L’ecologia non è un circo verde

Mark_ LynasTempi n. 5 6 febbraio 2013

Vandalizzava le coltivazioni transgeniche e tirava torte agli scienziati “ecoscettici”. Poi scoprì che non si può difendere il pianeta senza passare per Ogm e nucleare. Così l’idolo degli ambientalisti Mark Lynas si è liberato dalle troppe superstizioni di Greenpeace

di Rodolfo Casadei

Le conversioni degli Zeloti fanno rumore anche in epoca di relativismo, e quella di Mark Lynas non poteva fare eccezione. Per anni è stato l’attivista ambientalista più vezzeggiato dai giornali di sinistra del Regno Unito: le pagine del Guardian, del New Statesman e dell’Observer hanno fatto e tuttora fanno a gara a ospitare i suoi commenti.

Nel decennio che è alle nostre spalle Lynas ha proposto libri di successo sui cambiamenti climatici, enfatizzando le ipotesi più catastrofiste come quella dell’aumento di 6 gradi della temperatura terrestre, ma nell’immaginario collettivo è rimasta soprattutto l’immagine di quel giovane che in una libreria di Oxford lanciava una torta in faccia a Bjorn Lomborg, l’ambientalista scettico che proponeva di non sprecare troppi soldi per combattere il global warming.

A partire dal 2010, però, il lanciatore di torte Lynas ha cambiato opinione su parecchie questioni che rappresentano altrettanti feticci fra gli ambientalisti: si dichiara favorevole agli Ogm e all’energia nucleare come strumenti utili per contrastare i cambiamenti climatici e possibilista su tecniche di geoingegneria per ridurre l’effetto serra, tutte soluzioni che fanno accapponare la pelle ai Verdi di tutto il mondo. Su tutti questi argomenti ci ha rilasciato un’intervista esclusiva.

All’annuale Farming Conference di Oxford lei ha dichiarato di aver cambiato le sue posizioni, ferocemente contrarie agli Ogm, «quando ho scoperto la scienza». Ma allora su cosa si basavano le sue convinzioni e le sue azioni di attivista ambientalista, dedito alla distruzione di coltivazioni Ogni, prima di allora?

Quando vandalizzavo la coltivazioni Ogm ero un attivista, e le mie informazioni provenivano da fonti della militanza, come le nostre pubblicazioni e riviste di organizzazioni quali Greenpeace e Amici della Terra. Questo accadeva molto prima che esplodesse il fenomeno della Rete, a quel tempo era più difficile condurre ricerche indipendenti, e io non comprendevo come funzionasse la scienza e come si legga un saggio scientifico. Anzi: io e i miei compagni attivisti eravamo sospettosi degli scienziati, avevamo l’impressione che stessero conducendo ricerche pericolose che dovevano essere fermate immediatamente, perciò non li ascoltavamo.

Da attivista impegnato a distruggere le coltivazioni Ogm a sostenitore degli stessi, presentati come l’unica soluzione per nutrire i 9,5 miliardi di abitanti che la Terra avrà nel 2050. Non crede di essere semplicemente passato da un estremismo all’altro? È assolutamente vero che gli alimenti Ogm non presentano problemi di tossicità, ma qualche problema all’ambiente le coltivazioni possono causarlo. Non è così?

Sarei passato da un estremo all’altro se la mia posizione fosse quella che lei descrive. Ma io non ho mai detto che gli Ogm sono “l’unica” soluzione ai nostri problemi: ho detto che sono necessari ma non sufficienti. In Africa si stanno sviluppando varietà resistenti alle malattie per alimenti di base come le banane: l’unica alternativa a ciò è l’uso di fitofarmaci costosi e pericolosi. Che gli Ogm giovino all’ambiente oppure no dipende dall’uso che se ne fa, allo stesso modo in cui un coltello è una cattiva cosa se viene usato per accoltellare qualcuno, ma è una buona cosa se si usa per affettare cipolle. Non mi viene in mente nessun caso di coltivazione Ogm che abbia peggiorato l’equilibrio ambientale più di quanto avrebbe fatto al suo posto una varietà convenzionale, ma certo è in teoria possibile.

