Il cardinale Wuerl: secolarizzazione come uno tsunami

William_WuerlAvvenire, 9 ottobre 2012

Mimmo Muolo

La secolarizzazione come uno tsunami. Usa un’espressione davvero forte il cardinale Donald William Wuerl, per descrivere la situazione odierna. Una situazione che anche a suo avviso rende «urgente» la nuova evangelizzazione. L’arcivescovo di Washington, relatore generale del Sinodo, ne ha parlato ieri, sia nella sua relazione ante disceptationem, tenuta in aula, sia nel successivo incontro con i giornalisti in sala stampa, dove era presente anche monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali.

In entrambe le occasioni, però, non si è limitato alla diagnosi, offrendo anche numerosi spunti “terapeutici”, a partire dall’orizzonte di speranza, che deve ispirare il Sinodo e l’Anno della fede, e da una rinnovata fiducia nel Vangelo che deve spingere tutti i cristiani ad annunciare Gesù risorto.

Nella sua analisi, il porporato statunitense ha puntato il dito contro gli anni ’70 e ’80. È in quel periodo, a suo avviso, che si è sviluppata la «drastica riduzione della pratica della fede tra coloro che sono battezzati», alla quale oggi bisogna far fronte.

«Due generazioni di fedeli – ha detto – si sono dissociate dai sistemi di sostegno che facilitavano la trasmissione della fede». È stato «come se uno tsunami di influenza secolare scardinasse tutto il paesaggio culturale, portando via con sé indicatori sociali come il matrimonio, la famiglia, il concetto di bene comune e la distinzione fra bene e male».

A un tale panorama già abbastanza fosco, hanno dato poi una grande mano «i peccati di pochi, che in un modo tragico hanno incoraggiato una sfiducia in alcune delle strutture insite alla Chiesa stessa». Il risultato è che queste generazioni di cattolici «non conoscono le preghiere fondamentali della Chiesa. Molti non percepiscono il valore della partecipazione alla Messa, non ricevono il sacramento della Penitenza e spesso hanno perso il senso del mistero o del trascendente come se avesse un significato reale e verificabile».

Secondo Wuerl, perciò, tutto questo «ha fatto sì che una grande parte di fedeli fosse impreparata ad affrontare una cultura caratterizzata dal secolarismo, dal materialismo e dall’individualismo».

A farne le spese, insieme agli individui, è stata la famiglia, che resta però, ha ricordato il relatore del Sinodo, «anche a dispetto dei tentativi di ridicolarizzarla, una realtà naturale e il primo elemento costitutivo della comunità». Wuerl, anzi, ha indicato la famiglia come «modello e luogo della nuova evangelizzazione e delle relative questioni sulla vita». Essa, infatti, «rappresenta il contesto naturale e normale per la trasmissione sia della fede che dei valori, ed è la realtà a cui spesso si ritorna per sostegno durante tutta l’esistenza».

Wuerl comunque ha messo l’accento anche sugli aspetti positivi, soprattutto sui segnali lanciati dai giovani, dai bambini e dai loro genitori. I primi, in particolare, dopo essersi allontanati dalla Chiesa, sembrano delusi anche dal secolarismo. Dunque c’è spazio per un rinnovato annuncio.

E se i missionari del passato hanno coperto «immense distanze geografiche» per annunciare il Vangelo, i missionari del presente devono superare «distanze ideologiche altrettanto immense», senza neppure uscire dal quartiere. Ma la nuova evangelizzazione (che non è un programma quanto piuttosto un nuovo modo di pensare, di vedere e di agire) ha bisogno soprattutto di fiducia. I cristiani, ha detto il cardinale, devono «superare la sindrome dell’imbarazzo» di annunciare Gesù.

Occorre una «fiducia nuova nella nella verità della fede, anche e soprattutto da parte di quelle istituzioni cattoliche – scuole, università, ospedali – che parlano o dovrebbero parlare in nome delle Chiesa». E naturalmente, serve soprattutto la forza della testimonianza personale. Infine, ha aggiunto monsignor Celli, «occorrerà trovare il linguaggio più adatto per parlare ai nostri contemporanei, anche avvalendosi dei nuovi media».

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dal sito del Vaticano

RELATIO ANTE DISCEPTATIONEM DEL RELATORE GENERALE, S. EM. R. CARD. DONALD WILLIAM WUERL, ARCIVESCOVO DI WASHINGTON (USA)

8 ottobre 2012

È per me un grande onore servire da Relatore Generale in questo Sinodo e sono grato al nostro Santo Padre per questo privilegio. Stiamo per cominciare i nostri lavori sulla Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana e voglio toccare alcuni punti che spero contribuiranno a focalizzare la nostra discussione e a fornire alcuni temi di riflessione.

Nessuno di noi è arrivato a questo Sinodo senza una precedente preparazione raccolta nel nostro ministero pastorale e alimentata a sua volta anche dal lavoro della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi che ha prodotto per primo i Lineamenta con i suggerimenti e le proposte delle conferenze episcopali, dei sinodi delle chiese cattoliche sui iuris, dei Dicasteri della Curia Romana, dei vescovi senza conferenza episcopale e dell’Unione dei Superiori Generali.

Sono arrivate anche osservazioni da singoli vescovi, donne e uomini di vita consacrata e laici, senza dimenticare i movimenti ecclesiali e le organizzazioni. Recentemente siamo i beneficiari dell’Instrumentum laboris, che fornisce una riflessione sviluppata con attenzione alla Nuova Evangelizzazione. L’Instrumentum dà già un quadro di riferimento per gran parte della discussione del Sinodo e ho l’intenzione di evidenziare alcune parti che possono essere sviluppate più profondamente.

