E Darwin inventò il razzismo

razzismo_darwinistapubblicato su Avvenire del 22 gennaio 2004

«Troppo spesso gli scienziati e i divulgatori danno per scontato che l’evoluzionismo sia l’unica spiegazione accettabile dell’origine dell’essere umano fin dalla sua più remota origine» il gesuita. «Si deride come fondamentalista la posizione dei creazionisti protestanti americani e si è giunti persino a sospettare di truffa il paleontologo e teologo padre Teilhard de Chardin» Il «j’accuse» di Lucetta Scaraffia: neppure i più recenti seguaci del biologo inglese si accorgono delle tragiche derive eugenetiche che nascono dalle teorie di selezione della specie. Nessuno dice che la scoperta del Dna è un forte ostacolo alle ipotesi del cambiamento evolutivo

di Lucetta Scaraffia

La modernità ci ha abituati a un luogo comune: la scienza rappresenta un punto di vista razionale, affidabile, sicuramente al servizio dell’umanità, e chiunque si oppone alla sua inarrestabile affermazione nella nostra società – come per certi aspetti la Chiesa cattolica – si macchia di oscurantismo e rivela un rifiuto di ragionevolezza in nome di dogmi oscuri e di paure irrazionali.

Soltanto la scienza avrebbe la capacità di spiegare l’essere umano fin dalla sua remota origine: da quando l’evoluzionismo darwiniano si è imposto in tutte le branche del sapere scientifico, solo alla scienza ci si rivolge per comprendere meglio chi siamo e per agire con l’intento di migliorarci. Programmi televisivi, articoli divulgativi, festival, tutto tende a darci della ricerca scientifica un’immagine compatta e rassicurante. Se uno cerca di capire di più e di andare oltre questa vulgata ancora così pervasiva, pur non avendo competenze specifiche, si deve rivolgere ai libri di divulgazione scientifica, quasi tutti scritti in inglese e presto tradotti in italiano.

Gli autori di successo – gli italiani Luigi Luca Cavalli Sforza e Massimo Piattelli Palmarini, fino al celeberrimo Stephen Jay Gould – si muovono tutti, se pure con qualche differenza fra loro, nella scia di Darwin, facendo della selezione naturale il quadro di riferimento portante per spiegare la storia del cambiamento evolutivo. Nei loro scritti i nodi originari dell’antica polemica non vengono più ripresi, ma viene dato per scontato che l’evoluzionismo sia l’unica spiegazione accettabile dell’origine dell’essere umano. Si limitano a segnalare – ma per deriderla – la posizione dei creazionisti protestanti oppure, come Gould, arrivano a sospettare di truffa il paleontologo e teologo cattolico Pierre Teilhard de Chardin.

Il fatto che la scoperta del Dna costituisca un ostacolo consistente alla teoria dell’evoluzione naturale – il Dna delle diverse specie è composto da un numero diverso di cromosomi – non viene mai affrontato e si lascia intendere che si sono verificati momenti di passaggio brusco, quasi violento, nel processo di evoluzione da una specie all’altra. A questo si aggiunge che la specificità intellettuale e spirituale umana è ben lungi dall’essere spiegata, dal momento che gli scienziati – e con loro i media – rifiutano di ammettere, anche solo per ipotesi, che almeno in quest’ambito non tutto possa essere spiegato con la scienza.

I divulgatori, in genere, sono preparati in discipline scientifiche, ma non nelle scienze umane, e naturalmente non hanno in genere nessuna conoscenza della tradizione culturale cattolica. Sembra infatti che conoscano solo la polemica contro l’evoluzionismo dei protestanti «creazionisti», venata di fondamentalismo, ma non la posizione dei cattolici che, pur accettando i dati scientifici relativi all’evoluzione delle specie animate, sottolineano come i dati biologici non bastino a definire dove cominci veramente l’umano.

Così Geoffrey Miller (il cui libro Uomini, donne e code di pavone è stato tradotto da Einaudi nel 2002) propone come novità assoluta un’ipotesi di evoluzione attraverso la selezione sessuale – i migliori si sposano e proliferano, gli altri si estinguono – che è di stampo genuinamente darwiniano. Miller sostiene che questa spiegazione dell’evoluzione – «La selezione sessuale è la più nota, potente, creativa, diretta e fondamentale forma di selezione sociale» – è stata trascurata per più d’un secolo dai seguaci di Darwin forse per pruderie e ne fa il centro del suo imponente studio in cui intreccia ricerca biologica e psicologia evolutiva.

Peccato che ignori la storia, e quindi le tragiche derive eugenetiche nate dall’applicazione della selezione sessuale ai fini di accelerare l’evoluzionismo, che hanno avuto conseguenze sociali e legislative anche in Paesi occidentali «civilissimi» (Stati Uniti e Svezia), come la sterilizzazione dei minorati fisici o psichici, per non parlare degli orrori nazisti. Dietro queste politiche c’erano le teorie di eminenti scienziati darwiniani che intendevano migliorare il mondo attraverso la selezione sessuale.

Ma Miller non lo sa e piuttosto vuole arrivare a una conclusione che giustifichi la scienza attuale. Le nuove tecniche di fecondazione artificiale che permettono di applicare scelte eugenetiche, scrive, non fanno che ripetere l’esperienza naturale: «Gli animali hanno cominciato a “giocare ad essere Dio” sin dal primo momento in cui hanno evoluto il potere di scelta sessuale».

Più attento ai nodi culturali è Jonathan Marks – autore di Che cosa significa essere scimpanzé al 98% (Feltrinelli, 2003), secondo il quale il Dna umano sarebbe quasi uguale a quello dello scimpanzé – che denuncia errori e conseguenze negative della ricerca genetica.

Ben consapevole dell’uso sociale perverso di alcune teorie elaborate dai darwiniani in campo genetico – come la definizione di razza e la conseguente «prova» dell’inferiorità delle razze di colore («La razza è un concetto derivato dalla cultura, non dall’analisi biologica») – afferma senza mezzi termini che non possiamo stabilire con criteri scientifici chi sia «migliore»: infatti «siamo privi di test per valutare i potenziali individuali con cui la gente nasce, e non possiamo sbilanciarci in dichiarazioni scientifiche al riguardo».

Ugualmente fallimentari sono stati tutti i tentativi scientifici di trovare una differenza genetica negli omosessuali, come con presunzione scientifica si sosteneva nell’Ottocento, invece di riconoscere che ci sono «esseri umani che compiono atti omosessuali». Marks però, capace di uno sguardo critico sulle scoperte della scienza, non si accorge che le conclusioni a cui giunge sono le stesse che la tradizione cristiana insegna da duemila anni. E cioè che gli esseri umani sono tutti uguali in quanto figli di Dio, che non esiste un terzo sesso (come proclama «l’orgoglio gay») e che la responsabilità intellettuale e morale dell’uomo è totale perché si basa sulla libertà di ciascuno.