Ma la resistenza di parassiti e piante infestanti aumenterà con il diffondersi di piantagioni Ogm. E tutte le piante affini a quelle coltivate in varietà Ogm nel tempo assumeranno i tratti genetici modificati delle seconde.

Non c’è nessun fatto nuovo per quanto riguarda la resistenza di parassiti e piante infestanti: è un fenomeno dovuto alla selezione naturale in risposta alle strategie di controllo. Le “superinfestanti” sono di parecchio antecedenti alle coltivazioni Roundup Ready (coltivazioni transgeniche che resistono all’erbicida glifosate, ndr), ed è il caso che si verifica se ci si affida alle monocolture e si usa un solo erbicida o pesticida: la resistenza emergerà più rapidamente che se si ricorresse a una molteplicità di metodi. Nel caso delle infestanti resistenti al Roundup (formulato che contiene il glifosate, ndr), significa che i coltivatori dovranno ricorrere all’uso di altri prodotti chimici. Io preferirei vedere utilizzare gli Ogm in un modo che minimizzi l’uso di altri fitofarmaci e che operi in armonia con la natura.

Un esempio potrebbe essere il frumento resistente agli afidi prodotto da Rothamsted nel Regno Unito (attualmente in fase di sperimentazione), che non avrebbe bisogno di essere irrorato di pesticidi per il controllo degli afidi. Ogni pianta attualmente coltivata è già stata modificata geneticamente con incroci per essere più utile agli uomini: non c’è niente di naturale nel frumento o nel mais, poiché sono stati modificati rispetto ai loro antenati naturali per fornirci i raccolti di cui abbiamo bisogno. Alcuni di questi incroci convenzionali fanno un po’ paura, per esempio quelli ottenuti dopo esposizione a raggi gamma per causare mutazioni nel genoma dei semi. La tecnologia transgenica è più sicura e precisa.

«Un tempo Greenpeace era amica della scienza e aiutava a portare all’attenzione generale ricerche ambientali importanti ma ignorate. Oggi è una combriccola di farabutti e di codardi intellettuali impegnata a smerciare il suo programma, a prescindere dalle evidenze scientifiche. (…) La sua antica gloria si fondava sulla virtuosità delle sue azioni a supporto di prove reali di come l’umanità stava trascurando la preoccupazione per l’ambiente. Ora è una falange triste, dogmatica e reazionaria di zeloti antiscientifici ai quali non interessano le evidenze scientifiche, ma la pubblicità». Lei è d’accordo con queste parole di Wilson Da Silva, il direttore della rivista di divulgazione scientifica Cosmos?

Non del tutto. Ci sono un mucchio di cose sbagliate nella posizione di Greenpeace sugli Ogm, ma anche molte cose giuste a riguardo del depauperamento delle risorse ittiche, della deforestazione e dei cambiamenti climatici: su queste cose Greenpeace fa del bene al mondo. I gruppi ambientalisti dovrebbero farsi guidare dalla scienza in tutte le aree della ricerca e delle campagne di sensibilizzazione, e non contrapporsi alla scienza in alcune aree, come quelle degli Ogm e del nucleare, e sostenerla in altre come i problemi del clima. Bisogna separare la scienza dall’ideologia, altrimenti faremo altri errori e danneggeremo l’ambiente.

Nella sua relazione a Oxford lei non si è limitato a difendere l’utilità e l’innocuità delle piante Ogm, ma ha criticato l’agricoltura biologica, sottolineando che non è sicura né per il consumo alimentare umano, né per l’equilibrio ambientale. Perché questo attacco?

Intendevo fare un raffronto, non ho detto che l’agricoltura biologica è necessariamente poco sicura. Per esempio succede che semi che sono stati geneticamente alterati per mutagenesi (con sostanze chimiche o irradiamento) possano essere etichettati come biologici e diffusi nell’ambiente senza alcun test, mentre si presume che i prodotti Ogm – la cui tecnologia è in realtà più sicura e più precisa – siano più pericolosi. Io ho voluto evidenziare l’ “errore naturalistico” per cui le persone presumono che il naturale è buono e l’artificiale cattivo mentre al contrario ci sono molti modi di morire precocemente di una morte molto naturale e “biologica”.