Durante questa presentazione farò riferimento all’Instrumentum laboris. Nelle mie osservazioni, voglio includere i seguenti punti:

1) cosa e Chi noi proclamiamo – la Parola di Dio;
2) le recenti risorse per aiutarci nel nostro compito;
3) particolari circostanze del nostro tempo che rendono questo Sinodo necessario;
4) elementi della Nuova Evangelizzazione;
5) alcuni principi teologici per la Nuova Evangelizzazione;
6) qualità dei nuovi evangelizzatori e, infine,
7) carismi della Chiesa di oggi che assistono nel compito della Nuova Evangelizzazione.

1) Cosa / Chi noi proclamiamo

La nostra proclamazione è centrata in Gesù, nel suo Vangelo e nella sua via. La vita cristiana è definita dall’incontro con Gesù. Quando Gesù è venuto fra noi, ci ha offerto uno stile di vita tutto nuovo. L’entusiasmo si è diffuso via via che il Figlio di Dio, diventato uno di noi, annunciava la venuta del regno. Oggi egli continua ad offrire l’invito ad essere discepoli e un posto nel regno, così come lo offriva a quelli che lo ascoltavano.

E questo è stato così per 20 secoli. Man mano che il suo messaggio veniva meglio compreso, diventava sempre più chiaro che Gesù ci offre non solo un nuovo modo di vivere, ma anche un nuovo modo di essere. San Pietro scrive: “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva …” (1 Pietro 1:3).

Questa nuova vita di figlio di Dio attraverso il battesimo ci è stata rivelata da Gesù stesso: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Giovanni 3:5). (cf Instrumentum Laboris nn. 18-19, n. 31)

Ci rallegriamo perché siamo diventati figli adottivi e San Giovanni ci assicura che questa adozione non è una finzione giuridica: “Vedete che grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente” (1 Giovanni 3:1) Il Vangelo che Gesù Cristo è venuto a rivelare non è un’informazione su Dio, ma piuttosto Dio stesso in mezzo a noi. Dio si è fatto visibile, udibile, tangibile.

In cambio, chiede il nostro amore, come il nostro Santo Padre ha insegnato nel suo discorso alla Curia Romana nel dicembre 2011, “l’Adorazione è la prima e costante risposta di amore. La nostra risposta a Dio che consiste in ascolto, contemplazione e adorazione, è al centro di tutta l’evangelizzazione.” (cf Instrumentum Laboris n. 26)

Nel discorso della montagna presente nel Vangelo di Matteo, si parla di un nuovo stile di vita e di come coinvolge i misericordiosi, coloro che hanno fame e sete della giustizia, coloro che piangono, gli operatori di pace, i poveri in spirito. Qui veniamo a conoscere la chiamata ad essere sale della terra e luce sul candelabro.

Più tardi, nello stesso Vangelo, troviamo la straordinaria affermazione che dovremmo vedere la presenza stessa di Cristo uno nell’altro. I discepoli di Gesù sono chiamati ad immaginare un mondo in cui non solo gli affamati hanno da mangiare, gli assetati da bere, lo straniero viene accolto e il nudo rivestito, ma anche, e più sorprendente ancora, che i peccati sono perdonati e si riceve il pegno della vita eterna. (cf Instrumentum Laboris n. 23, nn. 28-29)

Gesù ci attira a sè. La gioia che sperimentiamo ci spinge a condividerla con gli altri. Noi non siamo solo discepoli, noi siamo evangelizzatori. Come quei primi discepoli, siamo chiamati a immaginare noi stessi in cammino a fianco di Gesù come il seminatore di semi di un nuovo stile di vita, di azioni di un regno che durerà per l’eternità (cf Mt 13:1-9, 18-23; Mc 4:03; Lc 8:05). (cf Instrumentum Laboris n. 25 & n. 34)

Oggi, dobbiamo tener viva quella stessa visione quando invitiamo gli altri ad aprire le pagine del Vangelo e leggere l’invito ad essere rami legati alla vite del Signore, a mangiare il pane di vita eterna e ad ascoltare le parole di verità, parole per l’eternità.

Dobbiamo essere in grado di rinnovare il nostro annuncio, con viva fede, ferma convinzione e gioiosa testimonianza, con l’intesa che come Dio ci ha parlato nel passato, così egli continua a parlare con noi oggi. Come il nostro Santo Padre indica con chiarezza nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Verbum Domini, “Il rapporto tra Cristo, Parola del Padre, e la Chiesa non può essere compreso nei termini di un evento semplicemente passato, ma si tratta di una relazione vitale in cui ciascun fedele è chiamato ad entrare personalmente. Parliamo infatti della presenza della Parola di Dio a noi oggi: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20)” (51)

Ciò che oggi distingue la nostra fede cattolica è proprio la comprensione che la Chiesa è la presenza permanente di Cristo, la mediatrice dell’azione salvifica di Dio nel nostro mondo, e il sacramento degli atti salvifici di Dio. Il Concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica della Chiesa, Lumen Gentium, inizia ricordandoci che “la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano….” (1) (cf Instrumentum Laboris n. 27)

La separazione intellettuale e ideologica di Cristo dalla sua Chiesa è una delle prime realtà che dobbiamo affrontare nel proporre una Nuova Evangelizzazione della cultura e della società moderna. Già nella sua enciclica Dio è amore (Deus caritas est), il nostro Santo Padre ci ricorda che “la Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo” e che “l’intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio, celebrazione dei Sacramenti, e servizio della carità.” Inoltre, egli sottolinea che “sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro.” (25)

Tutto ciò che la Chiesa è, l’ha ricevuto da Cristo. Il primo e più prezioso dei suoi doni è la grazia concessa attraverso il Mistero Pasquale: la sua passione, morte e gloriosa Risurrezione. Gesù ci ha liberati dal potere del peccato e ci ha salvato dalla morte.

