Europa: rinascita o morte? Intervista a Stanislaw Grygiel

Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa

Newsletter n.1049 del 3 Dicembre 2019

di Andrea Mariotto

“Europa: rinascita o morte?” è il titolo di un incontro che il prof. Stanislaw Grygiel (filosofo, direttore della cattedra Karol Wojtyla al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II presso la Pontificia Università Lateranense a Roma) ha recentemente tenuto per la Scuola di Cultura Cattolica di Bassano del Grappa. È stata l’occasione per delineare i principali tratti della crisi del Vecchio continente, crisi che affonda le radici – prima ancora che nella politica – nella cultura e nella visione dell’uomo. A margine dell’incontro abbiamo potuto raccogliere qualche sua dichiarazione.

Professore, nel 2020 cade l’anniversario dei 40 anni dal primo sciopero di Solidarność, iniziato proprio nei cantieri navali di Danzica nel 1980, e proprio da lì è partita la rivoluzione. Che cosa può dire un’esperienza come quella all’Europa di oggi?

Solidarność consiste nel portare gli uni i pesi degli altri. Se posso dire così, è il modo in cui si vive nella famiglia che è communio personarum. Se l’Europa è famiglia delle nazioni, e io l’intendo così, allora anche in essa una nazione deve portare i pesi dell’altra nazione. Altrimenti non potremmo parlare della solidarność europea. Ed è alla luce di questa solidarność che la politica e l’economia europee dovrebbero essere intese e fatte. In tal modo, nel centro della vita dell’Europa si troverebbe la persona umana e, quindi, il matrimonio e la famiglia, perché è nella persona umana che essi avvengono. Nessuna nazione può imporre il proprio modo di vivere alle altre nazioni. Aiutare non significa comandare. Questa solidarność, e non gli interessi economici e politici, deve dare il contenuto e la forma alle forze di difesa dell’Europa.

Quali sono gli amici che sembrano nemici e i nemici che sembrano amici di questa Europa? Da secoli l’Europa è minacciata dall’imperialismo russo ed anche da quello germanico. La geopolitica favorisce tra questi imperialismi una “collaborazione” che influisce in modo fatalmente micidiale sul destino dei Paesi che si trovano tra di essi. Per i polacchi il paradigma di questa “collaborazione” è stato il patto Ribbentrop-Molotov che permise sia a Hitler che a Stalin di aggredire la Polonia nel 1939 e commettere la sua quarta spartizione. Putin ha aggredito la Georgia, l’Ucraina ed è evidente che non gli basta. Oggi però il più grande nemico dell’Europa è l’Europa stessa. Essa odia la propria identità e illuminata dalla ragione innalzata alla dignità di Dea fa tutto il possibile, dalla rivoluzione francese alla rivoluzione bolscevica a quella sessuale più recente, per cancellare dalla memoria degli europei il legame ontologico con il Creatore, cosa che li renderebbe assolutamente liberi da ogni dovere, ma non da se stessi. Così potrebbero essere manipolati da quelli ai quali sarebbero sottomessi.

Non è che siamo deboli perché ogni nazione ha un’idea diversa di Europa? Come trovare una sintesi?

Jean Monnet

Siamo deboli, soprattutto debole è l’Unione Europea, perché essa è basata non sulla cultura che a sua volta non può essere fondata che sulla solidarność, ma sugli interessi economici e politici di allora. Jean Monnet, padre dell’Unione Europea, disse: “Se potessi cominciare adesso a costruire l’Unione Europea, non comincerei dal carbone e dall’acciaio, ma dalla cultura”. Dal carbone e dall’acciaio siamo passati al profumo e al sapone su di cui stiamo scivolando. L’avere, su cui è basata l’economia, sempre divide e provoca conflitti. Li provoca dentro di noi e proprio per questo siamo deboli. Ogni regno diviso crollerà. Oggi sono divisi i matrimoni, le famiglie, le nazioni e, di conseguenza, anche la Chiesa.

In Italia è recentemente tornata in voga la questione del crocifisso, che alcuni vorrebbero togliere dalle aule di scuola. In un momento come questo, in cui la cultura dell’Europa non c’è, il gesto di toglierlo non sarebbe come aiutare questa inconsapevolezza dell’Europa? È proprio così. È un colpo micidiale inferto al cuore dell’Europa che è nata nell’Areopago, nella sua domanda sulla Verità e sul bene, a Gerusalemme nella profezia che questa domanda anticipa, e nella rivelazione di questa Verità sulla croce e nella tomba vuota. L’Europa è nata dalla domanda: “Chi è l’uomo?”. L’evento della croce ci dice che egli è persona. Possiamo comprenderla solo guardando l’uomo alla luce della Santissima Trinità. La persona è relazione, proprio indicata dall’idea della solidarność. Uccide l’Europa chi ne caccia via il nome “persona” che ogni uomo porta. La cosiddetta globalizzazione che oggi viene promulgata persino da tanti uomini della Chiesa, distrugge la persona, distrugge i matrimoni, le famiglie e le nazioni che nascono in essa.

Che differenza c’è tra uomo e persona?

