Bilancio della presidenza Trump su vita e famiglia

Corrispondenza romana 5 Novembre 2025

di Giuseppe Brienza

Il 5 novembre del 2024 è la data dell’inattesa rielezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti. Siamo quindi al primo anniversario della designazione, da parte del popolo americano, del 47° Capo della Casa Bianca della storia. Vincendo tale sfida il Tycoon ha guadagnato, come noto, il suo secondo mandato dopo aver vinto nel 2016 contro la candidata dell’establishment liberal, la Democratica Hillary Clinton. A differenza di dieci anni fa, in quest’ultima sfida elettorale Trump ha avuto partita facile con Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti dal 2021 al 2025, ampiamente screditata a causa dell’inconsistenza dimostrata durante la presidenza Biden.

Qual è un provvisorio bilancio “etico-politico” dei primi 10 mesi della presidenza Trump, tralasciando gli aspetti più direttamente economici, politici e militari, già abbondantemente trattati dai media e su queste pagine? Formulare giudizi o previsioni di carattere etico-politico non è facile, considerando il carattere ego-riferito di un presidente che, fin dal momento dell’insediamento alla Casa Bianca, ha fatto dell’imprevedibilità il suo tratto caratteristico.

Un dato, però, emerge con molta chiarezza. Ed è che gli Stati Uniti, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, hanno decisamente cambiato rotta rispetto all’orientamento ideologicamente abortista, anti-familiare e pro-gender praticato durante i cinque anni dell’Amministrazione Biden. Sia pure con i molti limiti evidenziati dal pensiero e dalle politiche del nuovo Presidente, è un fatto che l’effetto «contagio» che la svolta politica ha esercitato (e potrà esercitare in futuro) anche nell’ordinamento di altre nazioni nel resto del mondo costituisce una nuova straordinaria opportunità.

Va in tal senso, solo per fare un esempio, la recente richiesta italiana all’Assemblea Generale dell’ONU di approvare un bando universale della maternità surrogata sulla scia della legge nazionale dell’ottobre 2023, che ha qualificato l’utero in affitto appunto come “reato universale”.

C’è da aggiungere, però, che non è la prima volta che il ciclone Trump si abbatte sugli Stati Uniti e sul mondo intero. Già la sua prima presidenza, tra il 2017 e il 2021, aveva suscitato grandi speranze nel mondo prolife e profamily ma, lo stile scostante ed eccessivamente leaderistico del Tycoon, oltre naturalmente all’entità ed efficacia delle forze scatenate dai nemici interni ed esterni del ritorno al reale in materia di vita, famiglia ed educazione, ha fatto sì che alla fine dell’Amministrazione Biden non siano sopravvissute grandi tracce di quanto di buono realizzato dalla precedente Amministrazione Repubblicana.

Ma cosa aveva promesso Trump in materia di vita, famiglia ed educazione durante la campagna elettorale e poi nel suo discorso di insediamento del 20 gennaio 2025? In estrema sintesi, aveva giurato di voler «rendere di nuovo grande l’America», con il celebre slogan «MAGA» – Make America Great Again, comprendendo in questo obiettivo anche una lotta senza quartiere a criminalità e narcotraffico, al politically correct, all’ideologia gender, e più in generale alla cultura woke. Il tutto per liberare gli Stati Uniti dal «marciume» che si era annidato nel sistema politico, giudiziario, universitario, nei servizi segreti e nella tentacolare amministrazione federale.

Sia pure in modo altalenante, è su queste linee di fondo che si sono andati svolgendo i primi dieci mesi della seconda presidenza Trump. Essi sono stati scanditi nelle materie sopra menzionate da decine di executive orders (EO), di provvedimenti, cioè in capo al solo presidente, che non hanno bisogno dell’approvazione del Congresso e che diventano per l’appunto immediatamente «esecutivi», naturalmente se in linea con la Costituzione e le leggi federali.