La Chiesa riceve dal suo Signore, non solo la straordinaria grazia che lui ha vinto per noi, ma anche l’impegno di condividere e far conoscere la sua vittoria. Siamo chiamati a trasmettere fedelmente al mondo il Vangelo di Gesù Cristo. La missione primaria della Chiesa è l’evangelizzazione. (cf Instrumentum laboris nn. 23-26)

Una delle sfide che oggi fa crollare la Nuova Evangelizzazione e allo stesso tempo crea una barriera è l’individualismo. La nostra cultura e l’enfasi in gran parte della società moderna esaltano l’individuo e minimizzano il necessario rapporto di ognuno con gli altri. Nella nostra società, che esalta la libertà individuale e l’autonomia, la realizzazione e la supremazia della persona, è facile perdere di vista la nostra dipendenza dagli altri, insieme alle responsabilità che abbiamo nei loro confronti.

Il nostro Santo Padre, durante la sua visita a Washington nel 2008, nel suo discorso ai vescovi degli Stati Uniti ci ha insegnato che l’enfasi sul nostro rapporto personale con Dio a scapito della chiamata ad essere un membro di una comunità redenta “è semplicemente un’ulteriore prova dell’urgente necessità di una rievangelizzazione della cultura.” (cf Instrumentum laboris n. 7, n. 35, nn. 43-44, n. 48)

La Chiesa non si stanca mai di annunciare il dono che ha ricevuto dal Signore. Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato che l’evangelizzazione è proprio al cuore della Chiesa. Nella Lumen Gentium, testo e nucleo fondamentale del messaggio del Concilio sulla vita della Chiesa, i Padri del Concilio hanno sottolineato, “La Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli il solenne comando di Cristo di annunziare la verità salvifica e deve proseguirne l’adempimento sino agli ultimi confini della terra.”

Il Concilio ha parlato con eloquenza della verità che la missione divina, che Gesù ha affidato alla Chiesa, continui attraverso gli Apostoli e i loro successori fino alla fine del mondo. (cf Instrumentum laboris n. 27 & n. 92)

2) Recenti Risorse

Noi non affrontiamo il compito della Nuova Evangelizzazione dal niente. Per decenni il Magistero dei Papi ha guidato la Chiesa con una profonda consapevolezza sia del problema che su come affrontarlo. Papa Paolo VI ne ha avviato la messa a fuoco, il beato Giovanni Paolo II ne ha stimolato una più profonda coscienza della sua necessità e il nostro Santo Padre, Papa Benedetto XVI, ha fatto di questo compito della Chiesa un tema costante del suo insegnamento e della sua predicazione.

Nella sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, Papa Paolo VI riprende l’insegnamento del Concilio quando afferma che la Chiesa è “una comunità che è a sua volta evangelizzatrice. Il comando ai Dodici di uscire ad annunciare la Buona Novella è valido anche per tutti i Cristiani, anche se in modo diverso … la Buona Novella del regno che viene e che è già iniziato, è per tutti gli uomini di ogni tempo.

Coloro che hanno ricevuto la Buona Novella e che sono stati raccolti da essa nella comunità della salvezza, possono e devono comunicarla e diffonderla.” ( In questo storico documento, rilasciato esattamente dieci anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II, il Papa intuì la necessità di “un nuovo periodo di evangelizzazione.” (cf Instrumentum laboris n. 3 & n. 27)

Il pontificato del Beato Giovanni Paolo II ci ha fornito continui riferimenti agli elementi della Nuova Evangelizzazione con l’insegnamento incoraggiante dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Catechesi Tradendae, dell’esortazione Christifideles Laici dopo il Sinodo sui Laici, insieme all’enciclica Redemptoris Missio. Il Beato Giovanni Paolo II ci ha ricordato che l’evangelizzazione è “il primo servizio che la Chiesa può offrire a ciascun uomo e all’umanità intera”, e ha preso l’impegno di una evangelizzazione “nuova nell’ardore, nei metodi, e nella sua espressione.” (cf Instrumentum laboris n. 3 & n. 45)

Papa Benedetto XVI ha affermato che il discernimento delle “nuove esigenze di evangelizzazione” è un “compito profetico del Sommo Pontefice.” Ha sottolineato che “l’intera attività della Chiesa è un’espressione di amore” che cerca di evangelizzare il mondo. Con l’annuncio della formazione di un nuovo ufficio in Vaticano per la Nuova Evangelizzazione, fatto durante la sua omelia per la solennità degli Apostoli Pietro e Paolo nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il nostro Santo Padre ha dato una struttura formale a questo sforzo e ha evidenziato l’urgenza e l’impegno su tutti i campi di questa missione della Chiesa. (cf Instrumentum laboris n. 130, n. 149)

Un’altra tra le risorse disponibili alla Chiesa universale in questo sforzo di riproporre ancora una volta il Vangelo è il Catechismo della Chiesa Cattolica. Questo compendio della fede nelle sue molteplici manifestazioni e applicazioni fornisce un faro di luce in quello che, purtroppo, è diventato in troppi casi il buio dell’ignoranza religiosa. (cf Instrumentum laboris nn. 100-101)

3) Circostanze del Nostro Tempo

Il contesto del Sinodo è questo: una società che sta cambiando in modo drammatico e fa da sfondo all’accoglienza della fede, al farla propria e trasformarla in vita. La chiamata a riproporre la fede Cattolica, a riproporre il messaggio Evangelico, a riproporre l’insegnamento di Cristo, è necessaria proprio perché ci imbattiamo in tanti che inizialmente hanno ascoltato questo annuncio salvifico ma poi questo messaggio ha perso tutta la freschezza. La visione si è dileguata. Le promesse sono diventate vuote o senza alcun legame con la vita reale. (cf Instrumentum laboris nn. 41-44)

