Prevenire l’Aids? Ha ragione la Chiesa

aidsIl Timone n.105 luglio-agosto 2011

Gli studi e l’esperienza confermano che il contagio diminuisce promuovendo la fedeltà e la moralizzazione della sessualità. Rimane invariato o addirittura aumenta propagandando i profilattici

di Lorenzo Schoepflin

«Non lasciatevi ingannare dalle vuote parole di coloro che mettono in ridicolo la castità o la vostra capacità di autocontrollo. La forza del vostro futuro amore coniugale dipende dalla forza del vostro attuale impegno nell’imparare il vero amore, una castità che comporta l’astenersi da tutti i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Il vincolo sessuale della castità è l’unico modo sicuro e virtuoso per porre fine alla tragica piaga dell’Aids che tante giovani vittime ha mietuto».

Con queste parole Giovanni Paolo II si rivolgeva ai giovani ugandesi il 6 febbraio 1993. Non è difficile immaginare le reazioni scandalizzate dell’epoca, molto simili a quelle suscitate dalle parole di Benedetto XVI (all’inizio del suo viaggio in Africa del 2009): «Direi che non si può superare questo problema dell’Aids solo con soldi, pur necessari, ma se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano (impegnando la responsabilità personale), non si può superarlo con la distribuzione di profilattici: al contrario, aumentano il problema». Il Papa richiamò poi alla umanizzazione della sessualità e alla vera amicizia con i malati, indicandole come ingredienti essenziali per vincere la sfida contro il contagio.

Queste parole di Benedetto XVI scatenarono moltissimi atti di accusa: rappresentanti dei governi di tutto il mondo, organismi internazionali o non governativi e addetti ai lavori espressero dure condanne ufficiali per le parole del Papa, reo – a loro dire – di mettere a repentaglio anni di sforzi per limitare la diffusione dell’Aids. Ma davvero scommettere sull’amore umano anziché sulla mera diffusione massiccia di preservativi porta alla rovina del continente africano?

È utile precisare che la risposta a queste domande non costituisce una verità dogmatica comprensibile solo se si è illuminati dalla fede. Sono i dati statistici e le esperienze concrete a fornire una indicazione precisa, che non fa altro che confermare che le suddette parole dei Pontefici sono aderenti alla realtà dei fatti, se non addirittura profetiche.

La strategia di prevenzione promossa in alcuni paesi va sotto il nome di ABC, dall’inglese abstinence, be faithful, condom (astinenza, fedeltà, preservativo). È evidente la differente prospettiva da cui si osserva il problema: partire dall’educazione e non dalla tecnica, guardare all’uomo come singolo soggetto educabile e non al popolo africano come massa destinataria di piani di prevenzione che non impegnano la responsabilità personale. L’ABC intende indicare le priorità, col condom relegato ad extrema ratio, solitamente per casi da valutare con grande attenzione, quali ad esempio quelli riguardanti donne che si prostituiscono.

Su quali esperienze si basa dunque la fiducia sull’educazione? Su quali considerazioni trova il proprio fondamento?

Uno degli aspetti che viene maggiormente messo in evidenza dagli esperti è quello della compensazione del rischio: chi usa il preservativo, sentendosi più al riparo dalle infezioni, tende a mettere in pratica comportamenti più rischiosi, aumentando il numero dei partner sessuali. Ora, la promiscuità sessuale è proprio una delle cause della diffusione dell’Aids.

Come mostrato da numerose statistiche, frutto di indagini in paesi quali Camerun, Tanzania e Uganda, la probabilità di ammalarsi di Aids aumenta sensibilmente all’aumentare del numero di persone con cui si sono avuti rapporti sessuali durante la propria vita. Parimenti, da indagini accurate svolte in relazione alla vita di coppia, è emerso che l’Aids è maggiormente diffuso tra coloro che sono infedeli al compagno, calando a percentuali estremamente basse per tutte quelle coppie che vivono una fedeltà reciproca e duratura.

A tal proposito si registra un miglioramento anche nel caso in cui, ad episodi di tradimento antecedenti all’indagine, abbia poi fatto seguito il recupero di comportamenti virtuosi. Per fare solo alcuni esempi, in Uganda nel periodo 1991-2001 il tasso di infezione da virus Hiv passò dal 15% al 5%, mentre dal 1989 al 1995 si registrò un drastico cambiamento delle abitudini sessuali: più che dimezzato il numero di uomini con rapporti occasionali, addirittura ridotto di tre volte quello delle donne.

Analogamente, in Kenya, tra il 1998 e il 2003, ad un declino del 50% dei soggetti con più di due partner sessuali negli anni in questione si associò un calo della diffusione dell’Aids dal 9,4% al 6,7%. Ciò insegna come un’inversione di rotta nei costumi costituisca una fondamentale medicina per il popolo africano.