Come si evince dal Federal Register (www.federalregister.org), Trump ha emanato lo straordinario numero di 139 ordini esecutivi nei suoi primi cento giorni, facendo registrare un record assoluto rispetto a tutte le presidenze precedenti. È soprattutto attraverso questi ordini esecutivi che Donald Trump ha provato a tradurre le sue promesse in fatti. 

Nel primo giorno del suo insediamento, come detto il 20 gennaio 2025, dopo il discorso inaugurale, Trump ha firmato ben 26 ordini esecutivi, dall’evidente significato simbolico oltre che pratico. È quindi stato importante che fra questi provvedimenti siano stati inclusi condivisibili executive orders come:

– il n. 14151 contro i «dispendiosissimi, illegali e immorali programmi DEI», sigla che sta per Diversità, Equità, Inclusione che ricomprende buona parte dell’agenda liberal ed LGBTQ+

– il n. 14155 per il ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra le principali responsabili delle politiche per la c.d. salute sessuale e riproduttiva,

– il n. 14157 per l’equiparazione dei cartelli della droga a organizzazioni terroristiche globali e, infine,

– il n. 14168 per la difesa delle donne dagli estremismi dell’ideologia di genere attraverso il ripristino della «verità biologica» e il riconoscimento che esistono soltanto due sessi, il maschile e il femminile.

Per quanto riguarda l’ordine esecutivo che ha imposto la stretta sull’immigrazione irregolare (n. 14160), operando di fatto la cancellazione o quanto meno la forte limitazione del cosiddetto «ius soli» (in applicazione del Quattordicesimo Emendamento della Costituzione), c’è da segnalare in termini positivi l’esplicito ed esclusivo riferimento al padre e alla madre biologici nell’ambito del processo di valutazione del riconoscimento dell’asilo di immigrati e i rifugiati, escludendo così le pretese delle c.d. famiglie LGBTQ+.

Sempre in quest’ultimo ambito, con successivi ordini esecutivi Trump ha vietato alle persone transgender di servire nelle Forze armate statunitensi, assimilando la disforia di genere alla malattia mentale (n. 14183) e di partecipare agli sport femminili (n. 14201). Più in generale, con l’EO 14190, ha vietato alle scuole pubbliche primarie e secondarie che ricevono fondi federali di insegnare o promuovere dottrine legate all’ideologia gender e di supportare la “transizione di genere” di studenti minorenni.

Ritornando all’impronta prolife di questi primi 10 mesi dell’Amministrazione Trump, si possono menzionare:

  • la nomina di Marco Rubio a Segretario di Stato che, da senatore, ha promosso interessanti atti politici per la vita, come la legge «Providing for life»,
  • il taglio di 300 milioni di dollari come finanziamento federale al colosso abortista Planned Parenthood
  • i provvedimenti di grazia emessi in favore di numerosi militanti arrestati durante la presidenza Biden per attività e iniziative anti-abortiste, 
  • l’oscuramento di svariati siti abortisti e, infine, 
  • la partecipazione, non nuova ma che rimane importantissima dal punto di vista simbolico e culturale, del vicepresidente JD Vance alla Marcia per la Vita (March for Life) di Washington del 25 gennaio 2025, nonché dello stesso Trump sebbene in collegamento video dalla California.

Decisione di tenore opposto, invece, è stata compiuta dal Tycoon con l’ordine esecutivo denominato Expanding Access to In Vitro Fertilization, firmato il 18 febbraio 2025, finalizzato ad ampliare l’accesso nel Paese alla fecondazione in vitro.

In conclusione, pur considerando che Trump è un leader estremamente pragmatico, che potrebbe improvvisamente invertire la rotta prolife e profamily nonostante tutto intrapresa, c’è da riconoscere che la svolta impartita in ambito etico-politico, soprattutto poiché inaspettata, risulta per molti aspetti provvidenziale. Molti “nuovi diritti” e politiche liberal che hanno demolito fra il 2021 e il 2025 ciò che restava negli Stati Uniti del diritto naturale e cristiano sono stati indubbiamente cancellati o comunque compressi. Ora si tratterebbe di correggere le ambiguità e/o contraddizioni e, soprattutto, di passare dalla pars destruens alla pars contruens.