Nella Chiesa abbiamo a che fare in molti casi, e in modo particolare nella maggior parte dei cosiddetti paesi del primo mondo, con una drastica riduzione della pratica della fede tra coloro che sono già battezzati. Il nostro Santo Padre ha inoltre precisato che l’opera della Nuova Evangelizzazione è quella di riproporre Gesù Cristo e il suo Vangelo “ai paesi in cui il primo annuncio della fede è già stato fatto e dove esistono chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo la progressiva secolarizzazione della società e una sorta di ‘eclissi del senso di Dio’ …” (28 giugno 2010) (cf Instrumentum laboris n. 12, nn. 52-53, n. 94)

Le risposte ricevute dai vescovi dei Paesi del terzo mondo – società evangelizzate più recentemente – presentano comunque la stessa esperienza nelle loro chiese locali. (cf Instrumentum laboris nn. 87-89) La situazione attuale affonda le sue radici proprio negli sconvolgimenti degli anni ‘70 e ‘80, decenni in cui esisteva una catechesi veramente scarsa o incompleta a tanti livelli di istruzione.

Abbiamo affrontato l’ermeneutica della discontinuità che ha permeato gran parte degli ambienti dei centri di istruzione superiore e che ha avuto anche riflessi in aberrazioni nella pratica della liturgia. Intere generazioni si sono dissociate dai sistemi di sostegno che facilitavano la trasmissione della fede.

È stato come se uno tsunami di influenza secolare scardinasse tutto il paesaggio culturale, portando via con sé indicatori sociali come il matrimonio, la famiglia, il concetto di bene comune e la distinzione fra bene e male. In un modo tragico poi, i peccati di pochi hanno incoraggiato una sfiducia in alcune delle strutture insite alla Chiesa stessa. (cf Instrumentum laboris n. 69, n. 95, n. 104)

La secolarizzazione ha modellato due generazioni di Cattolici che non conoscono le preghiere fondamentali della Chiesa. Molti non percepiscono il valore della partecipazione alla Messa, non ricevono il sacramento della penitenza e spesso hanno perso il senso del mistero o del trascendente come se avesse un significato reale e verificabile. Tutto ciò che abbiamo accennato ha fatto sì che una grande parte di fedeli fosse impreparata ad affrontare una cultura che, come il nostro Santo Padre ha sottolineato nelle sue visite in giro per il mondo, è caratterizzata dal secolarismo, dal materialismo e dall’individualismo.

Ma le circostanze del nostro tempo non sono tutte negative. Così come è possibile individuare le cause o almeno le occasioni per la situazione negativa attuale, così è anche possibile identificare una risposta che vediamo sempre più positiva. Molte persone, soprattutto i giovani, che sono stati alienati dalla Chiesa stanno scoprendo che il mondo laico non offre loro risposte adeguate alle perenni e profonde richieste del cuore umano. (cf Instrumentum laboris nn. 63-64, nn. 70-71)

Molti pastori hanno notato che la Nuova Evangelizzazione si sta sviluppando contemporaneamente su due livelli, l’introduzione alla fede dei bambini e l’istruzione dei loro genitori. Per molti insegnanti e per chi è gia’ catechizzato, questo è un momento speciale, perché questa volta, i giovani adulti si avvicinano alla fede con una maggiore apertura data dal loro profondo bisogno di conoscere di più.

Oggi molti giovani trovano punti di contatto nei programmi di pastorale universitaria presso università laiche e istituti, nei programmi parrocchiali o diocesani, dove si mettono a fuoco questioni di attuale interesse, e, per chi ha bambini, anche in manifestazioni organizzate per famiglie, dove trovano sostegno spirituale e sociale.

Oggi un accenno speciale deve essere fatto alla famiglia stessa come Modello-Luogo della Nuova Evangelizzazione e delle relative questioni sulla vita. Mentre la società contemporanea vuole sottovalutare e, a volte, ridicolizzare la vita della famiglia tradizionale, questa rimane però una realtà naturale e il primo elemento costitutivo della comunità. La famiglia rappresenta il contesto naturale e normale per la trasmissione sia della fede che dei valori, ed è quella realtà a cui spesso si ritorna per sostegno durante tutta la vita. (cf Instrumentum laboris nn. 110-113)

Una qualità della Nuova Evangelizzazione sempre più evidente è che i nostri sforzi per diffondere il Vangelo non ci portano più necessariamente in terre straniere e verso popoli lontani. Coloro che hanno bisogno di sentir parlare di Cristo, ancora una volta, sono vicini a noi, nei nostri quartieri e nelle parrocchie, anche se i loro cuori e le loro menti sono lontani da noi. L’immigrazione e la diffusa emigrazione hanno creato un nuovo ambiente per l’evangelizzazione che troppo spesso è veramente un esercizio nella Nuova Evangelizzazione.

I missionari della prima evangelizzazione hanno coperto immense distanze geografiche per portare la Buona Novella. Noi, missionari della Nuova Evangelizzazione, dobbiamo superare distanze ideologiche altrettanto immense, spesso prima ancora che usciamo fuori del nostro quartiere o della nostra famiglia.

4) Elementi della Nuova Evangelizzazione

La Nuova Evangelizzazione non è un programma. Si tratta di un modo di pensare, di vedere e di agire. È come una lente attraverso cui vediamo le opportunità di proclamare di nuovo il Vangelo. È anche un segno che lo Spirito Santo continua a lavorare attivamente nella Chiesa.

Al centro della Nuova Evangelizzazione c’è la rinnovata proposta dell’incontro con il Signore Risorto, il suo Vangelo e la sua Chiesa a coloro che non trovano più attraente il messaggio della Chiesa. Credo che ci siano tre fasi distinte, ma interconnesse: il rinnovo o approfondimento della nostra fede sia a livello intellettuale che affettivo; (cf Instrumentum laboris n. 24, nn. 37-40, nn. 118-119, nn. 147-158) una nuova fiducia nella verità della nostra fede (cf Instrumentum laboris n. 31, n. 41, n. 46, n. 49, n.120); e la volontà di condividerla con gli altri. (cf Instrumentum laboris n. 33-34, n. 81)

La Nuova Evangelizzazione inizia con ciascuno di noi nell’impegno di rinnovare ancora una volta la nostra comprensione della fede facendola diventare sempre più parte di noi, abbracciando con energia e con gioia il messaggio evangelico e mettendolo in pratica nella vita quotidiana. Dopo l’impegno per rinnovare il nostro apprezzamento della fede nasce una nuova fiducia nella verità del nostro messaggio.

