I pagani? Sono gli Ufo

extraterrestriAvvenire 31 maggio 2005

«La continua caccia agli extraterrestri dimostra che si cerca un’altra trascendenza per porre fine al cristianesimo» Parla l’antropologo René Girard. «C’è qualcosa d’eroico nella Chiesa, irrisa da tutti, capro espiatorio ufficiale dei media Ciò che fa infuriare la gente è il suo attenersi con fermezza alla dottrina tradizionale» «Invece di trasgredire i veri tabù della società, si continua a colpire il puritanesimo sessuale, o si finge l’allegria delle false liberazione

Michel Treguer

 Professor Girard, che cosa ne pensa del futuro demografico del mondo? Il Vaticano sembra contrario a qualsiasi controllo delle nascite. Però non è forse vero che, se diventassimo 50 miliardi, finiremmo con l’avere qualche problema?

«La posizione della Chiesa cattolica può sembrare irrealistica. Inizialmente la volontà sociale di regolare lo sviluppo della popolazione sembrava del tutto ineccepibile, inoffensiva, priva di conseguenze pericolose per l’umanità e nessuno dubitava della sua bontà. Oggi però questo stesso pragmatismo oggettivistico e scientifico ci impone sempre più comportamenti di cui perfino chi li raccomanda non pare molto fiero, dato che li indica solo con eufemismi lenitivi; in America, ad esempio, nessuno è “favorevole all’aborto”: si è pro-choice (“per la scelta”).

Il messaggio reale è semplice: se ci sono troppi bambini, bisogna distruggerli! Non è certo privo di significato che i più ricchi siano anche i più preoccupati da questo problema… Non si tratta dell’aborto – dirà lei – ma del controllo delle nascite. In teoria è vero, ma in pratica è falso. Comunque il pragmatismo ha tutti i vantaggi dalla sua parte: l’evidenza congiunta della ragione e del mimetismo. Perciò vi sono molte Chiese – anzi la maggior parte – che senza gridarlo ai quattro venti si arrendono a esso.

C’è qualcosa di eroico nell’atteggiamento della Chiesa cattolica, o per meglio dire nell’atteggiamento del Vaticano, oggi isolato perfino all’interno del cattolicesimo, irriso da tutti, capro espiatorio pressoché ufficiale dei media e di tutta l’intellighentia mondiale, di ogni premio Nobel, tanto più che si tratta di un eroismo misconosciuto. Siamo sempre meno capaci di rispettare e persino di riconoscere le vere forme di dissenso.

Quello che fa infuriare la gente, in definitiva, è che – lungi dal dare prova di quell’ipocrisia che sempre gli viene rimproverata, lungi dal mostrarsi “politico” – su questo punto è evidente che il cattolicesimo si attiene con fermezza alla sua dottrina tradizionale. Resta fedele al suo atteggiamento di fondo, che consiste nel collocare una certa definizione della salvezza e del peccato al di sopra di ogni imperativo puramente mondano, di qualunque genere sia.

Per definire davvero la questione, bisognerebbe situarla in un quadro storico più vasto, quello biblico, perché solo nella Bibbia si intravede una storia antropologica e sacrificale dell’umanità, che ha inizio prima della Storia degli storici. Ciò che fornisce l’impulso primario alla nostra civiltà in Egitto, in Grecia e specialmente presso gli ebrei è – ne sono convinto – la rinuncia all’orribile universo religioso delle prostituzioni sacre, dell’assassinio del re e soprattutto, certo, dell’infanticidio rituale e del sacrificio dei primogeniti. Una rinuncia che non avviene senza conflitti, a giudicare dalle esortazioni dei profeti ebrei che, per vari secoli, hanno condannato con veemenza estrema il sopravvivere di tali pratiche.

Dire che siamo già ricaduti in quel mondo è forse un’esagerazione; tuttavia, per chi pensa seriamente che il destino dell’uomo – diversamente dall’allevamento dei conigli – non si decide solo sul piano delle statistiche economiche e demografiche, per chi coglie la temibile pertinenza del principio sacrificale rispetto alla comprensione antropologica del nostro universo, la direzione verso cui il mondo sta unanimemente e mimeticamente affondando è inquietante: questo è il minimo che si possa dire. Si ha l’impressione che le antiche fatalità primitive, provvisoriamente scartate dalla luce profetica ed evangelica, risorgano sotto la maschera degli imperativi scientifici e tecnologici».