Non è di moda dirlo, ma è l’agricoltura in quanto tale, sia convenzionale o biologica, e non gli Ogm, che tende a impoverire la biodiversità sulla Terra. D’altra parte, se 10 mila anni fa non avessimo inventato l’agricoltura adesso saremmo poche decine di milioni su questo pianeta e vivremmo una vita primitiva. Pare una situazione senza via d’uscita: per alimentare la vita sul pianeta abbiamo bisogno della biodiversità, ma attività umane fondamentali come l’agricoltura la impoveriscono. Cosa dobbiamo fare?

Sì, in linea di principio l’agricoltura tende a impoverire la biodiversità, perché espropria i sistemi naturali della loro capacità produttiva e la usa a vantaggio dell’umanità. Dobbiamo usare tale capacità nel modo più efficiente possibile, per poter riservare la maggior parte della superficie terrestre alle specie naturali. È per questo che dico che i rendimenti per ettaro sono la misura più importante dal punto di vista ambientale, e ho criticato l’agricoltura biologica perché i suoi rendimenti sono molto più bassi e complessivamente è un’agricoltura più estensiva.

Nel 2001 lei lanciò una torta contro Bjorn Lomborg che si mostrava critico riguardo al Protocollo di Kyoto e all’opportunità di spendere miliardi di dollari per mitigare il riscaldamento globale. Lo rifarebbe oggi?

No, gli parlerei. Infatti occasionalmente ci scambiarne e-mail per condividere materiale interessante. Non siamo ancora d’accordo su tutto, ma credo di aver imparato ad ascoltare punti di vista diversi dal mio anziché arrabbiarmi e lanciare torte.

La sua posizione riguardo al nucleare è controversa: lei dice che è indispensabile per ridurre le emissioni di Co2. Ma gli incidenti con dispersione di radioattività sono un problema molto serio.

In termini di decessi per terawatt all’ora il nucleare è la forma più sicura di energia, anche senza considerare la questione della Co2. Probabilmente è anche più sicuro del solare, perché le persone talvolta cadono dai tetti mentre installano pannelli solari. Nel cinquantennio di nucleare europeo e americano, non c’è un solo decesso che possa essere attribuito alla produzione di nucleare per usi civili. L’estrazione e la combustione del carbone uccidono circa 3 milioni di persone all’anno in tutto il mondo a causa di inquinamento e incidenti.

E non è possibile far funzionare il mondo semplicemente attraverso impianti solari ed eolici ragion per cui tanti paesi continuano a costruire impianti per lo sfruttamento del carbone. È paradossale che anche la Germania stia costruendo impianti per il carbone, perché nel momento in cui rinuncia al nucleare ha bisogno di fonti energetiche affidabili. Quel carbone ucciderà molti più tedeschi di quanti ne avrebbero uccisi le centrali nucleari se fossero rimaste in funzione. Questo è il colmo dell’irrazionalità “verde”, ed è molto peggio di quella riguardante gli Ogm.

Sarà vivibile il mondo nella seconda metà del XXI secolo? Dove sta la salvezza? Nella tecnologia, nel cambiamento degli stili di vita o in entrambi?

Sono molto ottimista per il futuro. I tassi di crescita della popolazione diminuiscono e la povertà si riduce continuamente. Sempre meno bambini muoiono di malattie curabili nella prima infanzia: chi potrebbe dire che questo è male e definirsi una persona morale? Il più grande problema globale è il cambiamento climatico, per questo abbiamo bisogno di una grande fonte di energia a buon mercato, affidabile, a emissioni zero: l’energia nucleare.

Voglio anche che sia dedicata maggiore attenzione alla prevenzione della perdita di biodiversità: dovremmo darci l’obiettivo di mettere fine alla deforestazione tropicale e all’impoverimento delle risorse ittiche nei prossimi due decenni. La tecnologia è solo un aspetto della soluzione; è necessario anche un cambiamento politico e la fine del negazionismo per quanto riguarda il cambiamento climatico e i problemi ambientali in generale