Come rilanciare (davvero) l’educazione cristiana oggi

Tempi 9 Aprile 2021  

È inutile aspettare il finanziamento dello Stato per le scuole paritarie. Si può cominciare dal basso, con piccoli doposcuola in parrocchia

Antonio Villa  

Faccio un tentativo di riflessione seria per cercare di capire di cosa parlano esattamente i cristiani, quando si preoccupano di libertà di educazione. A scanso di equivoci, per riflessione seria intendo semplicemente una revisione attenta su quello che dico quotidianamente agli alunni, nella speranza di non scoprire di aver trasmesso sciocchezze invece che una «sana dottrina» (1 Cor. 15,3).

BATTERSI PER LA LIBERTÀ DI EDUCAZIONE

È sottinteso che sia fondamentale intendersi sul significato del termine “cristiano”: se sia un semplice aggettivo oppure un sostantivo (nel senso di un soggetto personale) e, nel caso, se sia un “normale cattolico adulto” o se sia un soggetto portatore di una identità “sui generis”, detta comunemente: “Figlio di Dio”.

Battersi oggi per la libertà di educazione sta diventando anche in Italia la decisione di una sana laicità, che non vuol essere travolta dal relativismo. Ma battersi per la libertà di educare cristianamente è ancora oggi, anche in Italia, una decisione coraggiosa perché “deve” comportare il rischio di essere “divisivi”. Cerco di farla breve.

Un recente interessantissimo volume della Mimep, che raccoglie le esperienze educative di fondatori di scuole cristiane, ha come sottotitolo: Quale futuro per l’educazione cristiana?. Stuzzicato dall’interrogativo, ricopio il paragrafo 10 di pagina 30 perché somiglia a una ricetta. È intitolato infatti: Come rilanciare l’educazione cristiana oggi.

Ecco il testo: «Una nuova stagione dell’educazione cristiana oggi si fonda su due presupposti: a) il raggiungimento del finanziamento da parte dello Stato delle scuole paritarie (…); b) la formazione integrale dei docenti e dei dirigenti. I due obiettivi sono interdipendenti e costituiscono un “unicum”, condizione indispensabile per il futuro della scuola cristiana».

BASTA UN PICCOLO DOPOSCUOLA

Mi scoraggio! Il primo presupposto… lasciamolo perdere. In Italia è un miraggio forse irraggiungibile; e, comunque, in nessun modo supplirebbe alla carenza di una reale ispirazione cristiana. Il secondo presupposto assomiglia a un “master” dopo gli anni di teologia in Seminario! Io non ho ricette e neanche suggerimenti.

Però posso testimoniare che in ogni parrocchia è sempre possibile dare segnali concreti di “interesse” per l’educazione offrendo aiuto alla condizione scolastica degli adolescenti, magari cominciando con un piccolo doposcuola (che invidia per il grandissimo Portofranco di don Giorgio Pontiggia).

Per i piccoli alunni, ricevere dai grandi un aiuto, cioè un intervento motivato solo dall’amicizia e in una situazione che non possono evitare in quanto obbligo scolastico, potrebbe diventare l’esperienza che fa nascere una credibilità verso l’adulto tale da renderlo “interessante” anche quando proponga liturgie o catechismi.