La Corte europea impone adozioni gay e utero in affitto

Abstract: l’Ue entra a gamba tesa sulla questione del riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso. La proposta di regolamento presentata ieri dalla Commissione, che se adottata diventerebbe vincolante per tutta Europa, prevede che i genitori dello stesso sesso e i loro figli dovrebbero essere riconosciuti come una famiglia in tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

La Verità Giovedì 8 Dicembre 2022 

L’Ue ci impone le adozioni ai gay e l’utero in affitto

La Corte europea sancisce che i figli si possono comprare e la Commissione prepara un regolamento che, scavalcando le leggi nazionali, equipara le regole sulle unioni omosessuali in ogni Paese. L‘Europa distrae dalle lacune sui dossier importanti promuovendo il modello delle famiglie Lgbt.

di Maurizio Belpietro

L’Ue entra a gamba tesa sulla questione del riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso. La proposta di regolamento presentata ieri dalla Commissione, che se adottata diventerebbe vincolante per tutta Europa, prevede che i genitori dello stesso sesso e i loro figli dovrebbero essere riconosciuti come una famiglia in tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

La proposta è incentrata sull’interesse superiore e sui diritti del bambino», spiega sul suo sito Web la Commissione, «la genitorialità stabilita in uno Stato membro dovrebbe essere riconosciuta in tutti gli altri Stati membri, senza alcuna procedura speciale, incluso il riconoscimento per i genitori dello stesso sesso».

Una follia? Pare anche a me, ma questa è  l’Europa dei nuovi valori, quella che impone limiti alle transazioni se sono finalizzate ad acquisti di beni e servizi, mentre se i pagamenti servono a ordinare un figlio, approfittando delle precarie condizioni economiche di alcune giovani e alimentando un traffico scandalosamente predatorio, beh allora trova tutto normale. Anzi, da incentivare con leggi che favoriscano le nuove pratiche.

Dall’Europa dei banchieri stiamo passando direttamente all’Europa delle incubatrici. Se prima a tener banco erano argomenti come il pareggio di bilancio, il deficit e il Prodotto interno lordo, a breve potremmo doverci confrontare con la maternità surrogata scelta su un catalogo, con tanto di caratteristiche delle ragazze disposte ad affittare per soldi il proprio utero. Già, perché questa è la direzione verso cui si sta avviando Bruxelles.

Una traiettoria che scavalca l’opposizione di chi pensa che consentire tale pratica sia un modo cinico e spregevole per sfruttare le donne. In Italia, fino a oggi l’utero in affitto è vietato nonostante i molti tentativi della sinistra di introdurlo nell’ordinamento riguardante le coppie di fatto.

Dalla Francia addirittura, anni fa era partita una richiesta per rendere illegale la maternità surrogata in tutto il mondo e a patrocinare l’iniziativa, oltre all’Assemblea nazionale, erano stati i movimenti femministi, ma anche medici, giuristi e attivisti in difesa dei diritti umani. In Danimarca, fino a ieri era vietata l’adozione di un bambino da parte di chi avesse pagato la maternità surrogata.

Ma i giudici della Ce-du, cioè della Corte europea dei diritti umani, hanno sentenziato che una legge che impedisca di iscrivere nel proprio stato di famiglia due gemelli nati da una madre pagata per la gestazione lede il diritto dei minori al rispetto della vita familiare e alla privacy.

Sì, avete letto bene: si possono comprare i bambini. E anche ordinarli a una donna che sia disposta a farsi impiantare gli ovuli fecondati in laboratorio, portando in grembo per nove mesi la creatura in cambio di soldi. Secondo la Corte di Strasburgo, prima dei diritti di una ragazza, che la legge dovrebbe proteggere dallo sfruttamento, viene l’interesse dei bambini. E dunque tocca alla Danimarca trovare il giusto equilibrio tra l’interesse della società «a limitare gli effetti negativi della maternità surrogata, e gli interessi dei minori».

Risultato, la donna che non ha generato quei bimbi e nemmeno li ha partoriti potrà adottarli.

Certo, la Cedu non è un organismo alle strette dipendenze dell’Unione europea e dunque l’Unione può lavarsene le mani, perché non è colpa sua se una sentenza legalizza di fatto l’utero in affitto. Tuttavia, al verdetto dei giudici si aggiunge la proposta di regolamento presentata proprio ieri dalla Commissione Ue per riconoscere i genitori gay in tutti i Paesi europei.

In pratica, Bruxelles vorrebbe estendere le norme in vigore in alcune nazioni a tutte le altre che fanno parte della Unione, scavalcando dunque la legislazione dei singoli Stati. Vorrebbe dire legalizzare di fatto l’utero in affitto in tutta Europa, perché la Commissione uniforme­rebbe le norme più favorevoli ai genitori gay, adottandole anche là dove non sono previste.

Ogni Paese, dunque, verrebbe costretto a riconoscere le nuove famiglie, indipendentemente dalle decisioni adottate dal proprio Parlamento. Che questo sia il senso lo testimonia anche l’entusiasmo di sempre pronta a sposare la causa sbagliata.

Non essendo ancora riuscita a varare una misura che limiti gli aumenti delle bollette e dunque contenga la crescita dell’inflazione, il presidente della Ue si butta sugli argomenti che tanto piacciono alla gente che piace e soprattutto all’establishment che governa l’Unione.

«Sono orgogliosa delle nuove norme che presentiamo oggi sul riconoscimento della genitorialità nella Ue. Vogliamo aiutare tutte le famiglie e i bambini in situazioni transfrontaliere». In realtà, non si vogliono aiutare tutte le famiglie. Si voglino aiutare le fa­miglie gay, esportando il loro modello di vita e compravendita dei bambini in tutta l’Unione

Per quanto mi riguarda, preferisco chi paga in contanti beni e servizi di chi paga per un figlio. Aggiungo di più: comincio a rimpiangere quando la Ue si occupava di curvatura delle banane

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