Di fondamentale importanza si è rivelato anche il posticipo del primo rapporto sessuale: è stato dimostrato, infatti, ciò che possiamo facilmente immaginare, ovvero che il numero di partner prematrimoniali diminuisce all’aumentare dell’età a cui i giovani africani decidono di perdere la verginità, con notevoli benefici in termini di riduzione della diffusione dell’Aids. Dati del 2001 mostrano che, sia in Tanzania che in Costa d’Avorio, il numero di persone con cui si è avuto un rapporto sessuale prima del matrimonio scende praticamente a zero se il primo rapporto si colloca i ad una età di 20 anni o più, salendo a cinque se la perdita della verginità è precedente ai 15 anni.

Molto interessanti sono anche i dati inerenti alla vendita di profilattici. Se davvero il condom fosse uno strumento sicuro, dovremmo riscontrare un repentino calo della diffusione dell’Aids all’aumentare dei preservativi venduti. Ma le statistiche dicono tutt’altro. È il professor Green, direttore del Programma di prevenzione dell’Aids presso l’Università di Harvard, ad aver mostrato come in alcuni Paesi africani l’incremento esorbitante della diffusione del preservativo è andato di pari passo con l’estendersi dell’Aids (parliamo, ad esempio, di quindici milioni di condom venduti in Camerun nel 2001, più del doppio di quelli venduti nel 1993, con l’incremento nello stesso periodo dal 3% al 9% di malati sull’intera popolazione).

Se questo non dimostra un rapporto di causa-effetto tra uso del condom e trasmissione della malattia, certamente evidenzia la totale inefficacia di quello che viene invece presentato come l’unico rimedio possibile. Assai significativi sono i dati relativi allo Zimbabwe, dove, a partire dal 2000, si è registrato un repentino calo della diffusione dell’Aids, praticamente dimezzatasi, passando dal 30% al 15% della popolazione.

Quello che colpisce è che a ciò si è associata una diminuzione della diffusione dei comportamenti a rischio a cavallo del 2000: meno giovani attivi sessualmente, meno uomini con relazioni extraconiugali, con partner multipli e incontri casuali. Costante era invece la percentuale di coloro che usano il preservativo, ferma al 70%, a dimostrare ancora l’assenza di correlazione tra uso del condom e prevenzione dell’Aids.

Un altro mito da sfatare è quello che lega l’Aids alle condizioni di povertà. È ancora Edward Green, nel suo fìethinking Aids prevention, a mostrare come alti livelli di ricchezza rendano più inclini a comportamenti a rischio. Green individua in tre C (cash, denaro contante, car, auto, e cell phone, telefono cellulare) i tre fattori capaci di attirare più partner sessuali e aumentare dunque le probabilità di infezione.

Non si può trascurare poi il fatto che spesso sono gli stessi governanti africani ad accogliere con piacere gli interventi educativi. Come accaduto nel caso del il ministro della sanità dello Zimabwe Owen Mugurungi, cofirmatario con Daniel Halperin, docente ad Harvard, di un articolo pubblicato quest’anno sulla rivista scientifica PLoS Medicine a proposito dei successi ottenuti grazie ai cambiamenti delle attitudini sessuali.

Sono questi solo alcuni dei fatti, tra i tanti che si potrebbero citare, che palesano quanto sia tutta da dimostrare l’idea secondo la quale l’Occidente può contribuire al benessere dell’Africa esportando il suo tenore e i suoi stili di vita. L’ideologia della libertà sessuale rischia invece di dare un impulso all’estendersi della piaga dell’Aids. Per questo, quando un Pontefice parla di questi argomenti andrebbe ascoltato con maggiore rispetto: noi cattolici dobbiamo esigere quello per il Papa, ma in gioco c’è anche quello per l’intero popolo africano.

Per saperne di più…

Edward Green, Rethinking Aids Prevention: Learning from Successes in Developing Countries, Greenwood Publishing Group, 2003.

Matt Hanley, Jokin de Irala, Affirming Love, Avoiding Aids. What Africa can teach to thè West, National Catholic Bioethics Center, Philadelphia, 2010.

Discorso di Giovanni Paolo II durante l’incontro con le nuove generazioni nello stadio Nakivubo, Kampala (Uganda), 6 febbraio 1993.

Intervista concessa da Benedetto XVI ai giornalisti durante il volo verso l’Africa, 17 marzo 2009.

Daniel T. Halperin et al., A Surprising Prevention Success: Why Did the HIV Epidemie Decline in Zimbabwe?, PLoS Med 8 (2), 2011.