Purtroppo, per troppo tempo abbiamo visto questa fiducia erosa dalla sostituzione di un sistema di valori laici che negli ultimi decenni si è imposto come uno stile di vita superiore e migliore rispetto a quello proposto da Gesù, dal suo Vangelo e dalla sua Chiesa. Nella cultura educativa e teologica che riflette l’ermeneutica della discontinuità, troppo spesso la visione del Vangelo è stata offuscata e una voce sicura e confidente ha aperto scuse per tutto ciò in cui crediamo.

Nel Vangelo leggiamo che Gesù insegnava con autorità (Mc 1,21-22). Ha insegnato dal profondo della sua identità. Gesù ha autorità a causa di chi è. “Io sono la via, la verità e la vita”, ha proclamato (Giovanni 14:6). Questa pedagogia divina rimane il modello per noi oggi. La verità – la rivelazione stessa di chi è Gesù – lui la condivide con noi attraverso la Chiesa. Gesù non ci lascia orfani. Prima di tornare dal Padre, lui chiamò quelli che aveva scelto e unto nello SpiritoSanto a continuare ad insegnare tutto ciò che aveva fatto loro conoscere e ad annunciarlo fino agli ultimi confini della terra.

Molti di coloro che oggi cercano qualche garanzia sul valore e sul senso della vita sono convinti dal messaggio chiaro, inequivocabile e fiducioso di Cristo presente nella sua Chiesa. Per fare bene questo abbiamo bisogno di superare la sindrome dell’imbarazzo che alcuni hanno individuato nella mancanza di fiducia nella verità della fede e nella saggezza del Magistero che caratterizza la nostra epoca.

Il terzo elemento della Nuova Evangelizzazione deve essere la volontà e il desiderio di condividere la fede. Ci sono numerose persone, in particolare nel mondo occidentale, che hanno già sentito parlare di Gesù. La nostra sfida è quella di smuovere e riaccendere nella loro vita quotidiana e nelle situazioni concrete, una nuova consapevolezza e familiarità con Gesù. Siamo chiamati non solo ad annunciare, ma a migliorare il nostro metodo in modo da attrarre e sollecitare un’intera generazione a ritrovare il tesoro semplice, genuino e tangibile dell’amicizia con Gesù.

Il primo momento di ogni evangelizzazione non nasce da un programma, ma nell’incontro con una Persona, Gesù Cristo, il Figlio di Dio. La Chiesa sostiene che “è lo stesso Signore Gesù che, presente nella sua Chiesa, precede l’opera degli evangelizzatori, l’accompagna, la segue e fà in modo che il loro lavoro porti frutti: ciò che è accaduto alle origini della storia cristiana, continua attraverso il suo intero corso” (CDF, Alcuni Aspetti dell’Evangelizzazione, 1).

Ci affidiamo a Gesù dall’inizio alla fine. Lui solo è la pietra angolare. Nell’avvicinarsi a coloro che sono diventati freddi e lontani nella loro fede, il criterio è la semplicità dell’istruzione che tocca e parla alla profondità della persona umana. Ci rivolgiamo ai nostri fratelli e sorelle che hanno ricevuto il battesimo, ma che non partecipano più alla vita della Chiesa. A loro offriamo la nostra esperienza dell’amore di Gesù, e non una tesi filosofica sul comportamento.

Il modo di comunicare deve trovare accesso ai cuori in un modo che lo Spirito Santo può riportare le nostre sorelle e fratelli all’amicizia con Gesù, che solo “è la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana” (Gaudium et Spes, 10). La personale testimonianza del seguace di Gesù è di per sè una proclamazione della Parola. Il nostro messaggio oggi deve quindi essere radicato nella testimonianza della vita. Questi sono i momenti per accogliere e non per allontanare.

Dobbiamo comunicare a tutti la nostra gioia di essere pienamente e immensamente amati e quindi capaci di amare. La nostra comunicazione deve esprimersi con parole e con la vita, in preghiere e in fatti, in azione e in capacità di soffrire.

5) Fondamenti teologici per la nuova evangelizzazione

Evangelizzazione e Nuova Evangelizzazione sono concetti teologici oltre che iniziative pastorali.Il documento Dominus Jesus della Congregazione per la Dottrina della Fede presenta nove carenze teologiche/filosofiche prevalenti oggi nel nostro pensiero concettuale che minano i nostri sforzi di evangelizzazione. Dieci anni prima, la Conferenza Episcopale degli USA aveva condotto un sondaggio di testi catechetici e aveva individuato dieci carenze dottrinali che avevano bisogno di correzione.

Siccome la teologia usa concetti per trasmettere la nostra fede che sono radicati nel Vangelo, i principi stessi della nostra fede sono minacciati se le persone hanno difficoltà con la loro struttura concettuale. Il secolarismo e il razionalismo hanno creato un’ideologia che soggioga la fede alla ragione. La religione diventa una questione personale. La dottrina in materia di fede è ridotta a posizioni idiosincratiche senza alcuna possibilità di rivendicare mai la verità universale.

