Il mio anno da Eluana

Alberto Scarpigni

Alberto Scarpigni

Tempi 13 aprile 2011

«Ero favorevole all’eutanasia. Oggi credo che mai nessuno dovrebbe morire come la Englaro». Così Umberto Scapagnini, tornato alla luce dopo mesi di coma, ha capito che «non esiste una vita per cui non valga la pena di combattere fino alla fine»

di Benedetta Frigerio

Un «credente blando» per cui scienza e fede hanno poco a che fare. Un medico per cui «una vita in coma non è degna di essere vissuta» e la sofferenza è un male «insopportabile». Un uomo che due anni fa non ci avrebbe pensato due volte a firmare il proprio testamento biologico.

Questo era l’onorevole Umberto Scapagnini prima che la sua concezione dell’esistenza fosse ribaltatala completamente, dopo una lunga malattia e ottanta giorni di coma. E proprio a lui, oggi, è affidato il compito di lavorare al disegno di legge sul fine vita insieme ad altri otto deputati. Il ddl sarà votato alla Camera entro il mese di aprile e sempre a Scapagnini spetterà l’ultimo intervento in merito di fronte ai colleghi in aula.

La vicenda dell’ex sindaco di Catania e medico personale di Silvio Berlusconi ha inizio nel 2007, quando scopre un tumore sotto la tempia. «Fortunatamente, però, un medico bravissimo mi ha salvato con un’operazione molto lunga», racconta il deputato pidiellino a Tempi. «Ero guarito, ma così stanco che mi dimisi dalla carica di sindaco.

Nel frattempo fui eletto alla Camera». Mentre Scapagnini affronta il suo primo viaggio verso Montecitorio, viene coinvolto in un terribile incidente. Il torace gli si spacca, la capacità polmonare è ridotta a un decimo. Un chirurgo riesce in un intervento che rimette in funzione i polmoni senza “smontargli” il torace.

«Sono stato salvato una seconda volta e sono stato via due mesi per riprendermi. Ma tornato a casa ho capito che il tumore stava tornando all’attacco». Scapagnini inizia la chemioterapia, che però non ha alcun effetto. «Io e mio figlio Giovanni, medico come me, ci mettemmo alla ricerca di una soluzione alternativa: scoprimmo che stavano sperimentando un farmaco nuovo».

Sarà proprio quella cura, però, a produrre l’effetto lesivo che porterà il politico siciliano al coma: «Irreversibile», sentenziano i medici. «Seppi poi che mi era stata data anche l’estrema unzione», continua l’onorevole. «Il mio ph era incompatibile con la vita, ma una dottoressa geniale provò a modificarlo con il bicarbonato e ci riuscì. La mia pressione e il battito del cuore erano, però, quelli di chi sta per andarsene e in quel momento furono mio figlio e la mia famiglia a chiedere ai medici di non mollare».

Cosa c’è nella testa di un malato

Scapagnini per tutto quel periodo è nutrito e idratato per via endovenosa e respira grazie ai macchinari, «ma i miei familiari e i medici non mollavano, anche se sapevano che me ne stavo andando. Io ricordo solo che volevo vivere: combattevo ed ero contento di esserci. E dire che avevo sempre pensato che una persona ridotta nel mio stato dovesse essere lasciata morire.

Nella sofferenza ho scoperto una forza che non credevo possibile. Anche i medici e i familiari, che sentivo vicini, sono stati fondamentali». Grazie a quella esperienza Scapagnini si è ricreduto su testamento biologico ed eutanasia: «Prima ero favorevole all’introduzione della “dolce morte”, adesso so che si soffre di più a morire come Eluana, senza acqua e cibo: non posso pensare a quanto avrei patito se li avessero tolti a me».

L’ex sindaco di Catania scuote la testa davanti al fatto che si sia dovuti arrivare al punto di normare il fine vita per fermare l’aggressione ideologico-giudiziaria alla dignità dei malati: «È un rischio enorme andare a “toccare” situazioni così diverse una dall’altra. E non si può mai sapere cosa ci sia davvero nella testa del malato».

Di Scapagnini si parla come di un “miracolato”: era completamente paralizzato, in coma e pieno di tumore; oggi, dopo il suo definitivo risveglio, è in perfetta salute. «Sicuramente la visione che ho avuto durante il coma – mia madre e padre Pio che mi hanno detto che la vita vale la pena di essere vissuta fino in fondo e che si vive per fare la volontà di Dio – mi ha dato forza e mi serve ora per vivere una vita più vera di quella che facevo prima.

Però se medici e parenti mi avessero “lasciato andare” che ne sarebbe stato di me?». Per questo, se prima Scapagnini credeva che tra fede e scienza non ci fosse rapporto, ora è certo che «le due cose sono legate: senza l’amore dei miei cari e il miracolo che ho ricevuto non sarei qui, ma sarei morto anche se i medici avessero sospeso le cure o l’alimentazione e l’idratazione.

Insomma, se il malato non lo consideri come un mistero ma come un morto solo perché non parla, non puoi curarlo bene, non usi bene la scienza: ammettere che chi hai di fronte non è fatto solo di materia è più ragionevole e professionale».

La commozione dei colleghi

Queste cose Scapagnini le ha ripetute anche davanti al partito, durante il dibattito sulle Dat all’interno del gruppo parlamentare del Pdl, e «il venti per cento dei parlamentari favorevoli all’autodeterminazione assoluta ha cambiato idea». Mentre il medico catanese parlava – ha raccontato l’onorevole Alessandro Pagano – ad alcuni brillavano gli occhi, poi, quando ha terminato l’intervento, applausi fino a spellarsi le mani.

Scrive Pagano sul suo sito: «II gruppo aveva dibattuto sulla legge che fu varata dal Senato nel 2009 sull’onda dell’emozione del caso Eluana Englaro. Un po’ tutti alla Camera avevano manifestato la volontà di confermare la legge del Senato al fine di evitare confusione e discutibili interpre-tazioni legislative da parte di taluni giudici.

Discussioni interessanti forse, ma che si sono arenate prima che parlasse Scapagnini, che tutti conoscevano come uomo di scienza e di ragione e non di fede. “Penso -ha avuto il coraggio di dire l’ex miscredente – che il testamento biologico sia un errore. Io, prima della malattia, lo avrei firmato.

Ero ancora un credente blando, pensavo che fosse giusto spegnersi dolcemente se non c’era speranza. Ma ora dico che non è vero, che bisogna combattere. Che nessuno è irrecuperabile e comunque una vita, per quanto disabile, è sempre vita”». Al termine dell’incontro, ha scritto ancora Pagano, «c’erano centinaia di parlamentari attorno a lui a complimentarsi, motivati come mai lo erano stati fino a quel momento».

Scapagnini ha deciso di raccontare a tutti la sua vicenda per testimoniare «quanto sia importante ogni vita, anche quella di chi è in un letto apparentemente a vegetare e invece sente tutto e si emo­ziona per tutto. Oggi stiamo lavorando per un ddl che vieti l’eutanasia sia attiva sia passiva, senza possibilità di essere raggirato».

L’onorevole mostra sorridendo le foto che pubblicherà nel suo libro in uscita per Mondadori, II cielo può attendere, istantanee di quando viveva «senza pensare a nulla se non ai godimenti terreni. Non che ora non mi piaccia più la bella vita. Anzi. Ma sapere che esiste un senso e un compito le da uno spessore che mai mi sarei sognato».