COVID e crisi della famiglia

Fatima Oggi 30 Giugno 2020

di Julio Loredo

Se la famiglia avesse conservato la sua struttura naturale e tradizionale, invece di essere sconquassata dalle tendenze moderne, la pandemia da COVID-19 non sarebbe stata così nociva, sia in termini assoluti sia in percentuali di infezione e di mortalità. È questa la conclusione di uno studio scientifico – “Coronavirus y Demografía en España” – reso pubblico dall’Osservatorio Demografico CEU dell’Università San Pablo, di Madrid, guidato dal prof. Joaquín Leguina.

“Si tratta di un’analisi di proiezione su cosa sarebbe successo se avessimo mantenuto il numero di figli per donna del 1976, che era 2,8, ossia sopra il livello di riproduzione, cosa che permetteva una crescita positiva della popolazione; se avessimo mantenuto la struttura famigliare di allora, quando quasi tutti erano regolarmente sposati, e quasi non c’erano separazioni né divorzi; e se la maggior parte delle persone anziane fosse vissuta a casa con figli e nipoti, come si faceva allora”, spiega il prof. Alejandro Macarrón Herrán, coordinatore del progetto.

Se in Spagna si fossero conservati i tassi di fecondità, di nuzialità e di stabilità matrimoniale del 1976, oggi il Paese avrebbe avuto venti milioni in più di cittadini sotto i quaranta anni. Ciò avrebbe cambiato sostanzialmente il corso della pandemia: “Una popolazione più giovane avrebbe avuto tassi di infezione e di mortalità molto più bassi, e non avrebbe gravato tanto sul sistema sanitario nazionale, evitando così il collasso degli ospedali. Per non parlare del fatto che il numero dei ricoverati nelle RSA – dove si è verificato il 70% dei morti – sarebbe stato molto più ridotto. Avremmo avuto più PIL, più ospedali e più giovani”.

Un altro punto interessante dello studio riguarda la situazione psicologica delle persone. Con una struttura famigliare come quella del 1976, un numero ridotto di spagnoli avrebbe trascorso la quarantena in solitudine. Nel 1976 solo il 2% viveva da solo. Oggi quella percentuale è schizzata all’11%. Quasi cinque milioni di spagnoli hanno trascorso la quarantena in solitudine, una vera bomba a tempo di problemi psicologici che adesso cominciano a venire a galla.

D’altronde, è scientificamente dimostrato che una famiglia numerosa e ben strutturata regge molto meglio questo tipo di situazione. Lo studio dell’Università CEU San Pablo conclude: “Se le famiglie spagnole fossero state quelle del 1976, la società come tale avrebbe retto molto meglio l’urto della pandemia: dal lavoro a distanza, all’appoggio fra i membri all’educazione dei figli”.

In dichiarazioni al margine dello studio accademico, il prof. Macarrón ha ricordato come “una demografia sana è il fondamento di una società sana. La società spagnola deve prendere coscienza di questo problema. Una delle nostre principali preoccupazioni dovrebbe essere la natalità. Dobbiamo studiare che cosa fare per motivare le famiglie ad avere più figli: sgravi fiscali, misure economiche di appoggio alla maternità e alla famiglia, aiuti alle impresse per favorire la maternità e via dicendo. D’altronde, dobbiamo ripensare la politica dell’aborto e degli anticoncezionali gratuiti, oltre a studiare perché la gente ha paura del matrimonio e della genitorialità”.

Dal 1976, la Spagna – e non appena sotto governi socialisti – ha varato leggi che favoriscono le coppie di fatto, anziché quelle regolarmente sposate, e facilitato la separazione e il divorzio. L’esatto contrario di ciò che avrebbe dovuto fare. Questo è visibile, per esempio, nel mercato del lavoro. Secondo il prof. Macarrón, “lo Stato castiga le donne che scelgono di avere figli. Gli incentivi fiscali funzionano solo per le donne che lavorano. Ciò è discriminatorio. Lo Stato dovrebbe essere quantomeno neutrale”.

“Il suicidio demografico sta accelerando”, avverte il docente di demografia, “Negli ultimi anni sono diminuiti il numero dei figli per ogni donna e il numero di donne che hanno figli. Se non facciamo qualcosa, saremmo vittime di una spirale di morte che ci porterà al suicidio demografico. A differenza dell’economia, questo deterioramento non è esplosivo, e perciò non lo percepiamo facilmente e non adottiamo misure per contenerlo. È un cancro che poco a poco sta divorando la nostra società”.

Parole sensate che, proprio per questo, dubito troveranno spazio nei giornali italiani.