Droghe «Leggere»?

droga_leggeraAg. Reuters, 12-3-2002, ripreso dal Journal of the American Medical Association 2002;

Traduzione a cura dell’Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale

1) La dott.ssa Nadia Solowij della Università di New South Wales in Sydney ha studiato 102 fumatori di marijuana confrontandoli con 33 non consumatori.

Tra i 102 la dott.ssa distingue i consumatori di lungo termine (consumo quotidiano per 24 anni) dai consumatori di medio termine (10 anni); la maggior parte sosteneva di aver consumato solo marijuana (altre droghe solo occasionalmente).

Sono stati effettuati test mentali indirizzati a valutare le prestazioni funzionali; i non consumatori hanno ottenuto prestazioni migliori dei consumatori a medio e questi migliori rispetto a quanto ottenuto dai consumatori a lungo.

I test vertevano sulla capacità di apprendimento, di memoria e di ricerca delle informazioni memorizzate. La ricercatrice ha però affermato che i risultati non possono però far concludere che c’è stato un danno cerebrale anche se il deficit può ripercuotersi sulle attività quotidiane come per esempio sull’abilità a studiare o a ricordare ciò che è stato letto.

Ci sono comunque ragioni biologiche che possono supportare la tesi del danno cerebrale e la stessa Dr Solowij nota che i recettori cerebrali attivati dalla droga sono presenti in grande quantità nelle regioni dove è localizzata la memoria. A lungo andare l’esposizione al consumo può cambiare il modo con cui questi recettori operano.

La seconda ricerca citata è quella del Dr Harrison Pope il quale nota che i consumatori di marijuana che fanno richiesta di supporto medico spesso possono essere affetti da altri disturbi (ansia e depressione) indipendenti dal consumo e che comunque i risultati da lui ottenuti non mostrano significative differenze tra consumatori di lungo termine e non consumatori.

Parte della difficoltà nella valutazione degli effetti della marijuana è riuscire ad identificare gli effetti veri da altri fattori concomitanti come i problemi psichiatrici o come quelli derivanti dall’abuso di altre sostanze. I soggetti testati da lui utilizzati avevano fatto uso nel passato di alcool o di altre droghe. Comunque anche per Pope sembra abbastanza sicuro che la marijuana produca deficit mentali a breve anche se non è chiaro se questi deficit siano permanenti o meno e se siano reversibili allorquando si smetta di consumare.