Concetti come l’incarnazione, la resurrezione, la redenzione, il sacramento e la grazia – temi centrali della teologia utilizzati per spiegare la nostra fede in Gesù Cristo – hanno poco significato per il Cattolico e per chi si è allontanato dal Cattolicesimo in una cultura in cui prevale il razionalismo. (cf Instrumentum laboris n. 20)

La tentazione per l’evangelizzatore, e forse anche per i pastori, è quella di non confrontarsi con questi ostacoli concettuali e invece porre la propria attenzione e le proprie energie su priorità più sociologiche o su iniziative pastorali o addirittura sviluppare un vocabolario distinto dalla nostra teologia. Se è importante che la Nuova Evangelizzazione sia attenta ai segni del tempo e parli con una voce che raggiunge la gente di oggi, deve però farlo senza staccarsi dalla radice della vivissima tradizione di fede della Chiesa già espressa in concetti teologici.

Per iniziare i nostri lavori e le riflessioni sulla Nuova Evangelizzazione, vorrei suggerire un certo numero di punti con fondamento teologico che sono emersi dai Lineamenta, dall’Instrumentum laboris, e da gran parte del materiale fornito dalle Conferenze dei Vescovi di tutto il mondo. Vorrei soffermarmi su quattro di questi.

a) Fondamento Antropologico dell’Evangelizzazione. Se la secolarizzazione con le sue tendenze ateiste elimina Dio dall’equazione, la comprensione di ciò che significa essere umano è alterata. Così la nuova evangelizzazione deve indicare l’origine stessa della nostra dignità umana, la conoscenza di sé e la realizzazione di sé. Il fatto che ogni persona è creata ad immagine e somiglianza di Dio costituisce la base per la dichiarazione, per esempio, dell’universalità dei diritti umani.

Qui, ancora una volta, vediamo la necessità di parlare con convinzione ad una comunità piena di dubbi circa la verità e l’integrità di realtà come il matrimonio, la famiglia, l’ordine morale naturale e la distinzione fra bene e male. (cf Instrumentum laboris nn. 63-64, n. 151)

La Nuova Evangelizzazione deve poggiare sulla comprensione teologica che è Cristo che rivela l’uomo a sè stesso, che la vera identità dell’uomo è in Cristo, il nuovo Adamo. Questo aspetto della Nuova Evangelizzazione ha un significato molto pratico per l’individuo. Se è Cristo che ci rivela chi è Dio e, di conseguenza, chi siamo e come ci relazioniamo a Dio, allora Dio non è lontano o incredibilmente distante. (cf Instrumentum laboris n. 19)

Il fondamento presuntivo della Nuova Evangelizzazione deve essere il desiderio naturale, che tutti abbiamo, di comunione con il trascendente – con Dio. In ogni essere umano c’è l’orientamento di base per il trascendente e per il giusto ordine della vita radicato nell’ordine naturale creato. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che il Decalogo è di per sé un’espressione privilegiata della legge naturale. La Nuova Evangelizzazione deve poggiare sulla comprensione che è la fede Cristiana che ci offre una certa comprensione del problema del male, della realtà del peccato, della caduta e della chiamata ad una nuova vita.

Il male e il peccato sono certamente ostacoli al Vangelo, ma è proprio il messaggio Evangelico che dà senso alla condizione umana e alla possibilità di una vita che superi i limiti intrinsechi della fragilità umana. In definitiva, la Nuova Evangelizzazione deve basarsi sul riconoscimento che è alla luce di Gesù Cristo, che noi comprendiamo pienamente ciò che significa essere umani.

b) Fondamento Cristologico della Nuova Evangelizzazione. Come è già stato notato, la Nuova Evangelizzazione è la ri-introduzione e la ri-proposta di Cristo. Il nostro annuncio di Cristo, tuttavia, inizia con una chiara spiegazione teologica di chi è Cristo, il suo rapporto con il Padre, la sua divinità e umanità, e la realtà della sua morte e Risurrezione. Al centro della nostra fede Cristiana è Cristo.

Ma il Cristo che proclamiamo è il Cristo della rivelazione, il Cristo inteso nella sua Chiesa, il Cristo della tradizione e non una creazione personale, sociologica, o una aberrazione teologica. Da solo, nessuno di noi potrebbe venire a conoscere la mente, il cuore, l’amore e l’identità di Dio. Gesù è venuto a rivelare la verità – su Dio e su noi stessi. (cf Instrumentum laboris nn. 18-21)

c) Fondamento Ecclesiologico della Nuova Evangelizzazione. La Nuova Evangelizzazione deve fornire una chiara spiegazione teologica della necessità della Chiesa per la salvezza. Questo è un aspetto delicato della nostra predicazione che troppo spesso è stato trascurato nella catechesi. È dilagante in gran parte della cultura moderna il sentimento che la salvezza si ottiene attraverso un rapporto diretto con Gesù distinto dalla Chiesa. Ma ciò che deve essere sottolineato e dimostrato è che Cristo incontra l’uomo, ovunque si trovi, dentro e attraverso la presenza della Chiesa. (cf Instrumentum laboris nn. 35-36)

Le Scritture forniscono molte immagini e parabole per descrivere la Chiesa. Una immagine è quella di una grande famiglia di persone unite in Cristo e fra loro attraverso il battesimo. San Paolo parla della Chiesa come corpo di Cristo, con nostro Signore come capo e noi come membra. Scrivendo ai fedeli di Corinto dice: “Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra.” (1 Corinzi 12:27).

