Family Day 3 Luglio 2025
Una legge ad hoc non serve e le direttive della Consulta non hanno per nulla bisogno di una legge che le recepisca
Oggi è stato presentato il testo del disegno di legge della maggioranza di governo sul tema della “morte assistita”, volendo recepire le condizioni fissate dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 242/19. Bisogna dare atto che si tratta di un virtuoso lavoro di “cesello”, molto complicato e delicato, nel tentativo di mettere insieme – come si suol dire – il diavolo e l’acqua santa. Siamo all’inizio di un percorso che verosimilmente sarà molto lungo ed accidentato, considerato che la sinistra, da Cappato a Bazoli, con sfumature diverse, ha già alzato la voce dichiarando il testo inaccettabile e, addirittura, contrario ai dettami della Consulta. Si dovrà passare dalle Commissioni – con audizioni ed emendamenti – e dalle Aule di Senato e Camera e non è per nulla facile prevedere se e come l’attuale testo arriverà a fine percorso.
Fermo restando che consideriamo profondamente sbagliato e pericoloso aprire spiragli nella diga della difesa della vita dal concepimento alla morte naturale – e per questo insistiamo che una legge dovrebbe limitarsi ad aggiungere soltanto uno specifico comma all’articolo 580 C.P,, secondo i paletti posti dalla Consulta – dobbiamo prendere atto che il testo presentato è certamente frutto di un meticoloso e virtuoso lavoro, finalizzato a limitare al massimo il danno. I punti più qualificanti, in estrema sintesi, si possono individuare nel preciso e convinto sostegno alle Cure Palliative; nel mantenimento del SSN nel suo ruolo istituzionale, fissato dalla legge 833/78, come agenzia di difesa della salute, pubblica e privata, del cittadino, preservandolo dalla drammatica metamorfosi verso un agente di “morte assistita” e, infine, nel prevedere un Comitato di Valutazione Nazionale delle domande di accesso alla pratica, evitando la dannosa anarchia delle legislazioni regionali su base ideologica (vedi Regione Toscana).
Certamente molto apprezzabile è l’articolo 1 del disegno di legge, che dichiara in modo perentorio l’inviolabilità e l’indisponibilità del diritto alla vita, riconosciuto come il fondamento di ogni altro diritto, “senza distinzioni in relazione all’ età o alla condizioni di salute e ad ogni altra condizione personale e sociale”. Certamente pregevole e apprezzato, ma – a ben vedere – ha più il significato di una norma sovraordinata, di rango costituzionale, da inserire come nuovo comma all’articolo 2 della Costituzione. Comunque sia, “melius abundare, quam deficere”!
Soprattutto, ci auguriamo vivamente che non si faccia la fine della legge 194 che, dopo essersi presentata come “Lo Stato riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio” (art.1) ha consentito – nella pratica – sei milioni e mezzo di aborti, senza alcun aiuto alla prevenzione. Vigileremo perché queste belle affermazioni di principio non siano altro che lo specchietto per le allodole per tacitare la coscienza naturale, che rabbrividisce al solo pensiero che si possa accettare per legge di “aiutare la morte assistita”.
Non c’è nulla di più dannoso che anestetizzare la coscienza. Lo sanno molto bene tutti gli imbonitori delle masse, di ogni tempo ed epoca: addormenta la coscienza, presenta il male come un bene possibile o accettabile, e così il cuore, la mente e l’anima delle persone saranno in tuo possesso! Senza alcun dubbio non è per nulla questa l’intenzione del testo che stiamo commentando, ma non altrettanto può dirsi dei “militanti” del suicidio assistito e dell’eutanasia, che certamente presenteranno emendamenti finalizzati ad aprire le strette maglie che l’odierno testo prevede.
Nulla dovrà essere concesso quando si trattasse di spostare anche solo di una virgola il testo attuale. Oggi ci si richiedono uno sforzo e un sacrificio: considerare questa proposta di legge come il “male minore” nel contesto cultural-politico che stiamo vivendo. Il “male minore” non si sceglie, ci ha insegnato San Giovanni Paolo II, ma si subisce. Dunque, con grande sofferenza lo possiamo subire, mentre restiamo della convinzione che una legge ad hoc non serve e che le direttive della Consulta non hanno per nulla bisogno di una legge che le recepisca.