La creazione non è finita

Il Timone n.131 marzo 2014labora

C’è una crisi economica, politica, sociale e morale. Ma non perdiamoci d’animo. Si può sempre lavorare per Dio e con Dio. Solo così, la situazione migliorerà

di Ettore Gotti Tedeschi

 

La Creazione non è finita. Invito il lettore a riflettere. Non vi è nulla di ineluttabile, di scontato, di irrimediabile e di predestinato. Il povero uomo debole, fragile, vulnerabile, che vive solo un istante del tempo astronomico, può tuttavia “fare la storia”, cambiare il futuro, suo e di altri. Ma deve riflettere.

La Creazione non è ancora fi­nita e ogni uomo può parteciparvi se sa cercare il significato della vita e dare senso alle proprie azioni, in qualsiasi circostanza, anche se sembra di vivere in prossimità della fine del mondo. E Dio stesso se lo aspetta. Il grande papa Benedetto XVI lo spiegò con poche essenziali espressioni pronunciate durante un incontro con il mondo della cultura a Parigi, in una abbazia cistercense, nel College des Bernardins, il 12 settembre 2008, quando disse: «Dio stesso è il Creatore del mondo, e la creazione non è ancora finita. Dio lavora, [Pensate, Dio lavora…] Così il lavorare degli uomini doveva apparire come un’espressione particolare della loro somiglianzà con Dio e l’uomo, in questo modo, ha facoltà e può partecipare all’ope­rare di Dio nella creazione del mondo».

La perdita delle radici cristiane

Riflettiamo con attenzione su questa considerazione che può cambiare la nostra vita. Con volontà e pre­parazione adeguata possiamo sconfiggere il relativismo. Possiamo riformulare un modello culturale, sociale ed economico per l’uomo, togliendo la gestione a chi pensa che l’uomo possa esser soddisfatto solo materialmente, consumando sempre più e sempre più a debito. Le radici cattoliche dimenticate, perché non difese con coraggio e consapevolezza, han fatto dimenticare anche cosa sarebbero stati l’economia e il capitalismo conseguente, fondato sul disegno di Dio, che papa Benedetto XVI ha ricordato nella citata lectio.

Il pensiero cattolico saprebbe formulare un modello economico per l’uomo molto migliore di qualsiasi altro, soprattutto in un momento di post crisi economica globale cui nessuno sa realmente come fare fronte. Lo aveva percepito l’economista (e Capo dello Stato) Luigi Einaudi (1874-1961), che infatti considerò la dottrina sociale della Chiesa una “terza via” che coniugava libertà economica con sussidiarietà. Poiché l’uomo è creatura di Dio e ha una dignità superiore, poiché la vita ha senso e le azioni umane hanno senso, così anche l’uso dello strumento economico avrebbe questo senso. Ma perché ci credano anche altri che non hanno il dono della fede, dobbiamo dimostrare di saper usare questi mezzi ora.

E qui la storia ci aiuta. Le prime “Silicon Valley” (centri di ricerca e di produzione eccellenti) furono i monasteri benedettini, poi quelli cistercensi, dove si formavano santi, e poiché dovevano anche lavorare, studiare, ricercare e produrre benessere, oltre a pregare, operavano in modo santo, cioè geniale. Nel XII secolo il primo trattato di arti meccaniche è stato scritto da un monaco benedettino. Lo spirito “ispiratore” stava nel voler seguire virtù umane utili alla collettività in un’armonia fatta di spirito e intelletto, di preghiera e di operatività. L’uomo lavorava con Dio. Pregava, studiava e lavorava.

Ma il “brutto” doveva ancora venire e doveva esplicitarsi nella contraddizione di tutto quanto so­pra descritto. Il “nemico” di Dio doveva relativizzare il modello originario, doveva confondere i fini con i mezzi, doveva relati­vizzare il senso stesso della vita ‘ e delle azioni umane.

Il processo di allontanamento da Dio

Come ci riuscì? Iniziò promuovendo le condizioni culturali e morali per l’eresia della Riforma che concorse a produrre un capitalismo egoistico e disinvolto, fondato su fede senza opere e sull’invito ad agire prescindendo dall’esercizio delle virtù, impraticabili in seguito alla natura corrotta. Fu questo capitalismo a produrre conseguenti fenomeni di sfruttamento dell’uomo, accentuazione delle disuguaglianze, ansie di colonialismo.

