“Non mi incantano i sentimentalismi ricattatori”

Robot_famigliapubblicato su Avvenire
10 dicembre 2003

Non mi lascio incantare. Non c’è una cultura della libertà individuale, ma al contrario una sub-cultura politicamente corretta e imbevuta di conformismo che non prevede il dubbio. In altre parole si tratta di una cultura, se proprio vogliamo far ricorso a questa parola, fondamentale non liberale

di Antonio Giorgi

«Io vorrei dialogare con tutti. Io sono perfino disposto a incontrare qualcuno che mi spieghi che cos’è esattamente la famiglia artificiale. Ma tra l’aiutare una coppia infertile e il teorizzare il diritto ad avere figli quanti, quando e come, nella più assoluta indifferenza per la costruzione che si mette in moto e per i suoi prodotti di scarto, cioè per i cosiddetti ripensamenti, noto una differenza abissale. Ci muoviamo in ambiti profondamente diversi». Giuliano Ferrara, maitre-à-penser che si fa vanto della propria laicità e di una inossidabile indipendenza di giudizio, replica a tono a chi rivendica il diritto a “fabbricare” figli ricorrendo alle tecniche più ardite della procreazione assistita. «In questo dibattito il punto nodale riguarda il ripensamento. O meglio, il diritto al ripensamento».

Vediamo di chiarire, perché la questione appare alquanto complessa.

«Infatti lo è. Una donna vuole un figlio, desiderio legittimo e sacrosanto, e chiede aiuto alla tecnica per superare certe difficoltà. La strumentazione che le viene messa a disposizione la induce a ottenere, tramite il meccanismo del ripensamento, un figlio messo a punto».

Fabbricato, intende dire?

«Non solo fabbricato, messo a punto. Questa donna non si espone alla scommessa naturale di avere un figlio, non si mette nella condizione di poterlo (non doverlo, ma poterlo) eventualmente eliminare dopo un’amniocentesi. No, qui l’aborto viene sostanzialmente anticipato e fatto en plein air in provetta. Siamo tragicamente in presenza di un diritto ad un aborto superselettivo. Non è accettabile Invece la gente è portata a credere che si tratti di fare una cosa banale. Il laico medio è portato a dire: ma questi in fondo sono affari privati, lo stato non si deve impicciare».

Lei invece, proprio da laico, come obietta a tali riflessioni?

«Su simili questioni, nel momento in cui lo stato si impiccia perché gli sono chieste determinate prestazioni, contano gli argomenti che vengono messi in campo. Se io vedo che sono argomenti mefistofelici lo dico, perché non mi piace un mondo di figli fabbricati. Non mi piace per i figli e non mi piace per i loro genitori, che infatti vengono eliminati con la categoria della genitorialità. Siccome i genitori scompaiono in questa famiglia artificiale si dice che la genitorialità può non essere biologica. Ci facciano allora capire di cosa si tratta esattamente».

Appunto: certa cultura che intende abbinare l’innovativa tecnica della provetta alla collaudata disinformazione sarà mai in grado dl spiegare quale modello di famiglia propone alla società di domani?

«Non lo so. Noi, per quanto ci riguarda, una letteratura in proposito l’abbiamo. Non è solo la Bibbia, è il racconto dell’amore, il racconto dei legami intessuti tra gli esseri umani, è la solidarietà. Noi un linguaggio per nominare ciò che. consideriamo famiglia ce lo siamo dati».

Ferrara, che cultura esiste dietro le posizioni estremiste di chi brandisce la provetta quasi fosse un’arma?

«Non mi lascio incantare. Non c’è una cultura della libertà individuale, ma al contrario una sub-cultura politicamente corretta e imbevuta di conformismo che non prevede il dubbio. In altre parole si tratta di una cultura, se proprio vogliamo far ricorso a questa parola, fondamentale non liberale. Tutto viene dato per scontato. Siccome c’è la crescita civile – come avvertono i professori faustiani – la stessa crescita non può non prevedere il trionfo finale della scienza e della libertà di volere ciò che si può e di potere ciò che si vuole. Ma questo è liberalismo? A me sembra piuttosto nichilismo puro accompagnato da un sentimentalismo ricattatorio e da una concezione del desiderio di aver figli (o di non averne, su un altro versante) che brancola nel più sconsolante amoralismo. Non dico immoralismo, che è una variante a suo modo del moralismo. Il tutto senza volontà alcuna di rispetto e di dialogo verso i portatori di concezioni diverse dalle loro. È solo un grido di tipo integralista in favore di una declinazione sciatta della modernità».