibire di saperlo prima, così da evitare di impiantarlo?

In questo modo e con un’unica sentenza il giudice ha agito su tre piani: ha modificato di fatto la legge 40 contro il disegno del legislatore; ha posto inizio ad una fase di ricorsi alla Corte costituzionale la quale avrebbe così potuto considerare anticostituzionali alcune parti della legge in questione; è andato sui giornali e ha costruito nell’opinione pubblica una mentalità favorevole all’ampliamento della legge 40. In altri termini, il giudice ha cambiato la legge, prefigurato l’iter futuro di sviluppo e modifica della legge e creato il contesto culturale per giustificare tutto questo. Il tutto con un’unica sentenza.

A questo proposito si possono fare le medesime osservazioni svolte prima a proposito della sentenza sul Costa Rica. Anche in questo caso si assiste a sentenze che impegnano se stesse sul terreno di ripensare il reale. Nasce, tra l’altro, il grave problema di difendere le leggi dai giudici ordinari, oltre che dalle Corti internazionali di giustizia. Ma nasce soprattutto la gravissima urgenza di reinserire le leggi nella legge e quest’ultima nell’ordine dell’essere, ossia nel creato.

Oggi il diritto, nelle forme delle sentenze delle Corti internazionali e nelle sentenze giurisprudenziali, ri-norma la legge nella pretesa di ri-normare la realtà delle cose. Il giudice è come un Demiurgo che, impunemente, viola la legge modificando le leggi, produce leggi ingiuste con le sue sentenze e pretende di normare ex novo l’essere e la vita.

Il Rapporto invita quindi a riflettere su un terzo aspetto della crisi giuridica, che riguarda le Carte costituzionali. Queste dovrebbero rappresentare il quadro normativo condiviso. In realtà sono oggetto di tensioni che fanno ormai capo a opposte visioni del mondo. Sulle Costituzioni si sta celebrando una nuova guerra di religione. Le sentenze come quella sul Costa Rica, confliggono con il dettato delle Costituzioni di Paesi come il Costa Rica. Condannare il Costa Rica comporta condannare la sua Costituzione.

Difendere la propria Costituzione comporta di opporsi alle pressioni sempre più invadenti degli organismi internazionali. Introdurre nuove leggi di questo genere vuol dire modificare la Costituzione. All’opposto: se non si vuole che certe leggi vengano approvate bisogna blindare la Costituzione, come ha fatto la Croazia. Negli Stati Uniti la riforma sanitaria di Obama è in contrasto con la Costituzione.

Nel 2012 in Argentina sono giunte a compimento le seguenti leggi: il “Protocolo para la Atención Integral de Personas Víctimas de Violaciones Sexuales” obbliga le strutture sanitarie statali a praticare l’aborto; la “Ley de muerte digna” permette l’eutanasia; la “Ley de femicidio” discrimina sulla base della teoria del gender; le disposizioni per “la inscripción de hijos de matrimonios del mismo sexo” permettono di registrare come figlio di due donne il bambino avuto da una donna unita con un’altra donna prima dell’entrata in vigore della legge sul matrimonio civile; la modifica della “ley de sangre” impedisce di chiedere ai donatori di sangue informazioni sul loro orientamento sessuale, ponendo così a grave rischio la salute della popolazione; il progetto di “fecundación artificial” garantisce l’accesso integrale ai trattamenti medico–assistenziali di riproduzione medicalmente assistita con prestazione obbligatoria, con copertura integrale in tutti i servizi medico assistenziali e con l’esclusione dell’obiezione di coscienza; l’“Anteproyecto de Reforma de los Códigos Civil y Comercial” permetterà di manipolare e distruggere gli embrioni umani prodotti in vitro e non trasferiti in utero. Su tutte queste leggi pende la certezza di incostituzionalità.

La Costituzione dovrebbe essere un punto di arrivo in cui tutti si riconoscono. Sarà, invece, sempre più un terreno di lotta tra assoluti e i cattolici saranno sempre più chiamati a fare obiezione di coscienza alle istituzioni perché anche le riforme costituzionali avranno la pretesa di ri-formare la realtà.

Ecco alcuni aspetti della crisi giuridica di cui parla il Rapporto. In esso c’è sempre anche un capitolo dedicato al magistero del Sommo Pontefice nell’anno di riferimento. Nel corso del 2012 Benedetto XVI ha fatto tanti discorsi illuminanti. Qui ne ricordo solo due di cui parla ampiamente il Rapporto perché hanno una forte connessione con la crisi giuridica.

Nel discorso del 19 gennaio 2012 ad un gruppo di Vescovi americani in visita ad limina, Benedetto XVI ha esposto i seguenti concetti: a) la nostra tradizione non parla a partire da una fede cieca ma dalla certezza che l’universo possiede una logica interna accessibile alla ragione; b) la legge naturale è una lingua che permette di comprendere noi stessi; c) contro tutto ciò emergono oggi minacce molto gravi che devono essere comprese con chiarezza a livello ecclesiale; d) il rispetto della giusta autonomia del temporale deve tenere conto che non esiste un regno di questioni terrene che possa essere sottratto al Creatore e al suo dominio.

Il secondo discorso è quello pronunciato il 21 dicembre 2012, che contiene una delle più alte critiche alla teoria del gender. Dopo aver spiegato che questa teoria è “l’uomo che si vuole fare da sé”, Benedetto XVI conclude dicendo che “si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio difende l’uomo”.

Benedetto XVI, come si vede, ci invita a cogliere la reale posta in gioco e a prendere atto della violenza dello scontro. La crisi giuridica oggi nasce dalla volontà di ri-plasmare l’essere e dare vita ad una anti-creazione nichilista nella quale non ci sia più alcun posto per Dio. Le Corti di giustizia internazionali, certe sentenze giurisprudenziali e le stesse Costituzioni sono  strumenti per tutto ciò. Niente di meno.

��anno di riferimento. Nel corso del 2012 Benedetto XVI ha fatto tanti discorsi illuminanti. Qui ne ricordo solo due di cui parla ampiamente il Rapporto perché hanno una forte connessione con la crisi giuridica.

Nel discorso del 19 gennaio 2012 ad un gruppo di Vescovi americani in visita ad limina, Benedetto XVI ha esposto i seguenti concetti: a) la nostra tradizione non parla a partire da una fede cieca ma dalla certezza che l’universo possiede una logica interna accessibile alla ragione; b) la legge naturale è una lingua che permette di comprendere noi stessi; c) contro tutto ciò emergono oggi minacce molto gravi che devono essere comprese con chiarezza a livello ecclesiale; d) il rispetto della giusta autonomia del temporale deve tenere conto che non esiste un regno di questioni terrene che possa essere sottratto al Creatore e al suo dominio.

Il secondo discorso è quello pronunciato il 21 dicembre 2012, che contiene una delle più alte critiche alla teoria del gender. Dopo aver spiegato che questa teoria è “l’uomo che si vuole fare da sé”, Benedetto XVI conclude dicendo che “si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio difende l’uomo”.

Benedetto XVI, come si vede, ci invita a cogliere la reale posta in gioco e a prendere atto della violenza dello scontro. La crisi giuridica oggi nasce dalla volontà di ri-plasmare l’essere e dare vita ad una anti-creazione nichilista nella quale non ci sia più alcun posto per Dio. Le Corti di giustizia internazionali, certe sentenze giurisprudenziali e le stesse Costituzioni sono  strumenti per tutto ciò. Niente di meno.