Seguì, come successiva deformazione, il pensiero fisiocratico che affermava, al contrario, il buongoverno di una natura umana perfetta, buona, non corrotta dal peccato, né redenta perché non ne aveva bisogno. Ciò spinse la società a dare fiducia all’homo economicus e a “lasciarlo fare” nella ricerca dell’interesse privato che avrebbe prodotto vantaggi per tutti. Senza tutto questo, la rivoluzione industriale forse non sarebbe stata così rapida e spesso inumana.

È interessante e curioso rilevare che il pensiero illuminista, nello stesso tempo, dichiarava l’uomo un “animale pensante”, stabilendo così che l’economia doveva occuparsi di soddisfare soltanto i suoi bisogni materiali essendo gli altri (quelli spirituali) una pura illusione. E se riflettiamo bene, finalmente riusciamo I a spiegarci come a scatenare la reazione marxista non sia stato certamente il “capitalismo cattolico”, bensì questa forma di capitalismo protestante-illuministico.

Quindi, a separare sempre più la morale cattolica dall’economia, fino ad affermare la più completa autonomia morale dello strumento economico, furono dottrine successivamente sviluppatesi in conseguenza del marxismo: l’utilitarismo, necessario a riequilibrare il valore-lavoro di Marx, ma anche a cancellare il valore intrinseco dei beni economici. Poi la tecnocrazia, necessaria a nominare i nuovi grandi sacerdoti della morale economica, al posto dei preti. È con il tecnocrate che lo strumento economico prende autonomia morale e diventa fine anziché restare un mezzo.

Arriviamo infine  al keynesianesimo che assolutizza la separazione tra economia e morale, stabilendo che soltanto la scienza deve gestire i problemi dell’umanità e che ‘uomo è un mezzo della crescita economica. Tanto da sentenziare scientificamente che le nascite sono utili (oppure no) al ciclo economico e pertanto vanno guidate. Così, oggi, quando ci domandiamo come sia stato possibile che lo strumento economico degenerasse così tanto, abbiamo una risposta: sradicandolo progressivamente dalle sue radici originali naturali e cristiane e trasformandolo in un sistema dove il mezzo diventa un fine in mano a persone senza conoscenza, sapienza e coscienza, da utilizzare per un uomo-animale intelligente, da soddisfare solo materialmente, e così via.

Tutto è stato relativizzato: dal punto di vista antropologico (chi è l’uomo), al senso della vita, al senso delle azioni, ecc. In questo quadro, quando l’economia non funziona, si da facilmente la colpa allo strumento anziché all’uomo che lo usa. E si pretende, conseguentemente, di cambiare gli strumenti e le organizzazioni, anziché cambiare l’uomo, nell’illusione di migliorare il mondo. La morale cattolica non vuole affatto imporre norme morali per regolare il mercato, sostituendo leggi economiche, non pensa che il libero mercato sia contro l’uomo solo perché la domanda è viziata dalle sue debolezze, non vede nella materia un attacco ai valori.

Comprende tutto questo come conseguenza del progresso e ne trae l’esigenza di rafforzare spiritualmente l’uomo, affinchè la sua crescita in sapienza e nell’uso degli strumenti sia almeno pari alla crescita nell’uso tecnologico degli strumenti sofisticati che il suo genio ha prodotto. Dio lavora. La Creazione è ancora in corso, possiamo fare qualcosa per cooperare e lavorare con Dio? Beh, // Timone è un esempio, concorrendo a formare l’uomo.

Ricorda

 «(…) non c’è vero bene comune se Dio è bandito dalla pubblica piazza. Ordinare a Dio le cose temporali comporta che nelle cose temporali Dio sia presente. Ordinare a Dio le cose temporali significa costruire la società secondo il progetto di Dio. Senza questa consapevolezza, la Dottrina sociale della Chiesa non ha niente a che fare con l’evangelizzazione». (S.E. moms. Giampaolo Crepaldi, in Bollettino di Dottrina Sociale della Chiesa, n. 2, apr-giu 2013, p. 48).