Cattolici in politica? Non ovunque

cattolici_politicaOsservatorio Internazionale
cardinale Van Thuan
Newsletter n.451 del 29 gennaio 2013

Stefano Fontana

Il Cardinale Bagnasco di Todi1 è tornato – e alla grande – nella Prolusione al Consiglio permanente della CEI di ieri lunedì 27 gennaio. Non è un segreto che nonostante il suo discorso a Todi1 tra i cattolici si sia diffusa una notevole incertezza sulla strada politica da seguire. Tanto è vero che molti avevano cominciato a pensare di dare ormai per persa questa tornata elettorale e di mettere piuttosto le basi per ricominciare un percorso dal 26 febbraio, a conteggi fatti. Questa Prolusione non farà forse a tempo ad invertire la tendenza alla confusione circolante tra i cattolici, ma senz’altro può fare chiarezza per il lungo periodo e per una ripresa futura.

Il motivo principale di confusione è che importanti figure del mondo cattolico sono entrate in lista ovunque e che raggruppamenti politici che in qualche modo si rifanno al cattolicesimo siano pronti ad allearsi con chiunque. Anche nei partiti che prevedono esplicitamente l’ampliamento della legge 40, il divorzio veloce, il riconoscimento delle coppie omosessuali. Anche nei partiti che non contrappongono granché al progressismo nichilista che ci potrebbe dare nel giro di poco tempo la stessa devastata situazione di Francia, Spagna o Inghilterra, ove tutto è ormai possibile.

Paradossalmente, anche l’appello ai principi non negoziabili, se adoperato male, può fare da alibi a questa confusa diaspora. Quando si dice che i cattolici, ovunque siano collocati politicamente, debbono convergere sui principi non negoziabili, di fatto si convalida la collocazione ovunque.

Mentre i principi non negoziabili non permettono una collocazione ovunque. In altre parole: i principi non negoziabili vengono proposti come il punto di convergenza trasversale ed attuato “in coscienza” da parte di politici cattolici collocati indipendentemente dai principi non negoziabili, mentre questi sono i criteri anche per scegliere il proprio collocamento, in quanto illuminano l’umano e pongono la Chiesa e i cattolici, come ha detto Bagnasco, all’avanguardia.

Altrimenti avrebbe ragione Casini a dire che nel programma di governo non devono esserci i principi non negoziabili ma questi devono essere perseguiti “in coscienza” in parlamento. Altrimenti, per proseguire con le conseguenze logiche rispetto alla premessa, non sarebbe più valida la Nota Ratzinger del 2002 che diceva proprio il contrario.

Se la coscienza del cattolico in politica entra in gioco “dopo” la scelta del partito e non anche prima che ce lo dicano. Finora abbiamo sempre pensato che la scelta di un partito avvenisse “in coscienza”, ossia nel rispetto della verità dell’uomo, di cui sono espressione i principi non negoziabili. I quali, del resto, sono principi e non valori e, come tali, sono i fondamenti dell’intero impegno politico e non solo di certe sue fasi.

Tornando alla Prolusione, il cardinale Bagngasco ha detto alcune cose che se messe insieme costituiscono una significativa summa che spiazza molti professionisti del cattolicesimo politico.

Primo: non è possibile che nei programmi dei partiti queste cose non ci siano: «non si può far finta di accantonare i problemi quando sono semplicemente nodali nelle società post-moderne». Non ci si nasconda dietro la foglia di fico. Chi ha dichiarato che questi principi sono importanti ma non urgenti ha sbagliato.

Secondo: su questi problemi non si possono fare i partiti-contenitore: Non «ci si può illudere di neutralizzare in partenza il dibattito, acquisendo all’interno delle varie formazioni orientamenti così diversi da annullare potenzialmente le posizioni, o prevedere al massimo il ricorso pur apprezzabile all’obiezione di coscienza».

Io vado nel Pd e poi quando il Pd fa un disegno di legge sul riconoscimento delle coppie omosessuali mi appello all’obiezione di coscienza. Eh no! I partiti- contenitore sui problemi etici hanno scelto la indifferenza della politica rispetto all’etica spacciandola per rispetto dell’obiezione di coscienza. Ma se l’etica la si butta fuori su questi punti come vi si potrà appellare in altri?

Terzo: «quando si giunge di fronte alla grande porta dei fondamentali dell’umano, non è possibile il silenzio da parte di alcuno, persone e istituzioni». La politica non è un compromesso tra interessi o opinioni. Essa ha a che fare con la verità dell’uomo (e di Dio): sottrarvisi è impossibile. E ciò vale non solo per le persone ma anche per le istituzioni perché esiste un ordine sociale.

Quarto: nel paniere del bene comune non tutto è uguale. Qui torna il concetto-base di Todi1: «Dobbiamo stare attenti che una certa cultura nebulosa non ci annebbi la vista, inducendoci a non riconoscere più, tra i principi che mandano avanti la società, i fondamenti che non sono confessionali, come si insiste a dire, ma semplicemente di ordine razionale».

Ci sono i fondamenti e poi ci sono i valori importanti e magari urgenti, ma non fondamentali. I fondamentali non possono mancare in un programma di un partito che chieda l’adesione di un cattolico: «è necessario che in un momento elettorale si certifichi dove essi trovano dimora».

Quinto: «Su questi principi i cattolici sanno che non esiste compromesso o mediazione comunque si voglia chiamare, poiché ne va dell’umano nella sua radice. Per questo la Chiesa è “avanguardia”».

Ci sono i cattolici che si credono di avanguardia perché aperti a considerare tutto quanto capita in strada e a darvi configurazione giuridica. Si tratta invece di conservatori dell’esistente. La Chiesa è all’avanguardia perché indica il dover essere, al cui servizio dovrebbe porsi la politica.