The Sprit of Democratic Capitalism: trent’anni dopo

Novak_coverAvvenire del 30 agosto 2012

di Flavio Felice

Nel 1982 il politologo statunitense Michael Novak dava alle stampe un’opera che avrebbe lasciato un segno indelebile negli anni a venire: The Spirit of Democratic Capitalism (Madison Books). Il volume venne tradotto in italiano e pubblicato solo nel 1987 da Studium con il titolo: Lo spirito del capitalismo democratico e il cristianesimo.

Con il presente articolo intendiamo sottolineare alcuni aspetti di quest’opera che ha fortemente influenzato il dibattito politico ed economico degli ultimi trent’anni, ricordando che The Spirit of Democratic Capitalism venne stampato e diffuso clandestino in Polonia, in Cecoslovacchia e in altri paesi dell’allora blocco sovietico.

Novak, vincitore nel 1994 del Premio Templeton, si colloca nella tradizione di pensiero che, in un certo senso, va da Polibio fino ai Federalist Papers e alla Costituzione americana e poi da questa alla Dottrina sociale della Chiesa, intesa come un originale metodo di elaborazione dei materiali sociali e, quindi, non come un sistema chiuso in se stesso, ma in grado di rappresentare un termine di riferimento per l’elaborazione di una filosofia civile.

Nel procedere in questa direzione, Novak incontra la filosofia della politica, l’economia, la scienza della politica, stabilendo con esse un rapporto del tutto originale.

Il punto fondamentale sul quale Novak intende porre l’accento in The Spirit è che, accanto al sistema economico, c’è una sfera politica a cui spetta il compito di garantire i diritti politici, la solidità  della valuta, nonché la regolamentazione del commercio internazionale e della concorrenza interna.

C’è, inoltre, il sistema etico-culturale costituito dalla stampa, dalle università, dalle chiese e dalle associazioni culturali, che svolgono un ruolo indispensabile alla vita del sistema economico, poiché forniscono i valori e le basi etiche che il sistema economico non possiede né tanto meno è in grado di produrre.

Alla base di quanto detto c’è la convinzione che nessun soggetto sia tanto saggio o buono da poter ricevere un potere indiviso e unitario; di conseguenza, la divisione delle maggiori sfere della vita in tre sistemi, al pari della divisione dei poteri, ha la funzione di proteggere tutti contro gli abusi e le degenerazioni del potere unitario.

Un secondo elemento essenziale alla comprensione dell’ideale del capitalismo democratico, è il ruolo che Novak attribuisce al peccato. Tre sono le implicazioni pratiche. In primo luogo, il peccato, in tale sistema, è considerato come un elemento radicato nella libera personalità  che sfugge al controllo di qualsiasi sistema sociale. In secondo luogo, l’impossibilità  di sradicare il peccato dall’esperienza dell’uomo.

Il capitalismo democratico ha trovato il modo di usare la sua energia in senso creativo, mediante il funzionamento delle conseguenze inintenzionali. La terza implicazione nasce dalla constatazione che, nel corso della storia, sono emersi due modi contrastanti di eliminare il peccato dall’esperienza umana; nel primo caso si è tentato di convertire l’uomo, nel secondo si è pensato di costruire un sistema che imponga la virtù con la forza.

Il capitalismo democratico, per il nostro autore, appartiene ad una terza tipologia, la quale fa leva sull’osservazione che normalmente le intenzioni personali, per quanto ben progettate, producono, oltre alle finalità volute, anche conseguenze non desiderate. Di qui, per Novak, l’impossibilità di pianificare e di stabilire un qualsiasi ordine politico, economico e culturale in modo costruttivistico, e la netta avversione al socialismo ed agli ordinamenti conservatori che negano la funzione culturale, oltre che allocativa, del libero mercato.

In una società libera, consapevole dell’importanza delle conseguenze inintenzionali, risulta necessaria la presenza di un nucleo di valori comunemente condivisi e di una serie di freni e di contrappesi che consentano di vivere con un sufficiente grado di bontà, di decenza e di compassione. E’ questo il passaggio concettuale presente in The Spirit che consente al nostro autore di incontrare la tradizione del liberalismo delle regole italiana, rappresentata tra gli altri da Luigi Sturzo e da Luigi Einaudi e l’Ordoliberalismo tedesco di Walter Eucken, nonché l’economia sociale di mercato di Ludwig Erhard, di Wilhelm Ropke e di Alfred Muller-Armack.

Con The Spirit, Novak ci offre un’interpretazione non convenzionale del capitalismo. Egli va oltre l’interpretazione weberiana e fa propria quella della Scuola austriaca che vede nei civilisti italiani, nella Scuola francescana e nei tardo scolastici di Salamanca gli autentici anticipatori dello spirito del capitalismo moderno.

Nell’accezione novakiana del capitalismo assume rilevanza la nozione classica dell’antropologia cristiana e cara a al filosofo Wojtyla prima e a Giovanni Paolo II dopo di soggettività creativa della persona umana. In base a tale concetto viene affermato che il diritto all’iniziativa economica è un diritto inalienabile, poiché è fondato sulla trascendente dignità della persona umana, plasmata dal Creatore a Sua immagine e somiglianza (imago Creatoris).

Novak ipotizza che lo stesso termine capitalismo non derivi tanto da capita (capi di bestiame), quanto da caput, la sede delle facoltà  quali la creatività , la diligenza e la responsabilità ; in definitiva, la sede del capitale umano, indispensabile alla formazione del capitale sociale. In molti hanno visto proprio in questa spiegazione dello spirito del capitalismo le ragioni della condizionata accettazione dell’economia di mercato da parte di Giovanni Paolo II in Centesimus annus, n. 42.

A trent’anni di distanza, molte delle condizioni storiche che caratterizzavano il mondo al quale si rivolgeva Novak, Deo gratias!, non esistono più. Nuove le sfide e nuove le minacce, ma inedite anche le opportunità . Quello che resta di questo libro è la limpida analisi delle realtà, la puntuale individuazione dei problemi e la lucida e mai conformistica indicazione delle possibili soluzioni.

Forse, è proprio di questo anticonformismo che oggi avvertiamo un disperato bisogno.

(*) Flavio Felice è Presidente del Centro Studi Tocquueville-Acton e Adjunct Scholar all’American Enterprise Institute di Washington D.C.