La base dei nostri sforzi nella Nuova Evangelizzazione deve essere il riconoscimento che nel battesimo Cristo ha dato a ciascuno di noi i doni dello Spirito Santo. È lo Spirito, l’anima della Chiesa, che ci lega insieme in una unità che supera ogni tipo di divisione. (cfr. 1 Corinzi 12:13). (cf Instrumentum laboris n. 119)

La Nuova Evangelizzazione deve parlare della volontà salvifica universale di Dio e allo stesso tempo riconoscere che Gesù ha offerto un percorso chiaro e unico per la redenzione e la salvezza. La Chiesa non è uno tra i molti modi per raggiungere Dio, considerati tutti ugualmente validi. Mentre Dio vuole che tutti siano salvi, è proprio per la sua volontà salvifica universale che Dio ha mandato Cristo per farci figli adottivi e portarci all’eventuale gloria eterna.

d) Fondamenti Soteriologici della Nuova Evangelizzazione. Intrinseca alla comprensione della presenza di Dio con noi è la consapevolezza di ciò che intendiamo per suo regno. Nel Nuovo Testamento, si parla dappertutto di regno. Sembra una preoccupazione di Gesù. Dal momento in cui egli “cominciò a predicare”, il suo annuncio era che “il regno dei cieli è vicino” (Matteo 4:17). Gesù ha parlato dei soggetti del regno, della sua potenza, dei suoi confini, della sua durata. (cf Instrumentum laboris n. 24)

Il cuore del Vangelo è il regno. Se vogliamo vivere una vita Cristiana – se vogliamo rivendicare il fatto che siamo seguaci di Gesù – è essenziale che noi guardiamo a questo regno che lui ha proclamato. Sulla terra il regno è misteriosamente nascosto e può essere incontrato ovunque, ma solo in modo spirituale. Il regno di Dio “già esiste e si compirà alla fine dei tempi. Il regno è venuto nella persona di Cristo e misteriosamente cresce nel cuore di coloro che a lui sono incorporati” (CCC 865).

Così veniamo a conoscere che Cristo ha stabilito il suo regno sulla terra, anche se non ancora nella pienezza della sua gloria. È qui, ma è ancora in crescita. “Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza” (CCC 1060). Nel frattempo, “Cristo Signore regna già attraverso la Chiesa” (CCC 680).

Questi quattro fondamenti teologici della Nuova Evangelizzazione ci mettono in chiaro che tutto ciò che speriamo di compiere in questo Sinodo e qualunque siano gli obiettivi pastorali che decidiamo per riproporre Cristo oggi, dobbiamo farlo saldamente radicati nella visione biblica dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, e parte di una creazione che riflette la sapienza di Dio e presenta un naturale ordine morale per le attività dell’uomo.

È il peccato che guasta la bellezza creata ed è l’egoismo che ha segnato ogni successiva generazione. Tuttavia, Dio mandò il suo Figlio in questo mondo per offrirci una nuova vita. Ha fondato la Chiesa per continuare la sua presenza viva e salvifica. La nostra salvezza è intimamente legata alla nostra partecipazione al grande sacramento che è la Chiesa attraverso il quale ci auguriamo di manifestare il regno che si attualizza e di realizzare la nostra partecipazione nella gloria

6) Le Qualità dei Nuovi Evangelizzatori

Tra le tante qualità identificate e richieste agli evangelizzatori di oggi, quattro vengono in evidenza:l’audacia o il coraggio, il legame con la Chiesa, un senso di urgenza e la gioia. (cf Instrumentum laboris n. 46, n. 49, nn. 168-169). Negli Atti degli Apostoli la parola che descrive gli Apostoli dopo l’effusione dello Spirito Santo a Pentecoste è “coraggio”. Pietro è raffigurato coraggiosamente in piedi predicando la Buona Novella della Resurrezione, più tardi Paolo riprende il tema e, in una corsa frenetica per il mondo allora conosciuto, annuncia coraggiosamente la parola. (cf Instrumentum laboris n. 41)

Oggi la Nuova Evangelizzazione deve mostrare un coraggio nato dalla confidenza in Cristo. Abbiamo tanti esempi di pacifico coraggio: San Massimiliano Kolbe, Beata Teresa di Calcutta, e prima di loro Beato Miguel Pro e i martiri recenti della Lituania, Spagna, Messico e la testimonianza più lontana dei santi della Corea, Nigeria e Giappone. (cf Instrumentum laboris n. 128 & n. 158)

Quando si parla di coraggio, dobbiamo anche riconoscere la necessità della testimonianza istituzionale in quelle particolari chiese che godono della presenza di espressioni istituzionali della Chiesa, scuole, università, ospedali, servizi di assistenza sanitaria, servizi sociali e altri tipi di aiuto per i poveri; ci deve essere un riconoscimento del fatto che anche queste espressioni istituzionali della vita della Chiesa dovrebbero dare testimonianza della Parola di Dio.Gli evangelizzatori della Nuova Evangelizzazione hanno necessità di essere uniti con la Chiesa, il suo Vangelo e i suoi pastori. L’autenticazione di ciò che proclamiamo e la verifica della verità del nostro messaggio, che queste sono parole di vita eterna, dipendono dalla nostra comunione con la Chiesa e dalla nostra solidarietà con i suoi pastori. (cf Instrumentum laboris nn. 77-78)

Un’altra qualità della Nuova Evangelizzazione, e quindi di coloro che vi ci sono impegnati, è il senso di urgenza. Forse abbiamo bisogno di ritornare al racconto di Luca della Visitazione di Maria ad Elisabetta, modello per il nostro senso di urgenza. Il Vangelo racconta come Maria partì in fretta per un lungo e difficile viaggio da Nazareth a un villaggio sui colli della Giudea. Non c’era tempo da perdere, perché la sua missione era troppo importante. (cf Instrumentum laboris n. 138 & n. 149)

Infine, quando ci guardiamo intorno e vediamo il vasto campo aperto in attesa che noi vi seminiamo semi di vita nuova, dobbiamo farlo con gioia. Il nostro messaggio deve essere tale da ispirare gli altri a seguirci con gioia lungo il percorso verso il regno di Dio. La gioia deve caratterizzare l’evangelizzatore. Il nostro è un messaggio di grande gioia, Cristo è risorto, Cristo è con noi. Qualunque siano le nostre circostanze, la nostra testimonianza deve irradiare, insieme ai frutti dello Spirito Santo, amore, pace e gioia (Galati 5:22).

