«La spesa pubblica blocca lo sviluppo»

spesa pubblicaProponiamo un articolo tratto dalla Rassegna Stampa del 1984 di sconcertante attualità. La dimostrazione che non soltanto non si è capita la lezione ma che nonostante la palese incapacità o volontà di mantenere la spesa pubblica sotto controllo si è comunque spinto per l’ingresso dell’Italia nell’Euro, dove una delle condizioni doveva proprio essere il pareggio e il controllo del bilancio, pena le attuali drammatiche conseguenze. E nel 1984 non governavano certo né Berlusconi né la cosiddetta “destra”.[n.d.r.]

Il Sole 24 Ore 22 luglio 1984

Parla Franco Mattei, vicepresidente della Confindustria

di R. Ro

ROMA – Nel documento che la Confindustria ha predisposto per la verifica sui problemi economici, è stata data particolare rilevanza al problema della spesa pubblica. Il Governatore Ciampi, davanti ai deputati della commissione Bilancio, ha sottolineato anch’egli tale problema. Si tratta di una coincidenza casuale o vi sono  precise convergenze  di impostazione fra le tesi degli imprenditori e la Banca d’Italia? A rispondere è Franco Mattei, vicepresidente della Confindustria.

«Vi sono ampie convergenze, ma anche sottolineature diverse. La Banca d’Italia, come è suo compito, sottolinea soprattutto il problema del disavanzo pubblico. Da parte nostra invece insistiamo maggiormente sulla spesa pubblica globale (spese correnti compresi interessi e le cosiddette spese in conto capitale); di questa il disavanzo pubblico è una conseguenza.

Se non si riduce il peso  della spesa pubblica sul prodotto del Paese, non vi può essere alcun avvenire per il nostro sviluppo. Nel 1984 questo peso è ancora aumentato. Ridurre la spesa pubblica, una volta deliberata da provvedimenti di legge, è praticamente difficile; lo sappiamo perfettamente. Ma è ancora più difficile ridurla quando si continuano ad approvare provvedimenti di iniziativa governativa o parlamentare che  la aumentano indiscriminatamente e a spreco»

A che cosa si riferisce in particolare?

«Le partecipazioni statali presentano, comeè loro compito e dovere, progetti di ristrutturazione e di risanamento per le loro aziende in crisi. Forze politiche, sindacali, di Governo e parlamentari si oppongono a tali piani, ne ritardano l’approvazione; tendono con tutti i mezzi a mantenere la situazione di perdita strutturale che deve essere ripianata e l’intervento pubblico. Le partecipazioni statali, non avendo avuto l’autorizzazione politica ad attuare i loro piani, non possono fare altro che chiedere altri soldi allo Stato. Ciò che il governo ha proposto  per i cantieri navali ritarda il piano di risanamento stanziando mezzi per creare una offerta che – è certo – non troverà la domanda. Se la trovasse, lo farebbe sprecando notevoli risorse pubbliche. Inoltre si decidono ingenti nuovi  investimenti che produrranno in continuazione perdite per il bilancio dello Stato: mi riferisco alle decisioni prese per quanto riguarda le miniere del Sulcis».

Le critiche della Confindustria riguardano soltanto le partecipazioni statali e gli investimenti pubblici del tipo Sulcis?

«No. Gli oneri del personale nel settore pubblico sono aumentati nel primo trimestre 1984 del 20% sul corrispondente trimestre del 1983. Si prevedono ulteriori aumenti per il settore pubblico con incrementi ben superiori ai tassi di inflazione programmati per quest’anno e per l’anno prossimo. Una spesa pubblica che aumenta in questo modo, fa apparire velleitarie proposte che pur potrebbero essere opportune. Il piano casa del ministro Goria rappresenterebbe un ulteriore onere per il quale non è stato detto come si troverà lo spazio nel bilancio pubblico. Il ministro De Michelis ha annunciato la presentazione di un programma molto ampio per l’occupazione: si richiederanno certamente nuove risorse che non saranno disponibili se non aumentando ancor di più la spesa, il disavanzo,l’indebitamento pubblico ed il tasso di inflazione. La Cassa per ilMezzogiorno dovrebbe spendere migliaia  di miliardi per assicurare occupazione attraverso cooperative giovanili agevolate nell’esercizio ed in più con ulteriori  erogazioni ad enti pubblici per assicurare a queste cooperative, cosiddette di servizi, una domanda in esclusiva. Sono forme di mera assistenzialità per creare aree di inoccupati fortemente privilegiati senza alcuno sviluppo reale dell’economia»

Quale strada suggerite in alternativa?

«Occorre rispettare regole molto severe: ogni proponente di nuove spese,sia correnti che cosiddette d’investimento, deve contemporaneamente proporre riduzioni di altre spese, la maggioranza in Parlamento non dovrebbe poter approvare nuove norme di spesa senza aver ridotto altre uscite. Tutte le maggiori entrate devono essere destinate a ridurre il disavanzo. Un recente provvedimenti assegna nuovi fondi all’Anas coperti con gli stanziamenti  predisposti nel bilancio di competenza per far fronte ad oneri di cambio risultati da prestiti accesi in valuta dalle autostrade. Si finanziano così nuove spese non risparmiando, ma rimandando al futuro oneri già maturati che il bilancio pubblico aveva già assunto a suo carico. Di esempi simili se ne possono fare a iosa »

Quali rischi vede nella situazione attuale

«Il Governatore della Banca d’Italia è stato molto esplicito nella sua dichiarazione. Ci ha detto cose che già sapevamo e che sono state alla base della posizione assunta dalla Confindustria sin  dall’inizio del 1983. Il Governatore ha detto che se il disavanzo per quest’anno non si manterrà nei limiti di 91.600 miliardi di lire non si potrà far altro che ricorrere alla restrizione monetaria e all’aumento dei tassi reali d’interesse. Quella cifra, sulla base anche delle più serene valutazioni, è ampiamente superata. Il bilancio di assestamento indica già 15 mila miliardi  in più di disavanzo di cassa rispetto  alle previsioni dell’inizio dell’anno: i residui passivi, come al solito, erano stati sottovalutati per 13 mila miliardi. Non possiamo accettare la fatalistica ricetta dell’aumento inevitabile del costo reale del denaro che è già più alto di quello dell’anno scorso. Si arresterebbe la ripresa, riaumenterebbe l’inflazione e dovremmo accantonare tutti i buoni propositi di riequilibrio del nostro Paese e di soluzione seria per i problemi dell’occupazione. Il disavanzo pubblico non potràmai mantenersi nei limiti prefissati se ognio giorno Governo e Parlamento creano le condizioni per un aumento strutturale della spesa pubblica»