Soprattutto l’uccisione delle bambine, che ha provocato una penuria di donne, dalla quale sono poi scaturite guerre tribali allo scopo di sottrarre donne ai vicini!

«Certi etnologi vedono ormai senz’altro, all’origine di simili comportamenti, una specie di scienza infusa delle realtà demografi che, una saggezza malthusiana simile alla loro, che l’universo cristiano avrebbe disgraziatamente dimenticato… Nella Bibbia, specialmente col racconto del sacrificio di Isacco, i patriarchi suggellano la fine di siffatti orrori nella nostra storia giudaico-cristiana. È difficile per me non vedere lo sviluppo attuale come una regressione, come un ritorno inquietante a un passato che sembrava ormai superato per sempre».

A proposito dell’evoluzione della popolazione mondiale, lei parlava di «tragedia». Le ripropongo allora la questione decisiva: non è che, lungi all’obbedire a una volontà divina, noi stiamo invece ricostruendo Babele e sfidando Dio? Se il termine ultimo della Storia fosse soltanto la fine del mondo, la catastrofe totale, la scomparsa del genere umano (come quella dei dinosauri) a causa di una guerra termonucleare o di un’epidemia virale o di qualcos’altro, la Promessa cristiana acquisirebbe uno strano aspetto, no? E gli angeli in nostra assenza potrebbero discutere per stabilire se Cristo ha solo annunciato oppure creato questa Caduta mortale!

«Perché “strano aspetto”? Perché accusare un cristianesimo la cui influenza sui poteri che ci governano tende allo zero? Abbiamo una quantità sufficiente di intelligenza scientifica e di strumenti tecnici per opporci alle minacce che si dice pesino sul mondo; ma bisognerebbe anche volervi provvedere davvero. Le nostre piccole rivalità mimetiche restano prioritarie. Invece di accostarsi ai veri temi del nostro tempo, osando trasgredire i veri tabù della nostra società, si continua a colpire l’asino morto del puritanesimo sessuale, ci si rifugia all’infinito nella solita derisione, nella violenza meccanica, nel freddo glaciale del nulla; oppure, al contrario, si finge l’allegria delle false liberazioni, si fa l’imitazione della vecchia disinvoltura surrealista e di tutti i residui perenni di una cultura polverizzata…

La maggior parte degli intellettuali e degli artisti è oggi lontana mille miglia dalla sensibilità popolare, perché l’annuncio apocalittico – peculiare del cristianesimo e dell’ebraismo – è più vivo che mai. Leggevo di recente, in una pubblicazione sociologica americana, che oltre il 60% dei newyorkesi ritiene che la fine del mondo sia vicina. Sicuramente i cristiani ferventi hanno sempre condiviso questo punto di vista, pur non ritenendolo auspicabile: non c’è in loro una vertigine suicida.

Di che sarcasmi era fino a ieri fatta oggetto (e in parte lo è tuttora) la credenza apocalittica! Perfino coloro che la sbeffeggiano ritualmente, in altri momenti scrivono saggi assai eruditi sugli ultimi motivi di panico ecologico e sulla possibile scomparsa della vita sul nostro pianeta. Ci si guarda bene dal confondere questi due generi letterari. Non ci viene detto che cosa rende gli uni degli imbecilli e gli altri degli oracoli scientifici.

Quando prenderemo un po’ in giro – per rinnovare il nostro senso dell’umorismo – tutti quei sapienti che fino a tempi non lontani ritenevano il nostro mondo in tutti i sensi eterno, e per i quali – poco prima di Darwin – l’idea della scomparsa delle specie restava inconcepibile? Il vero ritorno del religioso non è quello di cui ci parlano i media, ma quello che abbatte le barriere, ritenute invalicabili, fra il religioso e ciò che non lo è. Quanto più è “progressista”, tanto più la scienza atea è “apocalittica”, non meno e forse ancor più del pensiero religioso, ma solo in modo minaccioso. Ecco che cosa è veramente interessante e meritevole di essere discusso. Ecco ciò che una cultura viva, davvero contemporanea – se esistesse – riuscirebbe ad afferrare!».

