Benedetto XVI (1927-2022). In memoriam

Alleanza Cattolica 1 Gennaio 2023

Joseph Ratzinger ci lascia soprattutto un Magistero in grado di nutrire il cuore e lo spirito dell’uomo postmoderno. Il miglior modo di omaggiare il Papa emerito è, quindi, studiare e diffonderne i preziosi insegnamenti, fedeli al mandato missionario del Concilio Vaticano II, di cui Benedetto XVI ha offerto la corretta ermeneutica dopo decenni di contese intra-ecclesiali

di Marco Invernizzi

Pensare a Joseph Ratzinger/Benedetto XVI significa immergersi nel suo immenso Magistero, prima come teologo, poi come Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, poi come Pontefice e, ancora, come Papa emerito, senza dimenticare il suo straordinario capolavoro dedicato alla vita di Gesù.

Eppure, pur avendo presente l’ampiezza di tutto il suo insegnamento, ritorno sempre prima di ogni altra cosa alla sua enciclica sulla speranza, la Spe salvi.

«Noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere», scrisse Benedetto XVI.

Noi uomini, che viviamo nell’epoca successiva alla modernità, abbiamo un disperato bisogno di sperare in Qualcuno che ci salvi, dopo il fallimento delle ideologie e il mancato raggiungimento degli obiettivi che la globalizzazione aveva promesso. La Chiesa lo ha compreso e Benedetto, in particolare, ha dedicato un’enciclica al tema perché allora, nel 2007, come oggi il problema dell’uomo è soprattutto la disperazione, che si diffonde nel corpo sociale e penetra nel cuore indifeso degli uomini. Il testo parla proprio al cuore, oltre che all’intelligenza, come Papa Ratzinger ha fatto in modo esemplare, potremmo dire meglio di chiunque tra i suoi contemporanei, e ci invita soprattutto a essere cristiani capaci di superare l’individualismo che ha minacciato la fede (e la speranza) nell’epoca moderna, ricordandoci come un battezzato non possa mai dimenticarsi di condividere con il suo prossimo il dono della speranza che gratuitamente ha ricevuto.

Joseph Ratzinger è stato anzitutto un grande teologo, forse il più grande del Novecento. Un teologo mai astratto, sempre attento a verificare lo stato di salute spirituale dei suoi contemporanei. Per questo intuì la grande crisi della fede già nel 1958, dieci anni prima del Sessantotto, scrivendo un testo sui nuovi pagani e la Chiesa, mostrando come i cattolici che in quel tempo riempivano le chiese della Baviera erano semplicemente pagani, non credevano più perché non conoscevano i fondamenti della fede che professavano.

Per questo visse con grande entusiasmo l’indizione del Concilio ecumenico Vaticano II, sperando che potesse essere l’occasione perché i cattolici approfondissero la fede e la trasmettessero con rinnovato entusiasmo. Presto, però, si accorse che era in atto una strumentalizzazione del Concilio stesso da parte di chi voleva farlo diventare uno strumento di rottura con il passato della Chiesa e non, invece, una riforma nella continuità della stessa Sposa di Cristo. Da Papa dedicherà in particolare due interventi, uno all’inizio del pontificato, nel 2005, rivolgendosi alla Curia romana per gli auguri natalizi, e l’altro al termine, nel 2013, pochi giorni prima della rinuncia, per fornire una lettura corretta del più importante avvenimento della Chiesa nel Novecento, il Concilio appunto, in particolare denunciando l’esistenza di un “Concilio dei media” contrapposto all’unico autentico, quello dei documenti.

Il suo Magistero è stato profondo, ma mai esclusivamente rivolto agli intellettuali: basta andare a riprendere le tante catechesi del mercoledì per verificare come fossero delle meditazioni in grado di nutrire lo spirito e di edificare, non soltanto dal punto di vista intellettuale.

Oggi, di fronte alla sua morte dopo quasi un secolo di vita operosa, la famiglia spirituale di Alleanza Cattolica ne piange la scomparsa, ma ringrazia di cuore il Signore per avere concesso alla Chiesa un Pastore così illuminante e un maestro così capace di lasciare un segno indelebile nella vita della Cristianità. Lo ricorderemo pregando per Lui e studiandone con gratitudine il ricco e importante insegnamento.

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