Robinson Crusoe è uomo. La persona nasce in lui, quando egli incontra Venerdì e con lui inizia la vita comunionale. Ciascuno si presenta, mostrando l’altro. Venerdì si definisce con l’aiuto che trova in Robinson Crusoe e Robinson Crusoe si definisce con l’aiuto che trova in Venerdì. Gli uomini che si dicono l’uno all’altro “io sono te e tu sei me”, sono persone. L’uno diventa per l’altro la fonte dei doveri e dei diritti. Ciò esige da loro di essere dono. È possibile diventarlo, perché ciascuno di loro vive se stesso come dono fatto a lui stesso. Da chi? La risposta a questa domanda la devono adesso cercare ed aspettare insieme. Il bambino nel grembo materno è persona, poiché è concepito nell’amore della madre e del padre, e se anche loro lo dimenticassero, non lo dimenticherebbe mai Dio. In fin dei conti, ogni uomo è persona in quanto vive nella relazione con Dio che gli è presente dall’istante del concepimento.

Il 19 settembre il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in cui comunismo e nazismo vengono equiparati. Cosa ne pensa e perché, secondo lei, ci sono state voci dissenzienti?

La mia esperienza del nazismo e del comunismo mi dice che essi sono mali addirittura primordiali contro la persona umana. Sia l’uno che l’altro sono prodotti dell’Illuminismo francese che al posto dovuto a Dio mise la ragione assolutamente libera.

La ragione divinizzata non conosce limiti. Può dunque andare dappertutto e fare tutto che si vuole. Essa non tiene conto del reale. Chiusa in sé stessa vi trova soltanto numeri ed è in essi che cerca l’aiuto conveniente. Tra l’uccidere l’altro, l’aborto, oppure l’eutanasia e il mangiare una pera non c’è alcuna differenza morale.

Solo la libertà conta. Ma di chi? Nel rispondere a questa domanda sorgono le dittature di ogni genere. Le parole di Dostoewskij: “Se Dio non c’è, tutto è lecito”, costituiscono principio del funzionamento delle dittature. Le dittature funzionano da parassiti sulla miseria propria della solitudine degli uomini che non vivono come persone. In questo senso c’è una verità fondamentale nel detto “extra ecclesiam nulla salus”.

In Europa si troverebbe oggi qualcuno disposto ad ascoltare questi argomenti? Supponiamo che io sia eletto al parlamento europeo e vada a Bruxelles. Non m’interesserebbe tanto se i padroni dell’Unione Europea sarebbero pronti ad ascoltarmi. M’interesserebbe piuttosto se io sarei pronto, cioè abbastanza coraggioso, a dire loro ciò che la coscienza morale mi obbliga a dire e a fare senza guardare alle possibilità di sopravvivervi.

Tanti anni fa dissi al Papa san Giovanni Paolo II: “Lei dice cose vere, indispensabili perché gli uomini possano vivere nella dignità nell’armonia con se stessi. Ma quanti La ascoltano e comprendono da poter identificarsi con ciò che Lei dice?”. Mi rispose: “Alcune cose devono essere dette, anche se attualmente non vengono accettate. Siamo soltanto seminatori”. Il contadino coltiva la sua terra e la semina per il futuro nella speranza che la raccolta non lo deluderà.

Come si fa a parlare di fede oggi?

Penso che all’inizio bisogna far vedere la bellezza dell’affidarsi della persona a un’altra persona; del marito alla moglie e della moglie al marito, dei figli ai genitori e dei genitori ai figli, della nazione alla nazione. Alla fine, si arriva alla comprensione della bella verità della Chiesa e della fede di cui essa si nutre – la bellezza della fede in Cristo che è il Figlio del Dio vivente.

L’affidamento inizia nell’incontro, come disse la vecchia veggente Diotima a Socrate nel “Simposio” di Platone: incontro dei bei corpi, poi dei bei pensieri e delle belle azioni che avvengono in questi corpi e alla fine in un istante che forse ci viene dato solo una volta nella vita, incontriamo la Bellezza stessa, che sempre e da ogni parte è bella. Proprio qui trovo l’origine della teologia del corpo che ci lasciato san Giovanni Paolo II che oggi molti nella Chiesa vogliono dimenticare. La post-modernità ha deformato il loro pensare e il loro volere.

Lei ha sperimentato il comunismo. Dopo la sua caduta è sembrato che l’uomo trovasse la situazione ideale per lo sviluppo, ma ci ritroviamo in una situazione in cui il bene comune è ancora meno perseguito a causa della promulgazione di leggi e modi di vivere contrari alla dignità dell’uomo.

Il comunismo e il nazismo come sistemi e come poteri politici sono stati distrutti (tranne in qualche Paese). Rimangono però, soprattutto in Occidente, come forma mentis e forma voluntatis. Continuano allora a distruggere le persone, i matrimoni, le famiglie, le nazioni e la Chiesa attraverso la cultura. La situazione d’oggi è peggiore di quella in cui io ho vissuto. Io ho visto in faccia il nemico. Oggi il nemico dell’uomo è nascosto.

La menzogna funziona come se fosse verità e persino molti cosiddetti uomini di Chiesa vivono nelle e delle parole falsificate, alcuni senza rendersene conto mentre altri, sapendo di essere ricattabili, mentono a loro stessi e agli altri. Cosa fare allora? Prima di tutto non mentire! E, quando è necessario, dare la testimonianza alla verità e lasciare che essa ci difenda. Non dimentichiamo che la verità accade in due. Lo sapeva anche Nietzsche che disse: Die Wahrheit wird in zwei.