7) Carismi della Chiesa di Oggi che assistono nella Nuova Evangelizzazione

Problemi di Giustizia Sociale

Un’area che sottolinea un rinnovato apprezzamento e interesse della nostra fede Cattolica è il valore che si mette nelle questioni di giustizia sociale. Ci rendiamo conto che la dottrina sociale Cattolica, articolata da più di un secolo, ha plasmato e continua a influenzare gran parte dello sviluppo della giustizia sociale in vaste aree del mondo. La giustizia sociale Cattolica non si è sviluppata dal niente. Nei decenni prima dell’enciclica Rerum Novarum, la situazione era tale che è scoppiata nella lotta per la giustizia sociale e per i diritti umani. Con la promulgazione della Rerum Novarum nel 1891, la Chiesa ha cercato di affrontare il terribile sfruttamento e la povertà dei lavoratori della fine del XIX secolo. (cf Instrumentum laboris n. 71, nn. 123-124, n. 130)

Mentre sarebbe inesatto dire che Gesù ha promosso un particolare programma politico, sociale o economico, ha però stabilito dei principi di base che dovrebbero caratterizzare qualsiasi sistema giusto, umano, economico o politico. Soltanto la fede può fornire la convinzione che le nostre opere di giustizia servono come parte del piano di Dio per realizzare il regno di Dio. Oggi, mentre guardiamo a quelle questioni che offrono un invito a chi si è allontanato dalla Chiesa, riprendiamo coraggio vedendo il desiderio di tanti giovani di essere coinvolti nel servizio pastorale. Per loro, l’insegnamento della Chiesa sulla giustizia sociale è allo stesso tempo una rivelazione e un invito a una vita più piena nella Chiesa stessa.

Nuove Comunità / Movimenti Ecclesiali

Noi non siamo soli ad affrontare il compito della Nuova Evangelizzazione. E non siamo neanche i primi a studiare come portare avanti questa operazione. Un segno della Nuova Evangelizzazione sono i movimenti ecclesiali e le nuove comunità che sono una grande benedizione alla Chiesa di oggi.

Queste espressioni del lavoro dello Spirito Santo si aggiungono alla ricchezza spirituale dei carismi antichi degli ordini religiosi e delle congregazioni che con tanta fedeltà lavorano a testimoniare la venuta del regno con il loro impegno a vivere i consigli evangelici di perfezione. L’invito di Cristo a molti di diventare suoi discepoli è ancora vivo nella Chiesa in modo speciale nella vita religiosa. (cf Instrumentum laboris n. 115)

Non cercherò di elencare qui le nuove comunità religiose, per timore di lasciarne fuori troppe che stanno già dando grandi frutti. Lo stesso vale per i nuovi movimenti ecclesiali come Comunione e Liberazione, Opus Dei e il Cammino Neocatecumenale, per citarne solo tre. Tutti puntano verso l’opera dello Spirito Santo, che impegna la Chiesa di oggi ad andare verso quelli che si sono allontanati. Uno dei nostri compiti nell’impegno di coinvolgere la Chiesa nell’opera della Nuova Evangelizzazione potrebbe essere quello di invitare tutti i nuovi movimenti e le nuove comunità ad integrare più pienamente le loro energie e attività nella vita di tutta la Chiesa, specialmente a livello locale, nella Chiesa particolare sotto la cura apostolica del vescovo. (cf Instrumentum laboris n. 116)

All’incontro di settembre 2011 promosso dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, è venuto in grande rilievo che c’è un bel gruppo di giovani, con fede vibrante che sono già impegnati nei compiti della Nuova Evangelizzazione e che sono già riuniti in gruppi composti da una vasta gamma di movimenti e centri spirituali.

Conclusione

Nell’incominciare a rispondere alla chiamata del nostro Santo Padre in questo Sinodo di studiare la Nuova Evangelizzazione, mi sembra opportuno suggerire che ciò che ci sta davanti è una quadruplice missione:

1) riaffermare la natura essenziale dell’evangelizzazione;
2) notare i fondamenti teologici della Nuova Evangelizzazione;
3) incoraggiare le tante attuali manifestazioni della Nuova Evangelizzazione;
4) suggerire modi concreti con cui la Nuova Evangelizzazione può essere incoraggiata, strutturata e realizzata, per esempio, nelle parrocchie, nei programmi di pastorale universitaria, nelle organizzazioni di professionisti, nelle cappellanie di gruppi distinti, compresi i militari, i servizi di assistenza sanitaria e sociale, insieme al sostegno di giovani professionisti in ogni campo perchè si possano scoprire come strumenti di attività evangelizzatrice della Chiesa.

Data l’importanza della politica che è riflesso della libertà e dignità umana e dell’ordine morale naturale, dovremmo mettere a fuoco nelle nostre osservazioni pratiche la generazione di coloro che in futuro si impegneranno nella vita politica.

Sembra che dalle deliberazioni sulla situazione attuale che la Chiesa deve affrontare oggi, dovrebbe venire fuori l’affermazione della sua essenziale chiamata all’evangelizzazione, il riconoscimento di tanti fattori e strumenti di rinnovamento e la presentazione di una guida pratica insieme ad un incoraggiamento. Questo Sinodo deve essere un richiamo per tutta la Chiesa a guardare alla vita e alla realtà attraverso la lente della Nuova Evangelizzazione in un modo che venga in evidenza che molte iniziative sono già in corso e che molti fedeli hanno già familiarità con gli aspetti di essa, anche se non sempre sono definiti col nome di Nuova Evangelizzazione.

Ora che cominciamo i nostri lavori, abbiamo tutte le ragioni per farlo con ottimismo ed entusiasmo perché i semi della Nuova Evangelizzazione seminati nel corso dei pontificati di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI stanno già iniziando a germogliare. Il nostro compito è trovare il modo di coltivarne, incoraggiarne e accelerarne la crescita.