Questo paradiso cristiano «che non è di questo mondo» non è una specie di «Idea» platonica che separa gli uomini dalla Terra? Non c’è una parte cristiana di responsabilità nel disastro ecologico che stiamo vivendo? (Questo avvicinerebbe ulteriormente cristianesimo e marxismo: vedi il Mare di Aral, il Baltico, Chernobyl..)…

«No, perché l’uomo è il custode di questo giardino… Peraltro su questo punto le prospettive sono molto cambiate. Finora si riteneva che fossero solo i capitalisti a non preoccuparsi dell’ambiente, pur di conseguire i loro profitti. Ma poi ci si è accorti che i comunisti, in nome del miglioramento del tenore di vita proletario, hanno fatto di peggio. Detto questo, riconosco senz’altro un’indiretta responsabilità del cristianesimo: perché ha reso possibili la scienza e l’industria, ponendo fine alla schiavitù… Se ci fossero gli schiavi, come nella repubblica di Aristotele, si darebbero loro delle scope e non esisterebbe l’inquinamento! C’è sempre un prezzo da pagare, perché l’uomo non è come ce lo dipingono le utopie razionaliste. Quando ero bambino i “progressisti” rimproveravano al Dio della Bibbia di ostacolare il progresso tecnologico. Oggi le stesse persone gli rivolgono il rimprovero opposto».

Si è mai chiesto che cosa succederebbe se entrassimo in contatto con una civiltà extraterrestre? Che cambiamento potrebbe produrre una cosa del genere nell’evoluzione del mondo, nella filosofia, nel suo pensiero, nel cristianesimo?

«Certamente lei sa che in America si sono spese e ancora si spendono somme folli per cercare di cogliere tracce di vita da qualche parte, nel sistema solare o altrove. Non si raggiunge mai nessun risultato, ma ogni volta si ricomincia daccapo. Questa ostinazione ha qualcosa che sconfina nel religioso antireligioso. Non si tratta più di negare, come in passato, l’esistenza di intelligenze extraterrestri, ma di provare che esistono e che la loro presenza dimostra la falsità di una religione incentrata sull’uomo, cioè sul vero problema.

Si crede che il contatto con queste intelligenze extraterrestri “completerebbe” la confutazione del cristianesimo. Si impongono due conclusioni. La prima è che la confutazione del cristianesimo deve essere completata; la seconda è che il contatto con l’extraumano, per motivi che restano oscuri, è percepito come decisivo sul piano religioso. Se tale contatto avesse luogo, sarebbe molto appassionante e certamente molto commovente, ma non capisco perché ci dovrebbe apportare rivelazioni più decisive di quelle fornite, per esempio, dalla scoperta dell’America nel 1492.

Da dove può nascere, in tante persone, l’irragionevole ma inattaccabile certezza che un’intelligenza extraumana in qualche parte del cosmo, per il solo fatto di comunicare con noi, getterebbe luce sul significato della nostra esistenza? Può essere soltanto il bisogno, come in Heidegger, di una trascendenza che ponga fine al cristianesimo. Niente di nuovo sotto il sole. I dischi volanti sono il neopaganesimo delle masse».

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Apologeta del cattolicesimo ma in nome della ragione

 René Girard non finisce mai di stupire. Oggi, a 82 anni, i suoi inediti anche più brevi – che escono e vengono tradotti pure in Italia – costituiscono sempre un’occasione di rigenerazione per il pensiero. Non è vero che il maestro francese, che però vive negli Stati Uniti dal 1947, si sia fossilizzato sulla teoria ormai celeberrima del «capro espiatorio»; anzi, è vero che ogni volta nei suoi nuovi testi si scoprono un corollario o un’applicazione inediti della sua ipotesi generale.

Qui l’occasione è fornita da una lunga intervista con l’etnologo non credente Michel Treguer, appena uscita da Bulzoni sotto il titolo «Quando queste cose cominceranno» (pp. 180, euro 14) e per la cura di Alberto Beretta Anguissola. La libertà interiore di Girard si spinge a diventare quasi apologetica nei confronti del cattolicesimo su varie dibattute questioni (la demografia, l’etica sessuale, la democrazia, la scienza, il pensiero…), non tuttavia per partito preso anzi semmai per reazione umana ed intellettuale all’un iformità anti-scientifica di un dilagante «politically correct».